CALTANISSETTA. La Torre RAI di Sant’Anna non è semplice infrastruttura tecnica da smaltire, ma un’opera pubblica che dialoga con la storia, la cultura e l’identità di Caltanissetta, esattamente come le grandi Torri-icona d’Europa. LO afferma l’artista nisseno Francesco Guadagnuolo.
Progettata nel secondo dopoguerra dagli ingegneri Sergio Bertolotti, Gino Castelnuovo e Giuseppe Sciubata per la CIFA di Milano, la Torre di trasmissione (alta 286 m) ha segnato il paesaggio urbano dal 1951 fino al suo spegnimento nel 2004. Nei decenni è diventata testimone silenziosa dei cambiamenti sociali ed emotivi: da bambino mi affacciavo al balcone della mia casa di Via Redentore e la vedevo cambiare colore come un organismo vivente: arancio all’alba, smeraldo al tramonto, ed è così che è nata la mia opera, un olio su tela dal titolo: “Via Redentore all’alba” realizzata nel 1971 in età adolescenziale.
Ho dedicato parte dei miei studi al confronto fra questo simbolo di Caltanissetta e il Monumento alla Terza Internazionale del russo Vladimir Tatlin, progettata nel 1919/20 e mai realizzata, la Torre di Tatlin era concepita come spirale d’acciaio alta 400 metri, capace di ruotare su se stessa per rappresentare la dinamicità della nuova società sovietica. Nel disegno di Tatlin risiede la promessa di fondere architettura, arte e tecnologia: la Torre RAI ha la stessa vocazione, se solo la considerassimo una vera opera d’arte.
La Torre RAI non è solo un traliccio in acciaio: nel suo scheletro si leggono la rivoluzione industriale italiana, la speranza di rinascita post-bellica e la condivisione del sapere via onde radio. Trasformarla in un’installazione d’arte significherebbe consacrarla come “faro di luce e memoria”, spazio di incontro tra testimonianze multimediali dei cittadini e scenografie luminose che scandiscano lo scorrere del tempo.
Le infrastrutture “monumentali” diventano arte quando incarnano lo spirito di un’epoca. La Torre RAI si merita lo stesso palcoscenico di:
• Torre Eiffel (Parigi, 1889 – 330 m): nata come insegna dell’Esposizione Universale, è oggi scultura pubblica amata in tutto il mondo.
• Atomium (Bruxelles, 1958 – 102 m): simbolo di progresso atomico, unisce scienza e design in un’architettura monumentale.
• Space Needle (Seattle, 1962 – 184 m): eredità della World’s Fair, espressione di ottimismo tecnologico e visione futurista.
• Monumento alla Terza Internazionale di Tatlin (Mosca, 1920 – mai realizzato, 400 m immaginari): spirale d’acciaio volta a unire arte, architettura e meccanica in un’unica utopia.
Come loro, la Torre RAI racconta un sogno collettivo: il suono che supera confini, l’energia del ferro plasmato a scopo comunicativo, la promessa di un futuro condiviso.
Penso ad un progetto come “accendere” la Torre, trasformandola in un’installazione vivente con:
1. Fasci di luce programmati a intervalli regolari sui tiranti, per dipingere spartiti cosmici.
2. Pannelli multimediali alla base, con storie audio-visive di zolfatari, agricoltori, ingegneri, architetti, artisti e poeti italiani.
3. Realtà aumentata, attivabile da smartphone, per “far ruotare” virtualmente la struttura, omaggio diretto all’utopia tatliniana.
Questa rigenerazione culturale farebbe della Torre RAI/Sant’Anna, un museo a cielo aperto e una meta turistica inedita nel Mediterraneo.
“Consacrare” la Torre RAI significherebbe aprire la strada a una nuova stagione di valorizzazione creativa di impianti dismessi, ispirando progetti analoghi in tutta Europa. Ogni alba e ogni tramonto, da oggi in poi, potrebbero diventare un capitolo di quel grande diario collettivo che dà all’acciaio il respiro di una nuova utopia.