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Michele Pilato: “L’utilizzo spasmodico dei comunicati stampa rispetto alla gestione politico-amministrativa, sono mezzi abusati”

Redazione

Michele Pilato: “L’utilizzo spasmodico dei comunicati stampa rispetto alla gestione politico-amministrativa, sono mezzi abusati”

Gio, 08/01/2015 - 22:17

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CALTANISSETTA – In un’epoca caratterizzata dalla comunicazione di massa è quasi inevitabile, per ciascuno di noi, imbattersi in una qualche forma di comunicazione politica. È sufficiente sfogliare un quotidiano o fare zapping con il telecomando per trovarsi di fronte un soggetto politico che comunica, discute, attacca, replica, chiarisce, smentisce. La comunicazione politica è parte integrante dell’azione politica; ogni partito o movimento, candidato, eletto o nominato nelle istituzioni ha la necessità di comunicare per la divulgazione della propria linea politica, la mobilitazione dei propri simpatizzanti in funzione della composizione dei legami di appartenenza.

Ma se la comunicazione politica è parte integrante dell’agire politico occorre comprendere se vi sia a monte una qualche forma di elaborazione e di condivisione dei contenuti.

La gestione leaderistica degli apparati, abbinata  al crollo del sistema dei partiti ha innescato spinte contraddittorie. Infatti, se da un lato, per la promozione della cooperazione tra potere politico e soggetti sociali, è evidente la necessità di dotare la realtà sociale di una rete permanente di autoriflessione e di elaborazione della coscienza civile dei cittadini, dall’altra sembra che gli apparati si affannino a voler impedire forme di condivisione e di partecipazione.

La caduta verticale della qualità delle classi dirigenti è il risultato proprio di questo fenomeno. Il leaderismo mediatico e l’esaltazione della capacità carismatica di interpretare la volontà popolare impediscono la realizzazione di un dibattito aperto e costruttivo, inibito anche da un circuito comunicativo condizionato e distorto che alimenta e si nutre degli eccessi delle evocazioni populistiche.

L’utilizzo spasmodico dei comunicati stampa e delle apparizioni mediatiche, per esprimere dissenso o consenso rispetto alla gestione politico-amministrativa, sono mezzi abusati da chi cerca più l’affermazione individuale e di parte che la seria analisi delle problematiche e la proposta delle soluzioni.

Per aggredire le disuguaglianze, gli squilibri e le inefficienze non basta una mera attività di denuncia, non servono “grilli parlanti”, occorre creare condizioni e ambiti nei quali sia possibile formare pensiero consapevole e azione appassionata.

Infatti, lì dove si è rafforzato il protagonismo della società civile attraverso la partecipazione responsabile dei cittadini si è innescata una gestione virtuosa della cosa pubblica che ha portato vantaggi concreti alle comunità, con servizi adeguati alle aspettative, costi e tassazioni contenute ed efficienza della macchina burocratica. Viceversa, quando l’azione politico-amministrativa si compone in una conduzione verticistica e populistica si generano fenomeni di trasformismo, conflittualità crescente ed inefficiente incidenza dell’apparato amministrativo.

Un cambiamento duraturo in grado di battere le rendite e i privilegi è possibile soltanto se sorretto da un’azione organizzata e collettiva, in grado di responsabilizzare chi esprime domande e punti di vista anche particolari. Ma quest’ambizione reclama innovazione. Non saranno certo le demagogiche forme dello scontro politico utilizzate nell’ultimo ventennio a dare le risposte che i cittadini attendono.

Innovare significa anche rischiare, battersi per comporre nuove forme di partecipazione dal basso alle decisioni, contribuire allo sviluppo di una rete diffusa di luoghi, anche informali, in grado di produrre cultura politica e riflessione programmatica.

La consapevolezza dell’essere cittadino è conquista della ragione, ma è vissuta attraverso le passioni.

Essere cittadini vuol dire prendere parte ai processi di deliberazione politica. I cittadini sanno perché sentono e sentono perché sanno, e il sentire di appartenere si traduce nella coscienza civica di vivere in armonia con i diritti e con i doveri.

Dunque, libertà di espressione, valenza comunicativa, partecipazione e coscienza civica trovano una sintesi proficua nell’appartenenza ad un’unica collettività che rispetta le cose che appartengono a tutti.

                                                                                                                      Michele Pilato

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