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Nisseni senza Politica, Politica senza Nisseni

Sergio Cirlinci

Nisseni senza Politica, Politica senza Nisseni

Dom, 25/02/2024 - 10:10

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La disaffezione dei cittadini verso la politica è in aumento, gli eletti rappresentano sempre meno la popolazione, rappresentando solo coloro che sono andati a votare, cioè i fedelissimi ed in piccola parte a chi spera in un cambiamento. È un segnale che va oltre la protesta, rappresenta una perdita di fiducia verso le istituzioni e coloro che le rappresentano, che dovrebbero difendere i nostri diritti e rendere la società in cui viviamo più giusta e più equa. Il tema della disaffezione alla politica su larga scala, viene analizzato molto più autorevolmente da chi si occupa da anni di questo problema, affrontarlo a livello locale, da una visone più ristretta e facilmente comprensibile.
Dire “Nisseni senza politica, Politica senza Nisseni” è un’espressione volutamente forzata. E’ come dire “figli senza genitori”, intendendo la mancanza di una guida a cui affidarsi o la mancanza di un modello da seguire.
L’indifferenza e il distacco dei cittadini sono sicuramente frutto delle tante, troppe, delusioni, cantonate prese negli anni. Tanto impegno profuso, tanti sacrifici fatti, tanta dedizione per poi, alla tirata delle somme, vedere che, al di là delle chiacchiere, poco o nulla si è realmente concretizzato.


Oltre all’indifferenza e al distacco c’è anche un vecchio problema, che torna puntuale ad ogni elezione, molto più evidente in quelle locali, che è la libertà della scelta politica. Quanti sono coloro che votano in piena libertà ? Pochi.
Tutto questo, sommato alla fiducia cieca verso il proprio schieramento, anche quando va contro gli interessi del proprio territorio, sono i motivi che “inquinano” il voto e lo rendono di fatto poco libero.


Ogni elettore dovrebbe innanzitutto possedere “onestà intellettuale” e, ascoltando anche la propria coscienza, dovrebbe ben capire se quel voto dato, serva veramente al territorio. Bisognerebbe anche essere anche meno egoisti e guardare non solo all’oggi ma anche al domani. Se un amico ci ha risolto un problema e forse me ne potrà risolvere qualche altro, devo chiedermi a che prezzo. Sicuramente il rivotarlo oggi mi potrà gioverà in futuro, ma non sto facendo un favore di certo ai miei figli o nipoti, perchè continuando con il fenomeno che molti fanno finta di non vedere, cioè il clientelismo, mai si potrà creare una società ed una classe politica che agisce per nome e per conto di tutti. Anche perchè un amico politico, non è come un diamante, per sempre…e poi cambiare parrocchia non sarà facile. Se i politici fossero anche loro un po’ più lungimiranti, capirebbero che questo modo di fare non funziona più, ottiene magari il risultato oggi ma l’effetto nel lungo periodo non fa che aumentare l’astensionismo, che gli potrà creare più danni che benefici.
La politica senza i cittadini non ha dove andare, nel breve porterà a casa la vittoria, ma sarà sempre la classica “Vittoria di Pirro” che di fatto trasforma la vittoria in una sconfitta. Alcune indagini al livello nazionale e non solo, evidenziano che la fuga dalla politica riguarda oggi maggiormente i ceti medio bassi. Disoccupati, precari, emarginati, vecchi e nuovi poveri, rappresentano il grosso dell’esercito degli assenteisti. Lo scarso interesse delle classi meno abbienti è la risposta allo scarso interesse della politica proprio verso di loro. La politica sembra essere invece diventata attrattiva per il ceto medio-alto, allettato dagli alti interessi in gioco. Chi ha interessi va sicuramente a votare. I cittadini non si lasciano più ingannare tanto facilmente e restano sordi ai vari appelli, con la conclusione che anche la trattazione di tematiche politiche, candidature, spartizione di poltrone sembra non coinvolgerli più, mentre sono più attenti quando gli argomenti riguardano tematiche che li toccano personalmente. Non a caso che una volta si assisteva a folle oceaniche a comizi o incontri, oggi, anche per evitare piazze vuote, vengono preferite salette anonime, dove anche se si è appena una cinquantina la gente dirà, “non c’era un centimetro libero”.

Questo diffuso senso di scetticismo e di disillusione, purtroppo i politici fanno finta di non percepirlo. Norberto Bobbio, negli anni 80′, in un suo testo parlava della nascita dello Stato liberale e democratico come ad “un processo di costituzionalizzazione del diritto di resistenza e di rivoluzione”. Oggi son venuti a mancare soprattutto la voglia di resistere e rivoluzionare un sistema fatto di troppi scandali e di una dilagante corruzione; chi comanda abusa regolarmente e, in alcuni casi, anche impunemente o quasi. Prima di difendere l’uno o l’altro schieramento, bisogna guardare soprattutto alle persone, alla loro esperienza e soprattutto alla capacità di affrontare i problemi, che in alcuni casi sono quelli di ieri ed anche dell’altro ieri. Sarebbe tuttavia un errore rassegnarsi all’idea che la democrazia sia divenuta strutturalmente incapace di servire allo scopo per cui è stata inventata. Guardiamoci intorno ed apriamo occhi ed orecchi prima di mettere la croce sulla scheda, ma soprattutto non facciamoci illudere. Nessuno ha la bacchetta magica e chi dice di averla, mente sapendo di mentire. Ad Maiora

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