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In Cristo risorto… Torneremo a camminare

di Giuseppe La Placa

In Cristo risorto… Torneremo a camminare

Dom, 12/04/2020 - 17:16

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«Chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?» (Mc 16,3). Era questa la domanda che risuonava nel cuore delle donne che si recavano al sepolcro per ungere il corpo di Gesù. Un ultimo gesto di pietà verso quell’amico che avevano seguito e servito quando era ancora in Galilea e che avevano visto morire appeso ad una croce. Un ultimo gesto prima che scendesse per sempre il sipario sulle loro attese.

Quella pietra davanti al sepolcro segnava per loro la fine di un cammino, di una storia, di una sequela. In quel grembo di roccia non era finito solo il corpo di Gesù; erano finiti anche i loro sogni e le loro speranze.

L’alba che spuntava all’orizzonte di quel terzo giorno, fu davvero un’alba triste per quelle donne. Triste come quel venerdì santo in cui s’era chiusa la vita del loro Maestro. Triste come quel sabato santo, avvolto da un “misterioso” silenzio che sapeva solo di morte.

Non potevano sapere quelle donne, che proprio nella grande pausa del sabato santo, tutto stava per ricominciare. In quel sabato – per loro di paura e di tristezza – Cristo stava per compiere la cosa più difficile e più importante: scendere agli inferi e risalire: «La discesa di uno solo nell’abisso, si è trasformata nell’ascesa di tutti dallo stesso abisso».

È proprio questo – ci dicono i teologi – il motivo profondo della speranza universale: penetrando negli inferi, Cristo ha liberato l’uomo dalla morte. Facendosi peccato, ha sconfitto il peccato nella sua più profonda radice.

Molto bello il dialogo che l’anonimo autore del terzo secolo immagina tra Gesù, entrato nel regno dei morti, e il primo uomo, Adamo: «Svegliati, tu che dormi! Io non ti ho creato perché rimanessi prigioniero dell’inferno. Risorgi dai morti. Io sono la vita dei morti. Risorgi, opera delle mie mani! Risorgi mia effige, fatta a mia immagine! Risorgi, usciamo di qui!».

Non si può essere cristiani se non si crede che Gesù è risorto dai morti e che la morte, la nostra morte, in Lui è stata vinta per sempre. Questa è la nostra fede. Questa è la fede della Chiesa. Quella che può illuminare le notti oscure della nostra vita, che può ridestare la speranza nei cuori di tutti noi, provati e disorientati da questa tragedia globale di una pandemia che stravolge le nostre vite e le nostre quotidiane abitudini.

A Pasqua la pietra è stata ribaltata dal sepolcro. La forza della vita si è sprigionata in tutta la sua potenza. Non permettiamo, allora, che il macigno della paura e della tristezza che grava su di noi in questo difficile momento, chiuda i nostri occhi e il nostro cuore alla luce del Cristo Risorto. Come a quelle donne la mattina di Pasqua, anche a noi oggi il Crisologo ripete: «Prendete l’olio che avete acquistato per ungere il corpo del Signore e usatelo per riempire le vostre lucerne. Accendete la luce della vostra fede e tutto vi diventerà chiaro».

È la luce del Risorto che rimetterà in moto la vita. Che farà ripartire la speranza. E la speranza non delude – ci ha ricordato papa Francesco nel suo recente videomessaggio –, perché fondata sulla nostra fede pasquale.

E allora coraggio, «andrà tutto bene» e – come canta il carissimo Rino Farruggio – «Torneremo a camminare/ a incontrarci con le mani/ a suonare le canzoni che la gente sa cantare/ Per volerci ancora bene/ torneremo a riscaldare la città e le sue paure/ come se fosse Natale». Buona Pasqua!

Foto di copertina: Giotto, Resurrezione e Noli me tangere, 1303-1305 circa, Padova, Cappella degli Scrovegni

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