Salute

I 90 anni di Mons. Campione. Uno dei Padri della Città

Michele Spena

I 90 anni di Mons. Campione. Uno dei Padri della Città

Sab, 25/07/2015 - 10:15

Condividi su:

imageCALTANISSETTA – E’ stato il primo sacerdote a celebrare la Messa in italiano nella Diocesi di Caltanissetta: era il 10 febbraio del 1967, due anni dopo Paolo VI e la “rivoluzione” che il Concilio Ecumenico Vaticano II aveva portato anche nella liturgia della Chiesa cattolica. Non ci poteva essere un evento più simbolico di una vita vissuta, intensamente, “sul crinale del mondo moderno” (per citare un’espressione di Mons. Cataldo Naro, suo allievo in Seminario).
Mons. Liborio Campione oggi compie 90 anni e rimane il testimone più lucido e autorevole di una lunga stagione della vita della Chiesa e della società nissena che ha visto intrecciarsi svolte storiche e processi innovativi, momenti difficili, a volte drammatici, e occasioni di grandi entusiasmi: è la memoria storica vivente della Chiesa nissena, e di una Chiesa che sempre, attraverso la sua testimonianza pastorale, ha saputo dialogare con tutte le componenti della cultura e della società del territorio, senza pregiudizi e senza preclusioni.
Uomo del dialogo e dell’equilibrio, intellettuale di profonde conoscenze, maturate in una visione plurale della vita della comunità in cui ha vissuto il suo ministero nei suoi 67 anni di sacerdozio, ha ricoperto nella sua missione tantissime posizioni di servizio e di responsabilità, in tutti gli ambiti della presenza della Chiesa nella quotidianità della nostra gente.
Entrato in Seminario a 15 anni, nel 1940, sacerdote nel 1948, ordinato dal Vescovo Mons. Jacono (di cui è in corso la causa di beatificazione), subito viceparroco in Cattedrale e poi, dal 1952, in “terra di missione” a fondare la Parrocchia nel Villaggio S. Barbara mentre seguiva contemporaneamente quella di Borgo Petilia. A 360° il suo radicamento nel tessuto sociale nisseno sia della città, di cui è figlio esemplare, sia delle campagne intorno, alle quali è legato da tanti rapporti familiari: ha saputo rappresentare sempre nel modo migliore una “nissenità” autentica e riconoscibile, fatta di vivacità intellettuale e di apertura culturale, ma senza il limite “genetico” della polemica distruttiva né della mormorazione.
Benvoluto da tutti quelli che hanno avuto modo di conoscerlo e stimato da tutti in città, da persone di ogni appartenenza sociale e di ogni cultura politica, “ecumenico” antropologicamente, capace come pochi di trovare e valorizzare il buono che c’è in ogni persona, di consigliare, di incoraggiare, di consolare, di conciliare e di sostenere, senza perdere mai la sua “terzietà” rispetto alle realtà con cui si confronta, capace di segnare la giusta distanza interiore dalle situazioni in cui interviene, mantenendo sempre, per questo, la libertà e l’autorevolezza di una guida spirituale autentica, di un educatore.
Licenza in Teologia morale alla Pontificia Università Angelicum di Roma, ha coniugato l’attività di assistente spirituale delle realtà associative (Azione Cattolica Giovani in Diocesi dal 1948 al 1961 e Assistente Regionale dal 1977 al 1985) con l’impegno di educatore e di docente (professore in Seminario dal 1952 e nelle scuole pubbliche dal 1952 al 1985).
Il Seminario è stato la sua casa per più di metà della sua lunga vita: direttore spirituale dal 1952 al 1965 e poi Rettore, dal 1965 al 1972, negli anni difficili del dopo-Concilio e della contestazione. E poi ancora Vicario generale, alter-ego di Mons. Garsia per quasi tutto il suo episcopato, e “traghettatore”, intelligente e discreto, nei primi anni di ministero del nuovo Vescovo, Mons. Mario Russotto.
Figura fondamentale di riferimento per i laici: protagonista, insieme ad un gruppo di laici eccezionalmente impegnati nel sociale, dello storico Convegno “Evangelizzazione e promozione umana”, nel 1976, fino a seguire, da delegato vescovile, la Consulta Diocesana delle Aggregazioni Laicali sin dalla sua fondazione, per oltre un decennio.
Ha accompagnato intere generazioni nei percorsi della spiritualità, negli anni difficili della “mutazione genetica” della società nissena, passata dalla civiltà del lavoro delle campagne e delle zolfare alla secolarizzazione consumista del boom economico e della perdita dell’identità collettiva. Sempre con il sorriso, la pazienza, l’intelligenza di accogliere e di interloquire, mai di respingere o di condannare; e soprattutto disponibile ad ascoltare, ascoltare e ancora ascoltare. Capace di mettersi in discussione nell’approccio alle novità e anche alle contestazioni, senza rinunciare mai ai capisaldi di una identità di sacerdote e di educatore cristiano profondamente strutturato e saldo nei valori di riferimento.
Così come è stato uno dei primi sacerdoti nisseni ad indossare il clergyman al posto dell’abito talare, ma nessuno avrebbe mai potuto scambiarlo per un non sacerdote, nella semplicità rigorosa del suo stile e del suo portamento, ben lontana dai look variegati e “laicisti” di tanti suoi confratelli.
Conversatore brillante, dotato di autoironia con eleganza inusuale in un sacerdote, affabulatore fascinoso, capace di catturare per ore l’attenzione dei suoi interlocutori, nelle numerose conferenze e testimonianze che amabilmente accetta sempre di offrire, soprattutto in questi ultimi anni ha rappresentato un punto di riferimento per ricostruire con lucidità ed equilibrio momenti e vicende della storia della città, mettendo sempre la sua eccezionale memoria al servizio di una ricerca di lettura e di interpretazione degli eventi che superano tutti gli stereotipi e le etichette precostituite.
Non ha mai smesso di leggere, di aggiornarsi, di seguire tutte le novità nel mondo complesso e variegato della cultura contemporanea, nella letteratura, nel cinema, nell’arte, con le quali riesce a contestualizzare la sua narrazione teologica nella contemporaneità del vissuto dei suoi interlocutori, capace di farsi comprendere subito da tutti, intellettuali e casalinghe, lavoratori e professionisti, credenti, non credenti e cristiani “sulla soglia”, ai quali sembra sempre pensare nell’orizzonte del suo “storytelling”: mai “hortus conclusus” clericale, ma sempre parola di relazione, di ricerca, di interrogazione imprevedibile.
Un sacerdote così, nei suoi 90 anni di amore e di servizio alla città e al territorio diocesano, è stato un dono prezioso, per tutti, in una società sempre più orfana e povera di autorità morali e di figure di riferimento.
Per tutti, oggi, Padre Campione, è certamente uno dei pochi “padri” di questa città.

Fiorella Falci

Pubblicità Elettorale