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Gli archivi del sovversivismo nisseno. Presentata ricerca dello storico Matteo Dalena

Redazione

Gli archivi del sovversivismo nisseno. Presentata ricerca dello storico Matteo Dalena

Dom, 24/04/2016 - 17:46

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13072947_1007570382642881_2113292028_oSOMMATINO – Li chiamavano cattivi, depravati, con scarsa propensione al lavoro e alla fatica, insensibili verso i doveri dello Stato, delinquenti con «poca speranza di correggibilità». Un fosco passato ancora tutto da decifrare emerge dagli archivi riguardo al sovversivismo nisseno. Su 6.505 nisseni schedati nel Casellario Politico Centrale – dal 1894 organo di controllo e schedatura degli affiliati ai partiti sovversivi pericolosi per l’ordine e la sicurezza pubblica, particolarmente zelante nel periodo fascista – 485 erano nati o risiedevano nell’allora provincia di Caltanissetta. L’analisi delle singole cartelle biografiche, portata a termine dallo storico e giornalista cosentino Matteo Dalena, ha rivelato che i poli del sovversivismo rosso nisseno erano su tutti Sommatino con 104 schedati, Caltanissetta con 102, Riesi con 43, Serradifalco 39, San Cataldo con 27. L’attenzione dello storico cosentino si è concentrata però sul dato sommatinese, con forte prevalenza di zolfatai (circa 1/3 del totale) quasi tutti impiegati nella miniera Trabia-Tallarita. Si tratta in prevalenza di comunisti (60 schedati) o più genericamente antifascisti (33 schedati) e nella maggior parte dei casi iscritti alla rubrica di frontiera. Ciò denota linee di emigrazione molto forti dirette oltre le Alpi e in particolare nei dintorni di Grenoble: in tal senso chi non era comunista prima della partenza lo diventa oltralpe, venendo inglobato da quelle reti parentali, di vicinato o lavorative instaurate dai pionieri dell’emigrazione. Ma il dato più importante venuto alla luce dalla ricerca dello storico calabrese è l’esatta configurazione del sovversivismo sommatinese nel 1936. Il sequestro di uno scritto a contenuto sovversivo filo-bolscevico scritto dal poeta Alfonso Incardona fa scattare un’ondata di arresti in tutto il paese. Dagli interrogatori emerge l’esistenza di una “combriccola” dedita alla propaganda e alla sedizione che si riunisce nella bottega del falegname Salvatore Auria oppure in casa del padre Benedetto, o ancora nella bettola gestita dalla moglie Nunzia Ribellino. Sono i luoghi dove si forma e fomenta un’opinione da trasferire attraverso la propaganda all’interno delle miniere. Vengono ritrovati infatti dalla polizia politica dei simboli comunisti su di un vagoncino per il trasporto dello zolfo realizzati dagli stessi zolfatai comunisti col fumo delle lampade acetilene che ogni lavoratore aveva in dotazione per proteggersi dalla presenza di gas grisoù. Benedetto Auria, il figlio Salvatore, Alfonso Incardona, Giovanni Vendra, Calogero Diana, Calogero Messina, possono dirsi “padri” della sovversione rossa che poi sfocerà nella lotta partigiana. Questo e molto altro alla base della mostra documentaria “E poi ci chiamano cattivi…” curata da Matteo Dalena e che da oggi sarà in esposizione presso Palazzo Trabia, grazie al lavoro dell’associazione “Filippo Terranova” , delle sezioni ANPI di Sommatino, Riesi e San Cataldo, con il patrocinio dell’amministrazione comunale e del Sindaco Crispino Sanfilippo. «Con questa mostra documentaria ho inteso innanzitutto rendere la sofferenza e la fatica scolpita nei volti e nelle storie dei sovversivi nisseni – ha detto Dalena – gente letteralmente rovinata da abusi e soprusi fisici e amministrativi subiti soprattutto nelle miniere e la cui insofferenza è alla base della sovversione rossa che sfocerà nella grande Resistenza».