Salute

Stidda tra Gela e Brescia: decine di arresti. Sequestro di beni per 35 milioni di euro. i VIDEO

Redazione

Stidda tra Gela e Brescia: decine di arresti. Sequestro di beni per 35 milioni di euro. i VIDEO

Gio, 26/09/2019 - 14:35

Condividi su:

La Stidda, l’organizzazione mafiosa della provincia di Caltanissetta era pronta a dar vita ad una nuova guerra coi clan rivali di Cosa nostra. È quanto accertato dalle indagini della Polizia che hanno portato in Sicilia all’esecuzione di 35 ordinanze di custodia cautelare, di cui 28 in carcere e 7 agli arresti domiciliari, nei confronti di indagati a vario titolo per associazione mafiosa, estorsione, associazione per delinquere finalizzata al traffico e spaccio di stupefacenti e detenzione illegale di armi. L’organizzazione criminale aveva nel tempo esteso le sue ramificazioni al nord. Altre 15 persone, infatti, sono state fermate in Lombardia su disposizione della Dda di Brescia, nell’ambito di un’ordinanza che riguarda 75 persone, accusate di reati finanziari e di essere state legate agli affari dei clan. Dagli accertamenti finanziari, poi, si è giunti al sequestro di beni per 35 milioni di euro. L’ordinanza è stata eseguita dagli agenti del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, della Squadra Mobile di Caltanissetta e del Commissariato di Gela, con l’ausilio del Reparto Prevenzione Crimine e di Unità cinofile di Palermo e Catania e delle Squadre Mobili di Catania, Siracusa, Chieti, L’Aquila, Brescia e Cosenza. Secondo gli inquirenti, la Stidda di Gela disponeva di un vero e proprio esercito con “500 leoni” armati che avrebbero potuto dar vita ad una guerra di mafia. L’indagine, denominata “Stella Cadente”, ha avuto origine nel 2014 dopo il ritorno in libertà dei fratelli Bruno e Giovanni Di Giacomo, che una volta fuori dal carcere hanno riallacciato le fila di una fitta rete di contatti con sodali, vecchi e nuovi, della stidda gelese. In particolare, i due fratelli sono riusciti a imporre la loro supremazia nel territorio gelese avvalendosi d’imprese mafiose, intestate a prestanome, dedite alla distribuzione dei prodotti per la ristorazione e di prodotti alimentari, in quello delle serate in discoteca e nel settore immobiliare. I magistrati sono riusciti a documentare diversi episodi di estorsione ai danni di commercianti e imprenditori, anche avvalendosi di attentati incendiari nei confronti di chi si rifiutava di sottostare alla legge del clan. La Stidda, capeggiata da Bruno Di Giacomo, aveva imposto l’acquisto di prodotti per la ristorazione e alimentari a numerosi commercianti gelesi che erano costretti ad acquistare, talvolta a prezzi maggiorati e in altre occasioni in quantità maggiori rispetto al loro volere. Altro settore economico d’interesse dell’organizzazione era quello delle costruzioni, della ristrutturazione e compravendita immobiliare, dove la Stidda si era inserita attraverso società di comodo, intestate ad Alessandro Emanuele Pennata, costituite al chiaro scopo di “ripulire” il danaro proveniente dalle attività illecite.

Il gruppo siciliano aveva esteso ramificazioni al Nord Palermo, 26 set. (askanews) – Autista e “portavoce” di Di Giacomo era poi Vincenzo Di Maggio che si occupava di riferire gli ordini del capo agli altri componenti del gruppo presenti sul territorio. Così facendo i fratelli Di Giacomo e lo storico stiddaro Filippo Scerra evitavano di incontrarsi quotidianamente, riducendo il rischio di essere scoperti dalla polizia. Sempre Di Maggio, faceva parte poi dell’ala cosiddetta “imprenditoriale” del clan, avendo assicurato il proprio contributo nella gestione di attività economiche controllate dall’organizzazione mafiosa, e risultando preposto alla gestione di una nota discoteca, che era sotto il completo controllo degli stiddari. Di Maggio, insieme ad Alessandro Scilio e Gaetano Marino, si occupava anche del traffico di stupefacenti. In poco tempo, la Stidda ha intessuto rapporti con importanti piazze siciliane dello spaccio come quella di Palermo, Catania e Vittoria, dove sono stati individuati alcuni fornitori e corrieri, ma anche con piazze di spaccio torinesi. Diversi i covi impiegati dall’organizzazione. Da quello di via Tucidide, dove 4 anni fa furono scoperti 13 chili di hashish e marijuana e una pistola calibro 75, a quello di via dei Mille dove, nel novembre del 2016 furono trovati 52 chili di hashish, un chilo di cocaina e una pistola semiautomatica con matricola abrasa. Un altro covo a disposizione della Stidda è stato scoperto in via Solferino, dove Giuseppe Nastasi deteneva e spacciava droga per conto de clan. Per quanto concerne il sequestro di beni, si tratta dell’intero capitale sociale e del compendio aziendale della Cartaplastic srls, con sede legale a Gela, che si occupa del commercio di saponi e detersivi e ingrosso di altri prodotti nel settore alimentare, intestato a Laura Cosca quale titolare delle quote; dell’intero capitale sociale e del compendio aziendale della Sweet Plastic srls, con sede legale a Gela, che si occupa del commercio di saponi e detersivi e ingrosso di altri prodotti nel settore non alimentare, intestato sempre a Laura Cosca quale titolare delle quote; dell’intero capitale sociale e del compendio aziendale della Malibù Indoor srls, con sede a Gela, che si occupa d’intrattenimento all’interno della discoteca Malibù di Gela, con intestazione di parte delle quote a Giuseppe D’Antoni.

A venticinque anni dalla strage di Capaci, nella piccola e periferica Procura della Repubblica di Caltanissetta c’è un manipolo di magistrati che, dopo i processi con decine di condanne, non ha mai smesso di indagare sulla morte di Giovanni Falcone e misteri connessi, come sulla strage di via D’Amelio in cui due mesi più tardi saltò in aria Paolo Borsellino, e relativi depistaggi. A guidarli, da poco meno di un anno, è arrivato il procuratore Amedeo Bertone.“L’operazione ha per oggetto il rientro a Gela di alcuni soggetti apicali della Stidda. Fortissima la loro capacita’ di penetrazione nel tessuto sociale ma anche economico. Un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsioni e tentate estorsioni. Ma anche una serie di intestazioni fittizie dei beni e attivita’ di riciclaggio”. Lo ha detto il procuratore di Caltanissetta Amedeo Bertone, nel corso della conferenza stampa sull’operazione antimafia Stella Cadente. “Agli stiddari – ha sottolineato il procuratore – si rivolgevano anche degli imprenditori per risolvere i loro problemi. La Stidda operava come uno Stato nello Stato”.

A Gela c’era con la Stidda “un clima di intimidazione”. A denunciarlo è Marzia Giustolisi, la dirigente della Squara mobile di Caltanissetta, commentando la maxioperazione contro la Stidda operata a Gela con 110 arresti. “C’è un’ala molto violenta e cruenta – dice il vicequestore aggiunto che ha condotto le indagini della Dda nissena- Queste persone non avevano la minima remora a punire chi, a loro avviso, mancava di rispetto”. E fa qualche esempio: “Bastava che qualcuno non si rifornisse da loro per alcuni prodotti oppure perché qualcuno aveva ‘osato’ dire una parola fuori posto. C’era un forte clima di intimidazione, capillare”. Non solo. “C’erano anche alcuni cittadini – dice ancora Giustolisi – che si rivolgevano a loro”. L’indagine, sottolinea ancora la poliziotta sono state condotte in collaborazione con il Commissariato di Gela.

Pubblicità Elettorale