Salute

Caltanissetta, ultima per occupazione femminile: solo il 22,3% ha un lavoro

Redazione 2

Caltanissetta, ultima per occupazione femminile: solo il 22,3% ha un lavoro

Mar, 15/12/2020 - 11:39

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Non avevamo bisogno di un censimento dell’Istat per accertarci del nostro stato di (pessima) salute. Eppure i numeri servono per quantificare, in concreto e con chiarezza, le difficoltà vissute dal nostro territorio.

A livello regionale e’ il Trentino-Alto Adige a detenere il primato dell’occupazione femminile, con 49,3 donne occupate su cento (52,9% nella Provincia autonoma di Bolzano e 45,9% in quella di Trento). Tra le Province più eque, invece, si piazzano Bologna e Parmate (46,2% e 45,9%).

Caltanissetta (22,3%), insieme ad Agrigento (23,3%) è tra le Province con il tasso di occupazione femminile più basso d’Italia.

I dati del censimento permanente della popolazione e delle abitazioni mette in evidenza anche le situazioni “di mezzo” tra questi due estremi.

Ci sono altre undici regioni, principalmente del Nord e del Centro, in cui i valori sono superiori al dato nazionale (37,4%): tra queste spiccano Valle d’Aosta (45,8%), Emilia-Romagna (44,5%) e Veneto (43,1%).

I tassi di occupazione femminile piu’ bassi si registrano invece in Sicilia (25,3%), Campania (26,6%), Puglia (28,1%) e Calabria (28,4%).

Per comprendere perchè solo 1 donna su 5 ha un’occupazione bisogna effettuare un’analisi più approfondita.

Il Covid, certamente, ha sacrificato ancora di più le donne ma il problema ha radici ancora più profonde.

Una recente indagine ha registrato un elevato tasso di “Neet”, giovani che non cercano lavoro nè istruzione. E tra questi la percentuale maggiore era legata alle donne.

Servono veramente le “quote rosa”? Serve veramente “dover” riservare dei posti di lavoro alle donne in quanto tali e non soltanto per la loro capacità e professionalità?

Su questo aspetto le donne si dividono tra chi desidera essere giudicata soltanto per la propria individualità, senza alcun “canale preferenziale obbligatorio”, e chi, invece, ritiene necessarie queste “riserve” finchè non verrà realmente realizzata una selezione del personale totalmente equa e non discriminatoria.

Ciò che è certo, però, è che serve un drastico cambiamento culturale che spinga la società a riconoscere, valorizzare e sostenere le bambine affinché possano crescere come adolescenti consapevoli dei loro diritti e, in seguito, donne con una sostanziale (e non soltanto formale) parità nel mondo del lavoro.

Un impegno che tutti devono assumersi e non soltanto pensando che quelle donne discriminate possano essere le loro mamme, figlie, sorelle o zie.

Serve assumersi un impegno perché questa è la strada corretta per il bene della società intera.

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