CALTANISSETTA – Si conoscono tra i banchi di scuola o nelle palestre, tramite il click del mouse, si sostituiscono ai compagni di classe più timidi sui social network, a nome di altri diffondono immagini e informazioni riservate tramite email, sms e mms sui telefonini, raccontano particolari personali o dichiarano disponibilità sessuali a nome delle compagne: parliamo dei cyberbulli, giovani che intenzionalmente o a volte senza rendersene conto attraverso un uso improprio dei social network e dei nuovi mezzi di comunicazione colpiscono persone indifese e arrecano danno alla loro reputazione. Un fenomeno che va sempre più largamente diffondendosi e definito oggi come cyberbullismo e cyberstalking.
Il bullismo, pur sempre esistito, oggi si è accentuato infatti attraverso internet e l’uso del cellulare e degli smartphone, con vessazioni che posso avvenire a ogni ora del giorno e della notte da parte di un nickname, una maschera virtuale di cui a volte non si conosce la vera identità.
Uno studio di Pew Internet & American Life Project rivela che un adolescente su tre è soggetto a questa nuova forma di bullismo, circa 13 milioni i teen-ager che si trovano nello stato di “vittime”. Sempre secondo questo studio sarebbero le ragazze a essere esposte a maggiori pericoli: in rete il 38% del genere femminile ha trovato “vita dura”, contro il 26% dei ragazzi.
Dati allarmanti confermati anche da una ricerca condotta da Ipsos nel gennaio 2013 per Save the Children Onlus Italia per studiare e comprendere l’uso della rete da parte dei giovanissimi, i rischi e la relativa percezione da parte loro, secondo la quale il 50% dei ragazzi intervistati navigano in rete per almeno 4 ore al giorno; mentre il 20% tra le 5 e le 10 ore. Tra i motivi per cui i ragazzi vengono presi di mira sui social network troviamo: le caratteristiche fisiche (67%); la timidezza o se apparentemente “poco sveglio” (67%); se femmina, perché considerata brutta (59%); l’orientamento sessuale (56%); le idee e i gusti in fatto di abbigliamento, musica e altro (48%); se maschio, perché considerato brutto (46%) e se straniero (43%).
Insulti, offese, prese in giro, voci diffamatorie e false accuse, razzismo, critiche immotivate, minacce, questi alcuni dei comportamenti dei bulli attuati tramite i nuovi mezzi di comunicazione molti dei quali contemplati dal codice penale e che si configurano come fattispecie di reato, che possono essere denunciati alle forze dell’ordine o all’autorità penale e che possono arrecare alla vittima un danno morale, biologico o esistenziali. Da qui la necessità di rendere i giovani responsabili e consci dell’utilizzo dei social network e dei nuovi mezzi di comunicazione che spesso sfuggono al controllo dei loro stessi genitori, ignari delle ombre e delle insidie che si nascondo dietro ai nuovi strumenti di comunicazione e ai comportamenti dei propri figli.
Per arginare il fenomeno e prevenirlo occorre dunque educare i più giovani alla legalità, all’uso responsabile dei nuovi mezzi di comunicazione e sensibilizzarli in merito. Su questa strada il Questore di Caltanissetta Filippo Nicastro e il Capo di Gabinetto Alessandro Milazzo hanno programmato per l’anno scolastico in corso, una serie di incontri con le scuole del capoluogo e della provincia sul tema “Cyberbullismo, cyberstalking e sui pericoli del Web”. Circa mille sinora gli studenti raggiunti nel corso degli incontri tenuti dall’Ispettore Superiore Salvatore Falzone, dell’Ufficio Stampa, già in parte svolti grazie alla collaborazione dell’Istituto Comprensivo “Filippo Puglisi” di Serradifalco di cui è dirigente scolastico Anna Maria Nobile e alla Scuola Media Rosso di San Secondo di Caltanissetta diretta dal dirigente scolastico Bernardina Ginevra. Incontri che hanno interessato anche i genitori degli alunni e che proseguiranno in altre scuole medie ed elementari della provincia sino a raggiungere entro maggio circa 4000 studenti.
Un’attività quella della diffusione della cultura della legalità, al contrasto della dispersione scolastica, alle problematiche legate al bullismo, allo stalking ed all’identità di genere che la Questura di Caltanissetta, attraverso le sue articolazioni preposte (Ufficio Stampa e Ufficio Minori), ormai svolge da oltre un decennio in collaborazione con le scuole di ogni ordine e grado del capoluogo e della provincia.
Incontri durante i quali oltre affrontare il problema si insegna ai ragazzi come organizzare le “impostazioni della privacy” sui social network, come segnalare agli amministratori chi disturba, come bloccare persone indesiderate, il non divulgare i propri dati riservati (indirizzo di casa e di scuola, numero di telefono e altre informazioni che ci rendono rintracciabili) come denunciare reati on-line attraverso il sito www.commissariatops.it e altri consigli.
“Oggi la diffusione delle nuove tecnologie dell’informazione – afferma l’ispettore Salvatore Falzone – ha reso comune la tematica del digital divide, ovvero il divario tra chi utilizza, non sempre in modo appropriato, i nuovi strumenti informatici come ad esempio i giovani e chi, invece, è escluso da tale mondo. La famiglia, gli educatori e in generale gli adulti di riferimento forniscono ai ragazzi i modelli comportamentali che li aiutano a sviluppare adeguate interazioni con il mondo che li circonda. Per ciò che concerne la vita on-line tali modelli, troppo spesso, vengono a mancare. Se i genitori sono assenti dai social media, osservano con scarso interesse le potenzialità del nuovo e complicatissimo cellulare o tablet dei figli, in qualche modo rinunciano alla supervisione su questa parte di vita dei ragazzi”.
“I ragazzi contemporanei – prosegue Falzone – vivono ormai in perenne connessione sui social network e sono fortemente influenzati dall’online dishinibition effect, che provoca due aspetti, uno benigno e l’altro tossico, ossia da un lato tendono a comunicare in modo aperto, sincero anche di argomenti molto personali; dall’altro lato ad assumere comportamenti aggressivi o socialmente sanzionabili. Entrambi gli aspetti presentano dei rischi poiché, nel primo caso, spingono i ragazzi a lasciarsi in confidenze di cui si pentono in seguito; nel secondo caso, invece, l’assenza di scambio faccia a faccia favorisce l’adozione di strategie di disimpegno morale con la conseguente messa in atto di comportamenti di bullismo cyber”.
“Litigi via chat, diffusione online di informazioni denigratorie, pubblicazione di immagini maliziose rubate a scuola, sono esperienze entrate a far parte del quotidiano di insegnati, educatori, genitori e soprattutto dei ragazzi. Diventa quindi fondamentale – conclude Falzone – guidare i giovani nel loro percorso di crescita virtuale, facendo in modo che lo sviluppo delle competenze relative alla tecnologia sia accompagnato ad una crescente consapevolezza nell’uso di tali strumenti. In tale contesto diventa importante l’intervento educativo delle Istituzioni scolastiche e della Polizia di Stato nel fornire adeguati strumenti informativi al fine di stimolare un uso consapevole e responsabile del Web e delle sue potenzialità”.
Annalisa Giunta


