Salute

Mussomeli, ritrovata Madonna della Catena. Parla l’architetto Giuseppe Spera

Carmelo Barba

Mussomeli, ritrovata Madonna della Catena. Parla l’architetto Giuseppe Spera

Sab, 30/11/2019 - 09:25

Condividi su:

mussomeli – Il ritrovamento della statua della Madonna della Catena. A seguito di miei studi sull’arte sacra a Mussomeli mi sono imbattuto in un documento proveniente dall’ Archivio Storico Siciliano, 1883-84 (MISCELLANEA 133) che così riporta: “Nel moderno palazzo de’ Lanza si conserva una statua di marmo rappresentante la Vergine in piedi col bambino Gesù, la quale si dice tolta dalla cappella del castello antico. Ne registro l’ iscrizione , solo perchè altri, conoscendo l’epoca sua, non abbia a cercare in questa bruttissima scultura qualche opera pregiata del secolo XVI. Pel-tanto lessi nella base : “MCCCCXV HOC 0P FIERI FECIT MAC VIV- ECV”.
La mia passione per la ricerca ed il mio vissuto mi fanno ricordare di un colloquio avuto diversi anni fa con mio zio, il compianto Prof. Nino Mistretta. Oggi grazie anche al prezioso aiuto del figlio Antonio e studi più recenti, sono riuscito a ritrovare quella statua della Madonna della Catena che certamente intorno ai primi anni del 1500 adornava l’omonima cappella sita nel castello chiaramontano. Di questa statua si erano perse le tracce sin dalla prima metà del secolo scorso. Ne abbiamo prova della sua presenza grazie ad una foto degli anni 40 pubblicata su uno speciale opuscolo di Progetto Vallone. In tanti si sono interessati alla ricerca ma senza risultati.
La statua adesso è ben collocata presso la chiesetta padronale di uno dei discendenti della nobile famiglia Lanza. Grazie alla cortesia e alla gentilezza dei proprietari, ho avuto la gioia di ammirarla nel suo aspetto e poterne finalmente delineare i tratti che le cronache del passato avevano trascurato ritenendola di scarsa fattura. Non mi sento di negare o avallare quello che viene riportato nella Miscellanea 133, tantomeno negare che si tratti di un’opera scultorea di scuola “gaginiana”.
Le caratteristiche dell’opera iniziano certamente dallo splendido piedistallo esagonale. Sulle tre facce frontali troviamo scolpiti i volti di putti alati, mentre sulle due facce meno visibili vengono rappresentate delle scene con personaggi, che per via delle cattive condizioni del materiale lapideo non vengono decifrate. Anche sul retro doveva essere presente un bassorilievo ma ad oggi risulta completamente rovinato. Il tutto è delicatamente rinquadrato da due cornici finemente lavorate. Alla base della statua, lì dove poggiano i piedi e l’abito della Vergine, troviamo l’epigrafe che è stata riportata nel documento sopra citato e secondo il Prof. Giuseppe Licciardi caro amico e latinista riporterebbe ciò : il Magistrato commissionò nel 1515 quest’opera , e si preoccupò che venisse eretta. Viste le cattive condizioni della base e dunque dell’epigrafe ritengo che in origine si doveva leggere chiaramente oltre alla frase “HOC OP FIERI FECIT” anche “MAG. VIVUS ECV”. MAG. , riferendosi al committente che in quel momento a Mussomeli era il barone Don Francesco Campo. VIVUS, poiché era consuetudine vantarsi di aver fatto realizzare un’opera d’arte durante la propria vita . ECV, l’abbreviativo dal latino “erigentum curavit” .
Per quando riguarda la statua, le foto in bianco e nero non avevano mai evidenziato che originariamente l’opera era dipinta e con molta probabilità ci dovevano essere delle decorazioni in oro zecchino (sono visibili in certi punti della statua i segni dell’ossidazione del metallo), peculiarità queste, presenti nella maggior parte delle opere del Gagini e dei suoi seguaci. La capacità dello scultore nel modellare l’alabastro si coglie nell’abito puntigliosamente decorato nella parte del colletto e dei merletti e nella cintola in corda. Il manto, che dal capo le cade addosso, con una delicata morbidezza nelle forme sicuramente ne impreziosisce l’interezza della statua. Non vi è dubbio, data la scanalatura sul capo, che originariamente la Madonna indossasse una corona ma di cui non vi è traccia alcuna. Particolare è l’acconciatura che richiama certamente quelle utilizzate dalle donne durante il periodo in cui fu scolpita. Si denotano i gioielli come la collana ed i bracciali finemente rappresentati. Delicato è quel che resta del Bambinello acefalo coperto da un leggero mantello annodato sul collo che cade giù tra le gambette. Anche Egli indossa un bracciale e reca in mano quel che rimane della catena. L’atteggiamento di Maria nei confronti del figlio è leggibile da una leggera inclinazione del capo rivolto lì dove era presente la testa del Bambino.
Con stupore al cospetto della statua ho ricordato una pagina del volumetto “Il Castello di Mussomeli ed i suoi restauri” di Vincenzo Antonio Giacalone datato 1914. Il quale parlando dei lavori dell’Armò, riporta che la statua della Madonna della Catena prima del restauro avesse una mano rotta ed al bambino mancasse la testa. In occasione di quei lavori però i pezzi mancanti furono ricostruiti con dovizia di particolari e stile da non riscontrare differenza alcuna tra l’antico ed il moderno. Peccato non aver ritrovato la statua integra cosi come la aveva lasciata Armò. È presumibile che tale opera sia stata oggetto di atti vandalici durante la seconda metà del novecento quando chiunque indisturbato aveva libero acceso al maniero deturpandolo in maniera irreparabile. Spero tanto che questa mia esperienza spinga, in particolar modo i giovani mussomelesi, ad amare e apprezzare la terra in cui viviamo e che sia di monito a salvaguardare il nostro patrimonio artistico e culturale ricercando e mantenendo sempre viva la memoria di ciò che è stato.
Giuseppe Maria Spera

Pubblicità Elettorale