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Sicilia, Catania: ragazza scomparsa nel 2012, arrestato ex convivente della madre

Redazione

Sicilia, Catania: ragazza scomparsa nel 2012, arrestato ex convivente della madre

Lun, 17/01/2022 - 09:19

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Svolta nelle indagini sulla scomparsa di una ragazza di 22 anni di Acireale, in provincia di Catania, Agata Scuto, avvenuta nel giugno del 2012. La Procura di Catania ha chiesto e ottenuto l’arresto in carcere per un 60enne, Rosario Palermo, all ‘epoca convivente della madre della ragazza, con le accuse di omicidio aggravato e occultamento di cadavere. Le indagini, condotte dai carabinieri di Acireale, sono partite nel 2020, dopo una telefonata alla trasmissione televisiva ‘Chi l’ha visto?’, su Rai3: una persona, all’epoca non identificata, affermò che il corpo della ragazza era nascosta nella cantina della casa della madre. 

I controlli, tuttavia, non portarono al ritrovamento del corpo ma l’inchiesta ripartì da zero con la ricostruzione degli spostamenti della vittima e di Palermo. I sospetti si sono così addensati sull’uomo, “in ragione del rapporto ‘particolare’ – sostiene la Procura etnea – che egli aveva instaurato nell’ultimo periodo con la ragazza”. Gli investigatori hanno così scoperto che Palermo ha mentito sui suoi spostamenti il ​​giorno della scomparsa di Scuto. Agli inquirenti, infatti, l’uomo raccontato che quel giorno si era recato a raccogliere lumache nella piana di Catania e origano sull’Etna. 

Una tesi che non ha convinto i magistrati, convinti della “gravità degli indizi di colpevolezza” nei confronti del 60enne accusato dell’omicidio e dell’ occultamento del cadavere della ragazza. Ad incastrarlo sono state le sue stesse parole: intercettato nella propria auto, infatti, aveva manifestato il timore sulla possibilità che il corpo della vittima potesse essere scoperto in un casolare di Pachino, in provincia di Siracusa, e che potrebbe essere scoperta la modalità dell’omicidio: strangolamento. 

Da qui la riflessione dell’uomo sulla necessità di recarsi a Pachino per verificare cosa fosse rimasto del cadavere. Palermo ha cercato inoltre di inquinare le prove “ottenendo dai suoi conoscenti la del suo falso alibi” e predisponendo quella che gli inquirenti richiede “una complessa messa in scena” per simulare tracce che irrobustissero la sua versione rispetto a quel giorno: un ferimento gamba per una presunta caduta in montagna. L’uomo avrebbe poi dovuto nascondere un servito tondino di ferro intriso del suo sangue in una zona dell’Etna e che sarebbe quindi a confermare il suo alibi. Tutto questo, però, non è servito perché il gip ha comunque fatto scattare l’arresto. 

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