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Sicilia, corruzione: mani su costa Cefalu’, dirigente Regione tra arrestati

Redazione

Sicilia, corruzione: mani su costa Cefalu’, dirigente Regione tra arrestati

Mar, 03/05/2016 - 10:19

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bLITZ POLIZIAPALERMO – E’ stata battezzata “Spiagge libere” l’operazione della Polizia di Stato che ha portato all’arresto di un dirigente della Regione siciliana e di un imprenditore. Colpito l’affare legato all’apertura di lidi e stabilimenti balneari lungo la costa di Cefalu’, nel Palermitano, tra le piu’ suggestive della Sicilia. Cosi’, in esecuzione di un’ordinanza di misure cautelari, emessa dal Gip di Termini Imerese, Angela Lo Piparo, su richiesta del sostituto procuratore Giacomo Brandini, gli agenti del commissariato di Cefalu’, diretti da Manfredi Borsellino, hanno posto agli arresti domiciliari il dirigente dell’assessorato regionale Territorio e Ambiente, gia’ responsabile del settore Demanio Marittimo di Palermo e Provincia, l’architetto Antonino Di Franco, ed un noto imprenditore cefaludese del settore turistico alberghiero, Giovanni Cimino. Applicata la misura del divieto di dimora nella provincia di Palermo e nel Comune di Cefalu’ al funzionario istruttore dello stesso assessorato che curava ed istruiva tutte le pratiche afferenti lidi e stabilimenti balneari della costa cefaludese, Salvatore Labruzzo, ed al presidente dell’Associazione operatori balneari di Cefalu’, braccio destro di Cimino, Bartolomeo Vitale. Per tutti e quattro l’accusa e’ gravissima, corruzione propria aggravata: avrebbero consolidato un sistema corruttivo che, secondo gli investigatori, “da tempo allignerebbe all’interno degli uffici del Demanio Marittimo dell’assessorato regionale al Territorio e Ambiente”, grazie al quale sarebbe stato assicurato al Cimino il controllo e la gestione imprenditoriale, in regime quasi monopolistico, di uno dei tratti piu’ belli e suggestivi della costa siciliana in cambio di favori e prebende, come in particolare l’assuzione dei figli dei funzionari corrotti durante il periodo estivo presso ditte riconducibili allo stesso Cimino. Un’indagine, quella del commissariato di Cefalu’, durata oltre un anno e coordinata, dapprima dal procuratore aggiunto di Palermo, Dino Petralia e dal sostituto procuratore Maria Teresa Maligno e, successivamente, dalla Procura di Termini Imerese, guidata da Alfredo Morvillo.

Intercettazioni, pedinamenti ed acquisizioni documentali della sezione Investigativa del Commissariato di Cefalu’ avrebbero dunque scoperchiato, secondo gli indaga, “l’ennesima storia di corruzione fatta di abusi, favori ed atti illegittimi di funzionari infedeli pronti a soddisfare, quasi in tempo reale”, ogni richiesta dell’imprenditore cefaludese mentre tanti esercenti di lidi balneari di Cefalu’ e dell’intera provincia palermitana attendevano mesi, se non anni, per il rinnovo di una concessione o, piu’ semplicemente, per ottenere il sub-ingresso in un’altra. E’ proprio dalle denunce di uno di questi operatori balneari esasperato dal comportamento dilatorio, ambiguo ed equivoco di questi funzionari, raccolte oltre un anno fa dal dirigente del commissariato di Borsellino che avrebbe tratto origine l’intera inchiesta. Nel sistema di corruttela scoperto da questa indagine, scrive il Gip, avrebbe avuto un ruolo incontrastato Di Franco, emerso come il “capo indiscusso del Demanio” per un’attivita’ sistematica di gestione delle spiagge e dei tratti di costa concesse agli operatori balneari, in modo strettamente funzionale ai propri interessi. Non meno rilevante la figura di Cimino che, grazie e soprattutto alla compiacenza dei due funzionari corrotti dell’assessorato al Territorio e Ambiente avrebbe, in questi anni, assunto il controllo, diretto o indiretto, tramite familiari e prestanome, di circa l’80% delle strutture balneari operanti sulla spiaggia di Cefalu’ ed in altre spiagge del circondario. In tal modo, scrive ancora il Gip, sarebbe divenuto “il padrone”, quasi per intero, di uno dei tratti piu’ belli, conosciuti e suggestivi della costa palermitana. Cimino si sarebbe spinto, con i funzionari “infedeli” del Demanio, financo a concordare strategie, formare atti illegittimi e adottare ogni iniziativa possibile per consentire la riapertura del “Poseidon”, il piu’ grande e storico lido balneare della famiglia Cimino, sotto sequestro ad opera sempre del Commissariato di Cefalu’, dal 7 aprile dello scorso anno, per presunti abusi. Ad affiancarlo, anche in quest’ultimo caso, vi sarebbe stato Vitale, presidente dell’Associazione operatori balneari di Cefalu’, nella quale sarebbero confluite tutte le societa’ gerenti gli stabilimenti balneari, direttamente o indirettamente, controllati dal Cimino e dai suoi piu’ stretti familiari.

L’indagine e’ partita proprio dal sequestro dello stabilimento balneare “Poseidon”. Da allora avrebbe avuto inizio un’attivita’ frenetica volta a “sanare” o “regolarizzare” ogni presunto abuso che aveva comportato quel sequestro da parte di Di Franco, nell’aprile 2015 responsabile del Settore Demanio marittimo di Palermo e Provincia, collaborato dal funzionario istruttore delle pratiche riguardanti il territorio di Cefalu’ Labruzzo, attivita’ che si sarebbe spinta, persino – secondo le intercettazioni – a concordare con i legali di Cimino la linea difensiva da adottare, contribuendo alla stesura delle richieste di dissequestro. Il prezzo sarebbe stato l’assunzione del figlio di Di Franco in una societa’ del gruppo Cimino. Prima che il figlio fosse poi effettivamente assunto, conversando con la moglie le diceva che ci avrebbero pensato loro a metterlo a posto e che, dopo, si sarebbero occupati anche dell’altra figlia per farle “fare l’estate” e in effetti fu assunta ma dal titolare di un lido palermitano visto che era priva di macchina. In altre colloqui, il dirigente rivelerebbe notizie coperte dal segreto d’ufficio relative a un sopralluogo che il suo ufficio avrebbe dovuto effettuare in un noto locale sul Lungomare della cittadina normanna gestito direttamente da Cimino, sopralluogo poi omesso deliberatamente. Avrebbero beneficiato dei favori di Di Franco anche i congiunti di Cimino. Un’autorizzazione demaniale in favore di un lido gestito formalmente dalla moglie di Cimino sarebbe arrivata, infatti, in tempi record e responsabile del procedimento era il funzionario Labruzzo, pure lui “ricompensato” con l’assunzione di un suo congiunto. Il senso di onnipotenza dell’architetto Di Franco, convintosi oramai di poter disporre della costa e delle spiagge palermitane a proprio piacimento, lo avrebbe portato ad atteggiarsi, sono sempre parole del Gip di Termini Imerese, a vero “rais del demanio marittimo”, godendo di privilegi, favori, prebende e laute regalie da tutti quegli imprenditori del settore turistico e balneare che beneficiavano dei suoi provvedimenti. Di Franco frequentava liberamente taluni stabilimenti ottenendo trattamenti da vip per se’ e i suoi parenti e atteggiandosi, appunto, a “capo del demanio”, come sarebbe stato definito al telefono da un gestore di un lido balneare. Un ruolo dominante peraltro svolto dal 44enne Cimino: si calcola che l’80% dei lidi e degli stabilimenti che operano sulla spiaggia cefaludese siano sotto il suo controllo, era il “padrone quasi per intero”, come scrive il Gip nella sua ordinanza, di uno dei tratti di costa piu’ belli.

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