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La verità di Antonello Montante in un memoriale: “Bersaglio di mafiosi ed ex amici”

Redazione

La verità di Antonello Montante in un memoriale: “Bersaglio di mafiosi ed ex amici”

Ven, 22/01/2016 - 22:19

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imageCALTANISSETTA – Hanno cominciato alle 8 del mattino con la villa di Serradifalco in cui Antonello Montante abita, a pochi chilometri da Caltanissetta, poi con gli uffici della Camera di commercio che preside, poi con quelli dell’Unioncamere, mentre altri agenti a Palermo attendevano i dipendenti di Confindustria Sicilia all’orario di apertura degli uffici a due passi dal porto: «Abbiamo un mandato di perquisizione. Dobbiamo controllare cassetti e computer del vostro presidente». E’ cominciata così la giornata più lunga del cavaliere Montante, titolare di aziende per bici di lusso e ammortizzatori ferroviari, responsabile nazionale del settore legalità degli imprenditori italiani, da un anno sotto inchiesta, ma con la fiducia mai revocata del presidente Giorgio Squinzi. Una giornata continuata con perquisizioni ad Asti e Milano, sedi di altre attività imprenditoriali e di abitazioni, tutte visitate. Senza scuotere troppo il diretto interessato, stupito da alcuni scarni riferimenti contenuti nelle due pagine del mandato. Soprattutto nel punto in cui si fa riferimento ad un suo vecchio amico di Caltanissetta, Massimo Romano, titolare di alcuni supermercati, al quale lo stesso Montante nel novembre 2014 avrebbe chiesto di cambiare una grossa somma «da 100 a 300 mila euro» di banconote da 500 euro in altre di piccolo taglio.
La verità in un memoriale
«Ma è una follia, una bugia, non ho mai chiesto una cosa simile a Romano, non l’ho mai fatto», spiega Antonello Montante a Corriere.it apprendendo quanto dichiarato da questo suo ex amico «tra molte reticenze», come annotano il procuratore aggiunto di Caltanissetta Lia Sava e il sostituto Stefano Luciani, i titolari dell’inchiesta che indagano per capire se Montante ha creato «risorse economiche occulte». Anche sotto questo aspetto la posizione di Montante, rimasto a Milano è netta: «Questa storia dei soldi è una grandissima minchiata. E se l’avessi saputo a febbraio quando sono uscite le indiscrezioni sull’inchiesta avrei nominato un avvocato come ho fatto adesso. Anzi, finalmente potremo vedere di cosa si tratta. E metterlo a confronto con il mio memoriale che sto consegnando a chi perquisisce e ai magistrati: un libro sui miei 19 anni di antimafia vissuti accanto allo Stato, alle istituzioni, favorendo chi accettava le regole della legalità e mettendo da parte chi le ostacolava. E adesso questi ultimi mi si rivoltano contro, realizzando una convergenza di interessi fra mafia e colletti bianchi. Gli stessi colletti bianchi da me denunciate alle procure».
Bersaglio di mafiosi ed ex amici
Davanti all’ipotesi di concorso in associazione mafiosa sono certi di chiarire tutto i legali scelti da Montante, l’avvocato cresciuto nel vecchio Partito comunista, Nino Caleca, e Marcello Montalbano: «Daremo ogni contributo all’indagine». Lo dicono sfogliando l’elenco delle società perquisite: Mediterr Shoch Absorbers (Caltanissetta, Serradifalco, Asti), Gimon (Serradifalco e Castel’Alfero), Hasta Magi Tecnolgie (Serradifalco e Asti), Alechia (Caltanissetta), Ap Consulting (Milano). Ovunque carte sequestrate e pen drive caricate con memorie compiate dai computer. A caccia di un passato che, secondo gli avversari di Montante, prende le sembianze di Vincenzo Arnone, un boss di Serradifalco, figlio di Paolino Arnone, storico padrino morto suicida nel carcere di Caltanissetta nel 1992. Proprio Vincenzo Arnone fu testimone di nozze di Montante, quando l’attuale presidente di Confindustria Sicilia aveva 17 anni. A parlare di «relazioni pericolose» è stato il pentito Salvatore Di Francesco, altro mafioso di Serradifalco, ex dipendente dell’Asi, l’area di sviluppo industriale, dove si sarebbe occupato della gestione degli appalti per conto di Cosa Nostra. Ed è all’interno dell’Asi che Montante è diventato bersaglio di un suo ex amico, Alfonso Cicero, e dell’ex assessore regionale all’Industria Marco Venturi, entrambi diventati pilastri di un’accusa finora non chiara.
A marzo il successore
Ma la plateale sequenza di perquisizioni di un pesantissimo venerdì potrebbe forse dare elementi più certi per rafforzare le accuse o scagionare l’indagato. Un nodo che riguarda direttamente i vertici di Confindustria e tanti colleghi di Montante ai quali l’interessato si rivolge: «Con loro, con i colleghi onesti che vivono di vero mercato, non di mercato assistito o di solo mercato pubblico abbiamo alzato il livello della lotta a favore della legalità». Una partita aperta. Ancora per molto. Almeno per il tempo necessario ad esaminare a Caltanissetta quanto trovato e copiato da Asti a Serradifalco. Mentre gli industriali siciliani sono già in campagna elettorale visto che entro marzo debbono designare comunque per scadenza naturale il successore di Montante per tanti anni simbolo del riscatto contro mafia e racket con Ivan Lo Bello e tanti altri imprenditori di trincea.
Felice Cavallaro – Corriere.it

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