CALTANISSETTA – Domenico Timpanelli è un insegnante e un tour operator, di 47 anni di Gela, finito nei guai per un tragico errore giudiziario. In manette nell’aprile del 2012 per detenzione e spaccio di droga, usura e traffico di monete antiche, a distanza di un anno, la Procura della Repubblica di Gela, ha chiesto per lui l’archiviazione. Anche il Gip Lirio Conti, sostiene che Timpanelli sia stato vittima di un complotto. “In un anno sono andati perduti – spiega – i miei risparmi, i sacrifici, come perduti sono anni di studi, una laurea, un lavoro d’insegnante, un concorso vinto alle superiori ed altri tre al Turismo che mi avevano permesso, assieme al mio amico e socio Sai Mohamed, di creare la “Touriscom srl” che nel 2012 vantava commesse per oltre 1 milione e mezzo di euro. Ma perduto è anche l’onore, la dignità mortificata, la libertà privata: un innocente mandato in carcere a morire invece di proteggerlo dai criminali”.
La storia di Domenico Timpanelli inizia il 27 aprile di un anno fa. “Uscivo da casa – racconta – per riprendere la mia autovettura già parcheggiata in strada, quando vidi correre verso di me varie persone: ebbi molta paura di una rapina ma poi fui ancora più scioccato quando il maresciallo Rappoccio, mi comunicò che io potevo essere uno spacciatore e che potevo farmi assistere da un’avvocato durante le fasi della perquisizione. Non avevo nulla da temere ma mi sentivo umiliato da quei finanzieri che a casa mia mi fecero anche spogliare nudo. Io e l’avvocato Rocco Fasciana guardavamo increduli ma ci dissero che erano lì per una segnalazione poi definita soffiata. Naturalmente dentro casa, nella cantina ma anche più tardi nella mia autovettura non c’era e non ci poteva essere nulla, nulla ovunque io, con le chiavi, accedevo nella mia proprietà. Nella vetrina del mio studio invece erano esposte delle monete romane che avevo comprato su “aste on line” di vari siti e di pochissimo valore. Quando furono prese, segnalai la presenza delle buste con i contrassegni e le certificazioni ma stranamente il tenente Salemi prendeva le sole monete senza le prove d’acquisto. Fui denunciato per sottrazione di beni archeologici che falsamente vennero definiti di “grande valore commerciale” e così nel Dicembre 2012, quando la Procura della Repubblica stava per rinviarmi a giudizio e processarmi, chiesi immediatamente un interrogatorio consegnando al Pubblico Ministero la documentazione che avrei voluto dare 8 mesi prima al predetto tenente. Dimostrata la liceità della provenienza delle monete, l’imputazione è caduta ed il procedimento è archiviato perché il fatto non sussiste. Ma i finanzieri cercavano droga e dopo avere messo a soqquadro casa e scantinato fu la volta della vettura parcheggiata in strada. Dopo 10 minuti di perquisizione mi fu detto di spostare la macchina e di porla nel centro di un parcheggio perché il cane poteva confondersi con l’odore dei pochi fiorellini primaverili presenti sul bordo del marciapiede. La perquisizione si concluse con esito negativo e pertanto mi fu detto di chiudere cofano anteriore, posteriore e sportelli e che potevo spostare l’autovettura. Non avendo nulla da nascondere, la lasciai invece lì e preso a braccetto il mio avvocato, mi posizionai di spalle a 6/7 metri dall’auto e dai pochi finanzieri rimasti, dopo che la perquisizione era conclusa. Sottolineo che non saremmo di certo andati via con una perquisizione in atto né, credo, l’avrebbero permesso i finanzieri. Avrei voluto chiedere all’avvocato perché il tenente Salemi avesse preso le monete senza prendere con sé certificazione e buste, ma non ebbi neppure il tempo di finire la mia domanda. Voltandomi vidi il finanziere che con la sinistra, a mani nude, alzava al cielo un grosso cubo avvolto da cellofan marrone e con la destra faceva il segno della vittoria. Fossi stato io il finanziere avrei gridato all’indagato ed all’avvocato, di venire a vedere con i propri occhi, di venire a verificare il momento in cui veniva estratto un pacco di droga e si decideva che la mia vita era finita. Disperato dal fatto che la droga sarebbe stata tirata fuori da dietro la ruota della mia autovettura, chiesi di prendere le impronte digitali, dissi che io non ne sapevo nulla e che era una trappola. Ero scioccato anche dal fatto che il finanziere teneva il pacco senza guanti di protezione e quando gli contestammo che stava inquinando la prova, mi fu detto che se qualcuno lo aveva messo lì come io sostenevo, sicuramente lo aveva messo con i guanti. La recente visione del fascicolo fotografico chiesta in Procura è stato per me un’ulteriore pugnalata perché alcuni amici operanti nelle forze dell’ordine, mi hanno riferito che è buona abitudine, oltre ad operare con i guanti di protezione, anche quella di scattare foto del corpo di reato, innanzi un righello. Le foto prodotte da questi finanzieri non solo non sono supportate da righelli e misure ma addirittura non esiste la foto del pacco di droga”. Inoltre, tutta la stampa il 28 Aprile 2012 divulgò la notizia “dell’insegnante/spacciatore”, amplificando un falso che voleva che la droga fosse stata ritrovata dai finanzieri nell’autovettura e che fosse destinata allo spaccio anche perché contestiamo ai finanzieri di non avermi seguito e pedinato semmai bloccato con una strana fretta nel chiudere il caso immediatamente. Ho chiesto più volte ai Comandi della Guardia di Finanza di Gela e Caltanissetta copia di quel comunicato stampa ma tutte le istanze sono state sempre rigettate. Perché se è un atto pubblico che mi riguarda? Il 30 Aprile 2012 dovevo incassare un assegno di 250 mila euro garanzia del capitale di un investimento che si è rivelato una truffa; assegno tornato già impagato circa due settimane prima. L’ex promoter di Lloyd Adriatico Gela, l’11 Aprile 2012, aveva quindi pensato bene di presentare una falsa denuncia d’usura, naturalmente presso la stessa Guardia di Finanza che due settimane dopo mi sarà mandata per cercare droga. Abbiamo oggi la certezza che il conto del promoter finanziario al 30 Aprile 2012 avesse un saldo poco più di 50 euro e che quindi proprio le 250 mila euro sono movente di quello che i magistrati hanno più volte definito “Complotto ordito ai miei danni” anche da un personaggio, amico dell’ex promoter. La Procura, al momento ha denunciato solo questa persona ma io ho denunciato anche il promoter mentre i miei avvocati vanno oltre perché siamo convinti che ci sia dell’altro”. Timpanelli si sofferma anche sui terribili giorni trascorsi in carcere, quando era ad un passo dal suicidio. “Prima di lasciare il carcere, dalla branda del mio compagno di cella Jesus presi una semplicissima corona del rosario che spesso guardo per chiedere a Dio cosa voglia da me ma anche lui non risponde ai miei perché e sta zitto. Sono disperato perché vorrei giustizia e soprattutto verità: siamo tutti figli di Dio e spero di cuore che la legge sia veramente “uguale per tutti” particolarmente adesso che io sono anche vittima di legge. Non mi riferisco certo ai magistrati che hanno lavorato egregiamente bene tra tante difficoltà e stranezze tutte da chiarire. L’archiviazione di tutti i procedimenti a mio carico non potrà cancellare le infamie, i soprusi ed i danni incalcolabili che sono costretto a subire. E’ come uno tsunami le cui onde sono giunte fino negli Emirati, Francia, Canada dove gli operatori del turismo non accettano più di collaborare con me mandando in fallimento la mia società anche quella costruita con tanti sacrifici”.

