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Citizen Journalism, quando il cittadino diventa risorsa per l’informazione

Nunzia Caricchio

Citizen Journalism, quando il cittadino diventa risorsa per l’informazione

Dom, 28/01/2024 - 10:32

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L’intero universo dell’informazione ha cambiato volto con l’avvento dei social network, embrioni negli anni ʼ90 e venuti alla luce definitivamente nel 2000.

Anni addietro per diffondere notizie si faceva affidamento sulla carta stampata; si attendeva l’uscita di quotidiani o di settimanali per conoscere i processi politici e sociali che avvenivano. Oggi, invece, basta un touch sullo schermo, aprire un’Applicazione social e, in tempo reale, si viene a conoscenza di ciò che accade nel mondo, in ogni angolo del mondo. E a diffondere le notizie non sono soltanto giornalisti, attori della comunicazione; ma anche semplici cittadini che, al momento giusto, vestono i panni del reporter e con una foto o un video e un testo raccolgono, creano, diffondono e condividono i fatti, pubblicandoli sui social network.

Tale processo fa riferimento al citizen journalism o, in italiano, giornalismo partecipativo, dove il lettore non è più soltanto un fruitore, ma diventa parte attiva della creazione e della diffusione di contenuti giornalistici, contribuendo all’ideazione di opportunità innovative per la partecipazione pubblica. È un fenomeno, quello del citizen journalism che, sì, consolida il rapporto tra professionista dell’informazione e cittadino comune, promuovendo l’importanza della collaborazione, ma che genera molte domande, e che fa storcere il naso a chi sa che il giornalismo senza deontologia non può esistere, perché è consapevole che la deontologia, non solo regola gli eccessi dell’informazione, ma significa anche fare bene il proprio mestiere.

Verità, interesse pubblico e attualità sono i requisiti che caratterizzano il diritto di cronaca a cui fa affidamento il giornalista, il quale sa che è sottile la linea tra libera manifestazione del pensiero e, appunto, diritto di cronaca, proprio perché al centro tra i due elementi vi è la deontologia, che riesce a mettere insieme etica e diritto, e dona autorevolezza e credibilità al professionista.

Dunque, il cosiddetto giornalista partecipativo, ovvero il cittadino semplice, comune, che collabora con il professionista mina l’attendibilità delle notizie? O il lavoro stesso del giornalista?

Verificare è una delle prime azioni che il giornalista compie una volta aver raccolto i fatti, dopo essersi documentato su quanto accaduto. Il giornalista sa, nello storico della sua esperienza, cosa si trova davanti agli occhi e riconosce quando è autentica verità o è il caso di andare a scavare più a fondo per poter confermare la veridicità dei fatti.

Il giornalista partecipativo, invece, può non essere a conoscenza dei meccanismi di verifica delle notizie e, quindi, potrebbe diffondere le cosiddette fake news; potrebbe, inoltre, non essere oggettivo perché coinvolto emotivamente nell’accaduto e, altresì, recare danno alla privacy dei soggetti interessati perché non a conoscenza degli articoli che regolano il rispetto della sicurezza e della privacy nell’informazione.

Tuttavia, il citizen journalism è notevolmente influenzato dall’evoluzione tecnologica che, inevitabilmente, trascina con sé il modo di fare informazione, conducendolo verso un percorso sempre più soggetto alla trasformazione. Può essere risorsa per la società nel momento in cui professionista e cittadino collaborino fianco a fianco, fidandosi l’uno dell’altro, e dove il primo veda nel secondo un cooperatore al di fuori della redazione, e dove, a sua volta, il secondo trovi nel primo una guida.

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