CALTANISSETTA – I cinque o sei fondatori di “Radio Marconi” erano tutti “da chiazza” o lì vicino. Di loro ricordo solo due nomi: Alfonso e Gino, quest’ultimo proprietario di una “velocissima” Fiat 500 Abarth di colore blu con la quale facevamo le scorribande notturne imitando i protagonisti del film “La febbre del sabato sera”.
Il “Settembre Nisseno” era uno degli eventi più attesi dell’anno. Che peccato averlo soppresso. E la “coppa nissena” si accingeva alla definitiva modifica del percorso che avrebbe escluso il curvone”Averna” e la curva “de quartarari”, variandone irrimediabilmente la fisionomia.
Molti i cinema (Supercinema, Smeraldo, Trieste, Bellini, Diana) e poche le radio libere, tra queste “Radio CL 1”, tuttora esistente. Forse fu proprio questa emittente che salutò il suo arrivo con quell’efficace quanto azzeccato slogan “c’è qualcosa di nuovo oggi nell’aria”. Ho sempre ritenuto geniale l’autore che aveva associato lo slogan all’evento.
Nella prima metà del 1970 a Caltanissetta vi erano molti “club”. In quel periodo era normale averne uno. Erano dei ritrovi, dei centri di aggregazione per giovani dove si ascoltava musica, si ballavano i lenti, le ragazze trovavano facilmente marito e si predicava il mito della fimmina. Poche liti, pochissimo alcool, non sapevamo cosa fosse la droga ed eravamo già pazzi per la gnocca! Non ho mai saputo se anche quelli del viale” avessero i club.
Intanto tra i diciassettenni il mito di “Nanà” cresceva: “un putiti sapiri chi è“. Così i nostri amici più grandi al ritorno dalla visita di leva a Palermo. E noi ansimanti a contare i giorni mancanti per quella benedetta chiamata.
Radio Marconi nacque nella seconda metà degli anni settanta: gli anni delle stragi, delle proteste degli studenti, dell’approvazione della legge sull’aborto, dell’elezione a Presidente della Repubblica del partigiano Pertini e dell’arrivo in Italia di Goldrake, il primo cartone animato giapponese. Erano anche gli anni del terrorismo, che mi farà maturare la scelta di arruolarmi nell’Arma: avevo già capito da che parte stare.
E in mezzo noi. Noi tra fermenti sociali, miti cinematografici, film cult di studentesse sexy-incarnate dalle curve di Edwige Fenech, Nadia Cassini e Gloria Guida – in balìa di arrapati studenti, e l’angoscia di un futuro sempre più incerto. Uscivamo da casa solo dopo aver visto “Happy days”, al cinema si faceva la fila per John Travolta e Olivia Newton John, mentre”Ciciriddu” e sua sorella erano ormai un ricordo.
A differenza di oggi, solo pochissimi bar di Caltanissetta avevano i tavoli per i clienti. Con la definitiva chiusura del club non avevamo più un ritrovo. Rimanevano solo due luoghi, entrambi all’aperto, dove ritrovarsi a”passiari”: il “viale“, (cosiddetti figli di papà) e a “chiazza” (gli altri). Io cresciuto tra via Mangione e viale Amedeo non avevo scampo: “chiazza“!
In via San Giovanni Bosco esplose il fenomeno “Radio Marconi”. Arrivarono tanti ragazzi, tutti novelli “DJ” con tanta voglia di “trasmettere” provenienti da ogni angolo della città. Ci sentivamo i padroni di Caltanissetta che dominavamo dall’alto della terrazza di Santa Flavia. “Dixeland proposte” e il notturno del sabato “per chi non ha sonno”, con Franco Fantasia, erano le mie”trasmissioni”. Ci richiedevano di tutto: Y.M.C.A., Don’t Let Me Be Misunderstood, Saturday Night Fever o “Wonderful Tonight, solo per citare qualche titolo tra i sempreverdi. Eravamo come star. Quante telefonate di ragazze che volevano conoscerci, mancava poco e ci chiedevano pure l’autografo.
La nostra, come la stragrande maggioranza delle radio libere, non si occupava di politica. Era una radio a vocazione locale fatta per gli ascoltatori, senza limiti o paletti. Strampalati quiz a premi: “dovete indovinare, dove si trova via vattelappesca”, oppure si doveva azzeccare il titolo di un disco sconosciuto. E poi dediche e telefonate in diretta. Probabilmente fu l’interattività con gli ascoltatori la novità più coinvolgente e dirompente: continue dediche e messaggi per questo o quella, puntualmente ricambiati.
Ovviamente nessuno di noi comprese la consistenza del fenomeno e cosa stesse realmente accadendo.
Non sapevamo di vivere in “diretta” l’evento che cambiò per sempre la comunicazione e che avrebbe portato la RAI a perdere il monopolio delle frequenze, dando vita all’era della libertà d’antenna, alla rivoluzione delle comunicazioni. Né tantomeno capimmo che “qualcosa di nuovo nell’aria c’era già”.
Salvatore Di Dio