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Caltanissetta, disegno di legge sui liberi consorzi e sulle città metropolitane: alcune criticità da superare

Redazione

Caltanissetta, disegno di legge sui liberi consorzi e sulle città metropolitane: alcune criticità da superare

Gio, 05/03/2015 - 17:35

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CALTANISSETTA – La versione governativa del 22/02/2015 del “Disegno di legge sui liberi consorzi e sulle città metropolitane” presenta delle criticità e delle incongruenze sostanziali da evidenziare  fortemente al fine di correggere, mediante opportuni emendamenti, la bozza attualmente in trattazione presso la Commissione Affari Istituzionali dell’Ars.

 Si riassumono qui di seguito alcune criticità che, a parere degli scriventi, devono necessariamente essere superate:

 All’art. 25 del disegno di legge, che norma l’osservatorio Regionale, si dovrebbe attribuire allo stesso:

  1. l’obbligo di fissare i criteri generali afferenti le attività che dovranno svolgere le nove (tre delle città metropolitane e sei dei liberi consorzi) delegazioni trattanti al fine di predeterminare i criteri per l’individuazione del personale in esubero (art. 40 del disegno di legge) per uniformare le procedure;
  2. l’obbligo di predeterminare specifiche tabelle di equivalenza delle categorie e/o profili professionali a fini della mobilità obbligatoria o volontaria delle risorse umane tra amministrazioni diverse;

Il comma 3 dell’art. 27 del disegno di legge toglie ai Liberi Consorzi ed assegna ai Comuni l’edilizia scolastica degli istituti d’istruzione di secondo grado. Tale previsione risulta manifestamente illogica in quanto proprio tali strutture scolastiche hanno la caratteristica della sovracomunalità, confermata dalla stessa Legge Del Rio che, a livello nazionale, lascia agli Enti di Area Vasta (ex Province) tale funzione. Basti pensare, infatti, alle difficoltà cui potrebbero andare incontro i Comuni che in aggiunta ad asili, scuole elementari e medie, dovrebbero occuparsi anche delle scuole superiori.

Il concetto di “stazione appaltantedell’art. 30, comma 3, del disegno di legge dovrebbe essere correlato esclusivamente a quello di centrale di committenza come prevista dall’art. 33, comma 3-bis, del D.Lgs.vo 163 del 12 aprile 2006 e ss.mm.ii., prescindendo da qualsivoglia “intesa” ad eccezione dei Comuni capoluogo di provincia  con i quali il libero consorzio avrebbe la facoltà di trovare la prevista intesa.

Ma l’aspetto più grave riguarda l’art.40 del disegno di legge in questione. Tale articolo, infatti, introduce in Sicilia l’applicazione dell’art. 1, comma 421, della Legge 190/2014 e un siffatto “esercizio legislativo” non può che suscitare delle perplessità in chi legge,  attesa la pratica applicazione dello stesso. L’anzidetto comma della legge di stabilità 2015, infatti, prevede che “La dotazione  organica  delle  citta’  metropolitane  e  delle province delle regioni a statuto ordinario e’ stabilita, a  decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, in misura  pari alla spesa del personale di ruolo alla  data  di  entrata  in  vigore della legge 7 aprile 2014, n.  56,  ridotta  rispettivamente,  tenuto conto delle funzioni attribuite ai predetti enti dalla medesima legge 7 aprile 2014, n. 56, in misura pari al 30 e al 50 per cento…….” ed il disegno di legge regionale, richiamandolo pedissequamente,  ignora il significato di quanto scritto e di quanto il legislatore nazionale ha fatto in merito (o sta per fare)..  Nella norma il riferimento al taglio del 50% per le province è fissato “tenuto conto delle funzioni attribuite ai predetti enti dalla medesima legge 7 aprile 2014, n. 56e cioè delle funzioni delle ex Province private dei servizi di: polizia provinciale, formazione professionale, motorizzazione civile ed Uffici per l’Impiego da trasferirsi alle regioni a statuto ordinario (funzioni in cui l’incidenza delle risorse umane è altissima).In Sicilia, per converso, valutando le funzioni in atto svolte dalle ex province regionali e quelle che si vorrebbero trasferire con il d.d.l., risulterebbe improponibile in quanto in violazione del principio di coerenza, iniqua ed oltremodo sproporzionata nella previsione del 50%. Nei fatti, oltre che prevedere l’assegnazione di ulteriori funzioni e servizi, sarebbe letteralmente dimezzato il personale dei servizi svolti oggi dalle province e che dovranno essere svolti domani dai liberi consorzi, aggravando ancor di più la funzionalità dei servizi stessi, atteso che ormai sono circa 20 anni che non si eseguono nuove assunzioni. Inoltre, il legislatore nazionale tra Legge 56/2014, Legge 190/2914 e cosiddetta circolare Madia già si adopera per obbligare le regioni ad allargare le dotazioni organiche in relazione all’esigenza di accogliere il personale da trasferire insieme alle funzioni, mentre nel disegno di legge sotto tale aspetto non viene offerta alcuna indicazione ne certezza, semmai, asetticamente, vengono trasferite alcune funzioni dalle ex Province ai Comuni ed alla stessa Regione senza imporre che le risorse umane ad esse assegnate debbano seguire le funzioni stesse. Insomma il caos. A tal fine si fa appello all’intera deputazione regionale affinché si analizzino le criticità evidenziate a tutela del patrimonio umano delle tanto vituperate Province. In ultimo, senza voler operare alcuna interferenza nel campo squisitamente politico, si ritiene di suggerire la previsione che il Presidente del libero consorzio (art. 4 del disegno di legge) possa essere eletto democraticamente dalla popolazione del territorio consortile, fermo restando che i soggetti candidabili possano essere solo i sindaci e/o i consiglieri comunali dei comuni consorziati. Ciò consentirebbe l’automatico riconoscimento a livello europeo di autonomia locale, come previsto dalla Carta Europea delle Autonomie Locali, firmata a Strasburgo il 15/10/1985 e ratificata in Italia con Legge 30/12/1989 n. 439, e la consequenziale facoltà di accesso diretto ai  programmi e/o fondi europei.

Dare la possibilità alle collettività locali, al di fuori dei comuni e/o delle città metropolitane, di accedere direttamente alle opportunità comunitarie sarebbe auspicabile al fine di creare nel territorio siciliano quella sana competitività necessaria per l’accrescimento territoriale locale, che esuli dall’esclusiva facoltà (oggi un vero e proprio imbuto) riservata ai competenti uffici della Regione Siciliana. Basti ricordare, infatti, l’enorme consistenza dei fondi europei non spesi ad oggi in Sicilia ed il drammatico rischio della revoca degli stessi.

Michelangelo Polizzi, Maria Stella Pastorello, Rino Bellavia

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