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Sentinelle in Piedi, lettera al vescovo: “Ecco perchè scendiamo in piazza”

Redazione

Sentinelle in Piedi, lettera al vescovo: “Ecco perchè scendiamo in piazza”

Gio, 13/11/2014 - 09:52

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veglia_delle_sentinelle_in_piedi_CALTANISSETTA – «Eccellenza Reverendissima, Abbiamo letto con interesse e rispetto la lettera che Le è stata inviata in merito alla manifestazione delle Sentinelle in piedi.
Premesso che le Sentinelle in piedi comprendono credenti e non credenti, e cattolici e non cattolici – alle nostre veglie partecipano evangelici, musulmani, ebrei – e svolgono la loro azione su un piano civico e non confessionale, a Caltanissetta chi promuove le Sentinelle è cattolico. In
quanto cattolici, naturalmente, rifiutiamo e condanniamo i libri che contestano la persona e l’opera del Santo Padre, ai cui insegnamenti aderiamo con filiale devozione.
Posso assicurarLe che sia a Caltanissetta sia altrove le Sentinelle abbracciano di tutto cuore l’esortazione del “Catechismo della Chiesa Cattolica” ad accogliere le persone omosessuali con “rispetto, compassione e delicatezza, evitando ogni marchio d’ingiusta discriminazione” e l’appello di Papa Francesco a non giudicare le persone omosessuali in quanto persone. Si tratta di insegnamenti saggi e provvidenziali, che ci sentiamo di proporre – in quanto fondati sul buon senso e sulla dignità della persona – anche a chi partecipa alle veglie delle Sentinelle senza essere cattolico.
Perché, allora, scendiamo in piazza? Per due ragioni. La prima, perché siamo preoccupati per le disposizioni del disegno di legge c.d. Scalfarotto sull’omofobia che puniscono, anche con pene detentive, non solo le violenze e le minacce agli omosessuali – che, e questo deve essere chiaro,
consideriamo assolutamente giusto punire, applicando pure quando ne ricorrono le condizioni le aggravanti previste dalla legge – ma anche la semplice espressione di opinioni considerate discriminatorie. Il carattere vago della norma espone tutti al rischio che si creino delitti di
opinione e si reprimano la libertà di espressione e anche la libertà religiosa.
La seconda ragione è manifestare la nostra contrarietà al «matrimonio» e alle adozioni omosessuali, e anche a forme che, pur non chiamate esplicitamente «matrimonio», al matrimonio siano di fatto identiche. Non siamo invece contrari – e anche questo deve essere chiaro – al riconoscimento a chi è impegnato in una convivenza omosessuale di diritti individuali di carattere amministrativo e patrimoniale, peraltro in Italia in gran parte già garantiti, dal diritto alla visita in ospedale e in carcere fino al subentro nel contratto di affitto, che sono evidentemente cose diverse dal «matrimonio» omosessuale e da quelle forme in tutto uguali al matrimonio tranne che nel nome che il cardinale Bagnasco ha definito questa settimana un «cavallo di Troia» per introdurre nel nostro ordinamento una ridefinizione del concetto di famiglia.
La nostra posizione coincide con quella espressa dal Sinodo dei vescovi nel paragrafo 55 della Relazione finale che, se pure non ha raccolto il consenso dei due terzi dei padri sinodali, ha comunque raccolto la maggioranza assoluta: «: “Non esiste fondamento alcuno per assimilare ostabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”. Nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza».
Assicuriamo a Lei e anche alla Sua gentile corrispondente che quella di coniugare l’accoglienza delle persone omosessuali con rispetto e delicatezza e il rifiuto di qualunque assimilazione, «anche remota», fra unioni omosessuali e matrimonio è una sfida che proponiamo a noi stessi e a chi partecipa alle nostre veglie ogni giorno. Chi siamo noi per giudicare le persone omosessuali in quanto persone? Ma chi siamo noi per non esaminare criticamente e giudicare le leggi che sono proposte in Parlamento, venendo meno al nostro dovere di cristiani e di cittadini?
Con deferente ossequio

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