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Social e giornalismo: strumenti utili alla società, ma altrettanto “insidiosi”

Sergio Cirlinci

Social e giornalismo: strumenti utili alla società, ma altrettanto “insidiosi”

Mer, 17/01/2024 - 20:07

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Social e giornalismo, con i giusti distinguo, possono sicuramente influenzare le persone. I social, in modo particolare hanno anche cambiato il modo di comunicare, diventando il mezzo di comunicazione più potente al mondo.
Non è semplice affrontare il tema social in un articolo, così come non è giusto arrivare a facili conclusione, pro o contro, specialmente in presenza di gravi fatti di cronaca. Una cosa però è certa, oggi i social non sono più una semplice vetrina di immagini, si sono trasformati in un luogo dove tutti, dal semplice cittadino al politico più navigato, scrivono e commentano a modo proprio e spesso per un proprio tornaconto ed interesse. Come in ogni cosa però ci vuole moderazione e rispetto, sia nell’affrontare tematiche particolari e delicate, ma soprattutto nei confronti della persona di cui si parla o con la quale si conversa.

Chi si iscrive nei vari social, non solo per postare immagini personali, paesaggi o ricette di cucina, ma si iscrive nei gruppi di discussione, troverà sempre qualcuno pronto a criticarlo o a contraddirlo e, nella peggiore delle ipotesi, ad aggredirlo verbalmente. Sta alla nostra sensibilità ed intelligenza capire con chi ci si confronta, se le critiche sono fondate o se servono solo per attaccare quel dato argomento o quella persona, motivati magari da una posizione politica o proprio perchè quella persona ci sta poco simpatica e di conseguenza va attaccata anche se dice cose corrette e condivisibili. In caso di critica fondata, allora è giusto intavolare una discussione per esporre i propri punti di vista, sempre in maniera serena e senza pretendere obbligatoriamente di convincere l’altro, il tutto ovviamente senza offendere o andare sul personale. In caso di critica infondata o pretestuosa, dopo i primi tentativi, se si capisce che non si cava un ragno da buco, è consigliabile lasciar bollire certi polli nel loro insipido brodo.

Qualcuno tira spesso fuori la frase di Umberto Eco, peccato che, informandosi meglio, si capirebbe che tutto voleva dire tranne quello che si estrapola da un discorso ben più ampio ed articolato. I social non vanno difesi strenuamente, ma è altresì sbagliato attaccarli o, ancora peggio, invocarne la chiusura. Chi si sente ingiustamente attaccato, offeso o diffamato, ha validi ed efficaci strumenti per far valere i propri diritti, facendo togliere il vizio a chi esagera. C’è chi però non perde occasione per attaccare i social, probabilmente per il timore che vengano fuori verità o fatti che si preferirebbe non far conoscere ai tanti. Si sente spesso parlare di “seminatori di odio”, anche su questo bisogna vedere cosa si “semina”. Se sono “semi” falsi o “semi” veri ma scomodi; se trattasi di falsità allora è giusto perseguire il seminatore, se sono solo scomode verità, beh allora coloro che si risentono se ne facciano una ragione ed accettino il fatto che esistono ancora persone libere e coraggiose che non si lasciano “acquistare” facilmente. I social vanno inoltre “maneggiati” con cura, farne parte o interagire su tutto, se non si riesce poi a fronteggiare e ad assorbire i colpi che inevitabilmente ne possono derivare, rischia di diventare un passatempo particolarmente pericoloso e stressante che non tutti sono in grado reggere. Altro discorso è il giornalismo, qui però parliamo di persone iscritti ad un albo e che svolgono professionalmente un’attività. Spesso quanto avviene nei social, critiche e tentativi di bavaglio, anche se con aspetti diversi, sono presenti anche nell’informazione. Esistono giornalisti, d’inchiesta,che mettono in evidenza fatti e circostanze di una certa rilevanza, che altri non affrontano perchè magari non sono in grado di farlo o semplicemente perchè si occupano o si specializzano in altro.

Chi fa giornalismo d’inchiesta non dovrebbe essere criticato, attaccato o messo a tacere, anzi andrebbe sostenuto, apprezzato e gli andrebbe riconosciuto il coraggio di farlo. Un’inchiesta giornalistica, se ovviamente basata su fatti dimostrabili e concreti, va fatta e resa pubblica, costi quel che costi. Chi è al centro di un’inchiesta, ha, contro i giornalisti, gli stessi strumenti che ha il cittadino contro gli utenti dei social, anzi i giornalisti, possono anche essere sottoposti ad un doppio giudizio, quello della magistratura e quello del proprio ordine, che esamina il contenzioso e può anche arrivare alla sospensione o alla cancellazione dall’albo, facendogli di conseguenza perdere anche il lavoro. Affrontare la realtà, specialmente se si hanno scheletri negli armadi, spinge molte persone a cambiare idea sui social e sul giornalismo. Troppo comodo assistere e compiacersi quando nel mirino finiscono gli altri, mentre se sotto tiro finiamo noi o i nostri amici, si chiedono regole più restrittive che, inutile nascondersi dietro una finta moralità, vogliono solo mettere a tacere chi rende pubblico certe vergogne. La libertà di espressione va sempre e comunque garantita, così come va garantita la possibilità di difendersi da chi diffama o mette in giro falsità.
Certo se fosse possibile, riferimento ai social, verificare ogni profilo, sarebbe sicuramente un bel passo in avanti, si eliminerebbero di colpo molti cosiddetti “leoni da tastiera”, spesso eroi dietro un falso profilo. Ma questo è un argomento che al momento incontra grosse difficoltà, avendo queste piattaforme sedi legali in paesi dove la legislazione, sotto questo aspetto, è molto diversa da quella italiana ed europea. Ad Maiora

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