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Terra e Libertà: la lezione di Saverio

Michele Spena

Terra e Libertà: la lezione di Saverio

Mar, 24/05/2016 - 19:02

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Fontamara - Guttuso, L'occupazione delle terre incolteCALTANISSETTA – Ad uno ad uno se ne vanno, i combattenti per la giustizia, ci lasciano dopo una vita lunga che ha attraversato la storia, ne hanno scritto alcune righe, qualche pagina, insieme al popolo che sono stati capaci di risvegliare, di organizzare, di appassionare alla politica, di educare alla democrazia.
Saverio Baio Mazzola è stato uno di loro: ci ha lasciato in questi giorni, alle soglie dei 90 anni, e il suo funerale è stato il suo testamento politico e culturale, vivente, per chi poteva leggere nei volti dei tantissimi amici, dei compagni di una vita di battaglie sociali, dei loro figli e dei loro nipoti, le trasformazioni di una società, la nostra, che ha saputo ricostruire dalle macerie della guerra e sollevarsi con orgoglio e determinazione, entrare nella modernità, consapevolmente, superare secoli di sottomissione all’antica Sicilia feudale, che aveva segnato da sempre con la povertà e la violenza la storia del popolo siciliano.
La sua è stata la generazione delle occupazioni delle terre e del sogno della riforma agraria, che facesse vivere, anche in Sicilia, quella Repubblica “fondata sul lavoro” della Costituzione conquistata a caro prezzo, e che sarebbe toccato alla politica, quando ne è stata capace, fare vivere nell’esistenza quotidiana degli Italiani. Soprattutto di quelli esclusi da sempre dal potere, dai diritti, dalla dignità della cittadinanza, dalla libertà. Avevano una “visione” quei ragazzi, e sentivano che finalmente si poteva pensare un mondo diverso e lottare per realizzarlo.
Quella generazione ha sfidato i baroni e i gabelloti mafiosi, in prima persona, senza “twitter” e ribalte mediatiche, portando i contadini ad occupare le terre incolte come la legge del dopoguerra finalmente permetteva, costruendo legami sociali fondati sulla solidarietà, dando vita ad un movimento epico, che in Sicilia ha svolto la stessa funzione della Resistenza partigiana al nord. Con la stessa speranza di libertà, con la stessa passione civile, al di là dell’interesse economico.
In quegli anni la battaglia per la legalità non era una passerella: si combatteva sui latifondi per fare rispettare la legge e riconoscere i diritti dei contadini, dei braccianti, che si ponevano per la prima volta come cittadini a pieno titolo del nuovo Stato democratico, superando un mondo antico che per secoli li aveva schiacciati, con lo sfruttamento del loro lavoro, l’usura, la prepotenza violenta dei padroni.
Saverio ha guidato quelle lotte, da dirigente sindacale e politico; era conosciuto, stimato e voluto bene in tutto il territorio della campagna nissena, quel mondo solido, radicato nel lavoro, che ha costruito lo sviluppo del nostro Paese e ha lavorato per la promozione delle giovani generazioni, perché i propri figli potessero studiare, farsi avanti nella vita, far valere i propri talenti, riscattare i sacrifici e vivere in una società più giusta. Diventare professionisti, intellettuali, dimostrare che era possibile, per chi avesse buona volontà, quello che una generazione prima sarebbe stato impensabile.
Facendo vivere la democrazia, con quelle lotte, con una passione d’amore per il prossimo, per i deboli, per chi non era difeso da nessuno, tipica delle persone che hanno una fede, religiosa e civile, e la coniugano insieme, nella testimonianza vivente di questo amore che è anche la sostanza della buona politica.
Senza uomini come lui non avremmo potuto vivere il nostro benessere di oggi, e non solo per un fattore economico, ma per la lezione di dignità civile che quelle battaglie hanno costruito nella coscienza di milioni di persone, che hanno imparato a non togliersi più il cappello davanti al padrone, e ad alzare lo sguardo con la fierezza dei propri diritti e la forza serena dell’onestà del proprio lavoro.
Avere insegnato ad un intero popolo a non dire più “voscenza” con gli occhi bassi di fronte al potente di turno è la lezione più importante che ancora oggi ci interroga, e ci convoca, per continuare nelle condizioni di oggi a testimoniare la forza della speranza con la determinazione dell’impegno.
Non è facile, neanche oggi, e i vincoli delle nuove subalternità rischiano di soffocarci ancora, nella precarietà del lavoro, nell’erosione continua ai diritti, nella paralisi della mobilità sociale che sta riportando indietro le nuove generazioni, che non riescono a costruirsi una vita migliore di quella dei loro genitori e perdono il senso del futuro inseguendo la sopravvivenza presente nella “società liquida” in cui ogni giorno siamo costretti a ridefinire le nostre identità, se ci riusciamo. E spesso la libertà viene vissuta soltanto come libertà di astenersi, dal voto come dall’impegno. La libertà del vuoto.
Per questo la memoria di esperienze come quelle di Saverio Baio Mazzola è un patrimonio comune, da condividere, da alimentare, da testimoniare nella contemporaneità. Non possiamo permettere che siano sommerse e dimenticate, con i valori che le hanno accompagnate e che ne hanno fatto “religione civile”, almeno per alcuni anni, del nostro Paese.
L’alternativa sarebbe una “secolarizzazione” della politica che svenderebbe al ribasso quei valori in nome dell’egoismo organizzato dei poteri forti. Non possiamo permettercelo.

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