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I finti sorrisi buonisti di palazzo del Carmine e la tracotanza del potere

Michele Spena

I finti sorrisi buonisti di palazzo del Carmine e la tracotanza del potere

Sab, 01/10/2016 - 10:16

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Accade durante la parabola politica di un sindaco ad un certo punto come per incantamento che il primo cittadino si stacca da terra e comincia a librarsi nell’aere. È accaduto al sindaco Salvatore Messana, a Michele Campisi ed anzitempo sta succedendo a Giovanni Ruvolo. Solitamente questa assunzione in cielo avviene a metà del mandato quando il potere è consolidato ed anche una certa autorevolezza, se non altro dettata dal ruolo, comincia a prendere realmente corpo. La metafora vuole significare che, quando si comincia a pensare di avere “l’imprimatur ” divino, di non sbagliare mai, che sentire è meglio che ascoltare ; prima o poi si va a sbattere. Perchè dal cielo si cade a terra e più in alto si è arrivati con l’autostima e più precipitosamente si fa una volata verso il basso fino al doloroso impatto con il suolo. Accade che, lo stuolo di ” lecchini e ruffiani del re”, di solito questa situazione di beatitudine del primo cittadino invece di riportarla alla realtà la alimentano, con i famosi rinforzi, in psicologia si chiamano così, attestati di compiacimento e incoraggiamento eccessivo che dannosamente accrescono l’ego, che già soltanto per essere sindaco a volte è smisurato. Nessuno mai oserebbe dire: guardati attorno, vedi quanta insoddisfazione, e neanche un anno è passato dall’elezione, mettiti in discussione, rifletti su ciò che gli altri ti dicono, i tuoi avversari soprattutto, e magari correggi il tiro.

Durante la campagna elettorale in molti hanno creduto al sogno di città, un sogno che nelle parole si concretizzava, a quei sorrisi puliti e smarriti della squadra di neofiti che si sarebbero messi a vangare la terra amministrativa per piantare semi che sarebbero diventati germogli. Forse piacevano tanto agli ingenui ed ai sognatori.Quei sorrisi adesso sono diventati ghigni, a tratti espressioni altere supponenti, in alcuni addirittura saccenti. L’ondata di civismo che ha travolto le anguste austere stanze di palazzo del Carmine avrebbe dovuto cambiare anche l’odore dell’aria di un Comune troppo burocratizzato in mano agli alti vertici dirigenziali. La politica non la si sarebbe più dovuta rimpiangere, invece in meno di un anno si cerca, si anela, ad un ragionamento politico che abbia dietro non solo un progetto ma la concretezza di poterlo realizzare senza dichiarazioni su dichiarazioni, senza errori grossolani di forma e di sostanza.Promesse smentite dal tempo, i lavori della Grande Piazza sono l’esempio più eclatante. Risposte inopportune e scomposte a 21 consiglieri che chiedono per diritto  e vedono scritto nero su bianco il loro risultato elettorale sezione per sezione, documenti che escono dalle stanze preposte per essere pubblicati sui social prima che venvano istituzionalizzati e consegnati ai legittimi interessati. Il civismo non è amministrare alla ” volemose bene”, è condivisione con tutti amici e nemici, maggioranza e opposizione. In altro caso quella si chiama politica, e bisogna anche saperla fare. Chiedere scusa e sorridere è un atto di forza e non di debolezza. A volte bisogna saper leggere non solo i libri, ma anche la gente ed i segni che ciascuno porta addosso. L’istituzione in quanto tale non dovrebbe mai personalizzare. Se tutti, ma proprio tutti, comprendessero che si è di passaggio su questa terra, come nei corridoi di palazzo del Carmine e ciascuno lo ricordasse ogni volta che pensa che gli attacchi sono personali,probabilmente numerosi incidenti di percorso che si sono susseguiti nel corso dei mesi sarebbero stati evitati.

Se ci si convincesse che chiedere consiglio può essere utile a migliorare le cose e che dinnanzi ad un problema ci sono più soluzioni possibili e non solo quella propria , si comprenderebbe come la mediazione ex ante eviterebbe le inutili riunioni conciliatrici ex post. Si potrebbe impostare una dissertazione colta sulla differenza tra fare seriamente le cose e prendersi troppo sul serio quando si riveste un ruolo. Un bel bagno di umiltà sarebbe auspicabile, soprattutto quando si è neofiti e di questa verginità si è fatto vessillo e bandiera del cambiamento, un bel bagno di umiltà quando sino a qualche mese addietro quelli che adesso governano non conoscevano neanche l’odore delle stanze del potere, il colore delle pareti, il numero dei cassetti della scrivania del primo cittadino. Un bagno di umiltà anche nei confronti della politica che per quanto vituperata ha permesso al nuovo di avanzare, un pò di rispetto per chi ha voluto prendere il proprio potere elettorale e regalarlo facendo un salto nel buio. A proposito di politica; spesso rimprovero ad un mio amico segratario di un partito di sottovalutare gli altri. Adesso questa considerazione si potrebbe estendere anche al governo della città. È finito il tempo in cui il popolo bue votava e subiva. Il mondo è cambiato, vengono subito scoperti i principi dell’inganno, i cittadini sono diventati pensanti e non è facile convicerli con discorsi demagogici, e la dimostrazione è che la società civile è entrata nelle stanze dei bottoni. Ma quando si passa al di là del faro ci si mette poco tempo a dimenticare come si stava dall’altro lato. Il voto ormai èdiventato lo strumento fondamentale per giudicare, bocciare o promuovere. Abbiamo visto passare decine di aspiranti politci rampanti spariti nell’arco di una stagione ed outsider che sono arrivati molto in alto. Abbiamo visto tanto in questi anni ed ormai non ci stupiamo più di nulla. Però non ci stancheremo mai di scrivere e raccontare ciò di cui gli altri non si accorgono foss’anche per un solo lettore, l’ultimo, continueremo a scrivere.