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Le riflessioni di Gian Burrasca: “Palazzo del Carmine: La Repubblica di Platone o la corte di Caligola?”

Redazione

Le riflessioni di Gian Burrasca: “Palazzo del Carmine: La Repubblica di Platone o la corte di Caligola?”

Dom, 17/12/2017 - 23:02

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Nella recente conferenza stampa, in occasione dell’ultimo “rimpasto”, abbiamo registrato alcune interessanti affermazioni di Marina Castiglione, ex vice sindaco e attuale esponente dei “superstiti” del civismo, che ha rivolto parole pesanti in direzione dell’esperienza che ha condiviso. “Fare “un” sindaco è complicato: occorre trovare un accordo tra le parti, che riguardi gli obiettivi generali del progetto città e l’individuazione di un nome compatibile per rappresentatività e carisma. Questo è il motivo per cui nessuno firmerà la sfiducia: tolti i motivi di opportunismo personale meno dicibili, nessuno è pronto per sedersi attorno a un tavolo e nessuno in questa fase può programmare una campagna elettorale. Fare “il” sindaco è ancora più complicato: le difficoltà amministrative, economico-finanziarie e organizzative vanno mediate con le istanze politiche di cui si è rappresentanti, cercando sempre una corretta sintesi nel dialogo con tutte le parti, perché chi è sindaco è sindaco di tutti i cittadini.”
Il quadro è chiaro.
Di mozione di sfiducia non si sente più parlare e forse non se ne parlerà più, almeno seriamente. Il roboante centro destra, dal quale è partita l’iniziativa della “mozione di sfiducia” a Ruvolo, forse a causa della adrenalinica elezione del “deputato”, sembra oggi essersi totalmente sgonfiato, e con la guida (sic!) del neo eletto leader, ha probabilmente deciso di orientarsi verso più ambiziosi obiettivi (shopping festivo?). Il centro sinistra, vive un momento di confusione. Proiettando psicologicamente se stesso, fuori dalle nette responsabilità delle sfortunate esperienze di governo regionali e cittadine, cerca di “oblare” le proprie colpe, dando di se bella mostra, mentre si lecca voluttuosamente le ferite per il tragico insuccesso elettorale. I Grillini sono, più che mai impegnati nei “canti” natalizi, arte in cui sono, invero, insuperabili. Tutti, comunque, sono accomunati da un unico ed autentico sentimento: il severo disinteresse per la cosa pubblica.
Nel frattempo la città arretra. Ormai cronicamente mal collegata all’autostrada, mentre politici e amministratori mendicano qualche rattoppo all’A.N.A.S. della strada per Santa Caterina Villarmosa. Addio opere di compensazione, e speriamo almeno di avere restituito il viadotto San Giuliano, ormai, di fatto consensualmente “sequestrato” dal settembre 2014. Il centro storico, vive un severo ed inarrestabile processo di degrado e ghettizzazione, solo in parte contrastato dalla presenza degli uffici e attività commerciali. I lavori di riqualificazione procedono con troppa lentezza, dimostrando una poco credibile efficacia della “mano pubblica” nel governo dei percorsi di cambiamento. Si proclamano “app” mirabolanti per la mobilità urbana, forse ignari che gli autobus sono utilizzati prevalentemente da persone anziane che utilizzano (quando ne possiedono uno) telefonini delle prima generazione. Il servizio di raccolta rifiuti denominato “bando ponte” di straordinario ha, fino ad oggi, dimostrato solo la lentezza di avvio. Ancora alla memoria abbiamo i milioni di euro di finanziamenti persi o non ancora utilizzati, mentre ci si compiace di essere in graduatoria per due o tre progettini. Dell’efficientamento dei servizi comunali riscontriamo esclusivamente la esilarante rapidità con la quale i dipendenti vengono spostati da un ufficio all’altro.
Nessuna azione è caratterizzata dal prestigio ed autorevolezza che dovrebbe contraddistinguere la classe politica che amministra un capoluogo di provincia, mentre di azioni “da provinciali” ne vediamo fin troppe.
L’ultima (speriamo) rappresentazione del grottesco del 2017, ce la offrono i neo assessori Guarino e Tornatore, nel ruolo di attori principali che imprudentemente hanno, nella circostanza, ricercato.
Il tema dell’opera è sempre lo stesso. Il salvatore della Patria, in possesso dell’ineffabile carisma, parla con i cittadini, e come per incanto il problema (il più delle volte dal medesimo procurato) non esiste più.
Descriveremo i fatti in maniera volutamente asciutta. Il neo assessore Guarino, accompagnato dall’atro “neo” Tornatore, forti della loro preparazione politica e conoscenza della macchina amministrativa (sic!), paghi della “licenza” di immediata operatività loro concessa dal sindaco, convocano i commercianti stremati dai problemi, a loro dire, creati dalla chiusura del traffico in centro storico, e promettono loro di “riaprire”. I commercianti, in un confuso sentimento di sollievo prossimo alla sindrome di Stoccolma, si impegnano finanche a pagare il parcheggio agli avventori.
Neanche il tempo di gioire ed i malcapitati si rendono conto che la “concessione” era priva di copertura politica. Brutta figura ed a seguire rocambolesche tentate trattative per aprire un’ora in più o un’ora in meno, nel maldestro ed inutile tentativo di mascherare la boutade, ormai compresa anche dai meno informati.
Il tema, nel caso in questione, non è la scelta politica, condivisibile o meno, ma l’evidente constatazione che la decisione di “chiudere” o “aprire” è vuota di contenuti (ed in quanto tale negoziabile), e piena dell’arroganza del sovrano capriccioso e la sua corte (Caligola) la quale predilige cimentarsi in facili scenografiche manifestazioni di potere allo “scomodo” sperimentare le difficoltà di governare ed offrire soluzioni ai propri concittadini. Nessun modello, quindi di “democrazia partecipata”, ma l’archetipo di un uomo solo al comando, talmente solo che, come è evidente, non è in grado di comunicare neanche con la propria “corte”.
Concludiamo, con un ulteriore stralcio dell’intervento della Prof.ssa Castiglione. “Giovanni Ruvolo aveva molte facilitazioni: era il terminale di una scelta tra nove possibili candidati e si era assunto il compito di esserne il portavoce; era il rappresentante di un movimento civico che come tale abbracciava molte parti del tessuto sociale nisseno; era l’espressione di una scelta dei partiti che erano al governo alla Regione e a Roma; in virtù di alcuni concetti innovativi, come partecipazione e sussidiarietà, è stato il depositario delle aspettative i tanti cittadini, giovani e persone in difficoltà; aveva un programma elettorale scritto a più mani da tutte le forze dell’Alleanza che costituiva il vademecum a cui ispirarsi quotidianamente. Lo spreco di questa occasione è lancinante per chi per tanti anni ha cercato di costruire le condizioni perché da Caltanissetta partisse un esperimento ideale ma anche pragmatico. Siamo oggi molto amareggiati di essere qui. Avevamo il massimo e abbiamo raccolto il minimo. Avevamo un sindaco che doveva essere un primus inter pares di tutti ed è diventato un rex senza interlocutori.”
Lasciamo i lettori, e gli “era”, con l’auspicio che l’attività politica, nel futuro del prossimo anno che segna ultima fase del mandato amministrativo di questa esperienza, sia pregnata dell’indispensabile buon senso, sperimentando, con l’aiuto di tutti, i mezzi per percorrere la via della crescita del nostro territorio.

Gian Burrasca

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