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Studenti italiani tra i più stressati al mondo secondo Weworld

Redazione

Studenti italiani tra i più stressati al mondo secondo Weworld

Mar, 26/04/2022 - 09:18

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Quello italiano è uno dei sistemi scolastici più stressanti al mondo, in cui ragazzi e ragazze dedicano più tempo allo studio, ma con alti costi in termini di benessere fisico e psicologico; un sistema educativo duramente provato dalla pandemia e dai prolungati periodi di didattica a distanza. Sono due degli elementi chiave evidenziati nel report ‘Facciamo scuola – L’educazione in Italia ai tempi del Covid-19′, elaborato da WeWorld, organizzazione italiana indipendente impegnata da 50 anni a garantire i diritti di donne, bambine e bambini in 25 Paesi. 

Il rapporto fotografa la situazione del sistema italiano e le sue ripercussioni educative sul benessere educativo, fisico e psicologico di ragazze e ragazzi, e propone tre azioni concrete per cambiare il sistema scolastico e diventa più aderente alle esigenze educative e formative degli studenti. Il Report di WeWorld sottolinea come il più sistema scolastico italiano sia uno dei stressanti al mondo: più della metà degli studenti dichiarano di sentirsi nervosi mentre studiano, rispetto a una media Ocse del 37%. 

Gli studenti italiani, con 50 ore a settimana, sono anche tra quelli che dedicano più tempo allo studio: proprio a causa della mancanza di pausa adeguata durante l’ anno scolastico, bambini e ragazzi faticano a tempo per riposare e vedere aumentare il loro livello di stress, correlato anche al carico di compiti a casa. Risultato, sottolinea WeWorld, il nervosismo e il malessere produce scarso interesse per la scuola e cattive performance tra i banchi, favorendo disagio psicologico e dispersione scolastica. 

Nel 2020, i giovani tra i 15 ei 24 anni che non lavorano né studiano hanno raggiunto il 20,7%. Una situazione già presente da diversi anni, ma ulteriormente aggravata dalla pandemia: in assenza di interventi mirati, sottolinea il report, si stima che i periodi di Dad produrranno una perdita di apprendimento equivalente a 0, 6 anni di scuola e un aumento del 25% della quota di bambini e bambine della scuola secondaria inferiore al livello minimo di competenze (dati Invalsi). 

Questo ha inciso soprattutto sulle fasce sociali più deboli, a causa del digital divide: i dati limiti rilevati sul campo da WeWorld evidenziano grandi in termini di differenze di accesso ai dispositivi digitali. All’inizio della pandemia circa il 70% degli under 18 con cui WeWorld lavora nelle periferie italiane non possedeva né un pc/tablet né la connessione Internet a casa. Complessivamente, in Italia circa 600mila studenti sono rimasti completamente esclusi da ogni forma di didattica a distanza. 

La pandemia, quindi, ha agito come acceleratore di disuguaglianze già profonde e presenti da anni nel sistema educativo italiano, e come ulteriore causa di povertà educativa, strettamente intrecciata a quella economica. Questo circolo vizioso tende poi a perpetuarsi per generazioni, bloccando la mobilità sociale e la possibilità di migliaia di bambini di affrancarsi da situazioni di marginalità educativa e sociale. Meno marcate, ma sempre rilevanti, secondo il report, sono le differenze di genere nei livelli di acquisizione delle competenze: gli stereotipi di genere giocano ancora un ruolo molto forte, così da docenti e genitori a ritenere determinati studi e carriere professionali più adatti a tutti ‘uno o all’altro sesso. WeWorld, attiva da anni per promuovere un’educazione inclusiva e per prevenire e allontanare il luogo scolastico e povertà educativa, ha elaborato tre proposte per rendere la stessa scuola un inclusivo, che tenga dei bisogni di tutti/ non lasci indietro nessuno: conto i bambini l’obbligo di istruzione dalla fascia 6-16 anni alla fascia 3-18 anni per garantire i dell’educazione della prima infanzia a tutti dispersione scolastica, limitare il fenomeno dei NEETgiovani (che non studiano e non lavorare); rimodulare il calendario scolastico, con la riduzione da tre mesi di vacanze estive a due (in luglio e agosto), e l’inserimento di pause distribuite in maniera più uniforme durante l’anno scolastico per, mantenere dunque, il numero totale di 200 giorni di lezione: garantirebbe maggiore continuità didattica e relazionale, prevenendo la perdita di competenze e l’ abbandono scolastico e favorendo anche una maggiore conciliazione tra cura famigliare e lavoro per i genitori. 

E, infine, inserire la figura di un/una dirigente del ‘tempo extra-scuola’, incaricata del potenziamento delle attività extracurricolari, in collaborazione con il Terzo Settore. La proposta di inserire una figura specifica nasce dalla necessità di attribuire maggiore rilevanza e spazio di operatività all’extra-scuola, in collaborazione con la scuola stessa. Obiettivo di questa misura è colmare la mancanza di esperienze attive e relazionali, aggravata dalla pandemia, e porre al centro il interesse di bambini/ee ragazzi/e. Tre proposte che secondo WeWorld avranno conseguenze positive nel breve e lungo termine su un’intera generazione di bambini e ragazzi, e società intera. Come sottolinea il report di WeWorld, infatti, un’educazione di qualità e l’accrescimento delle proprie competenze influisce sul benessere di tutta la società, aumentandone il capitale umano, sociale ed economico. 

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