Un disegno di legge, firmato da alcuni deputati autonomisti, prevede di istituire come lingua co-ufficiale della Sicilia la “lingua siciliana”, la quale di conseguenza, andrebbe studiata a scuola e in maniera tale (grammatica e vocabolario nello zaino) da potere diventare lingua con la quale imparare anche le altre materie scolastiche.
Nel Consiglio dell’Unione dei Comuni delle Madonie del 20 maggio è prevista la discussione relativa all’approvazione di una mozione che, in linea con questo Disegno di Legge, chiede alla Regione Siciliana il riconoscimento del siciliano come lingua ufficiale della Regione e lingua primaria d’istruzione.
I linguisti, i dialettologi, i sociolinguisti delle Università di Palermo, Messina e Catania e il Centro di Studi filologici e linguistici siciliani (istituzione apprezzata da studiosi di tutto il mondo) chiedono al Consiglio dell’Unione dei Comuni di non votare la mozione e di essere auditi per potere illustrare le proprie posizioni e proposte, frutto di decenni di studio sul contesto linguistico e sociolinguistico della Sicilia.
Ben argomentata la posizione degli esperti che ritengono una tale “lingua siciliana”, messa a punto a tavolino e non parlato spontaneamente da alcun dialettofono di nessun posto della Sicilia, una mortificazione della varietà dialettale siciliana, che costituisce il vero patrimonio linguistico da salvaguardare e valorizzare anche nelle scuole grazie alla legge n. 9 del 2011.
Ma il timore maggiore, certamente non infondato, è che sulla pelle dei bambini siciliani si stia tentando di giocare partite non soltanto ideologiche – fondate su approcci discutibili al concetto di “identità” e di “autonomia” – ma anche strategie di accaparramento elettorale.