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La lettera aperta. “Dittatori del postmoderno?”

Redazione

La lettera aperta. “Dittatori del postmoderno?”

Ven, 08/03/2013 - 22:59

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CALTANISSETTA – Un’Europa che ha rinunciato a se stessa, che si sta uccidendo, che sta abbandonando il suo ruolo egemone, politico, ideologico, culturale sul resto del mondo, sta precipitando verso la catastrofe e pochi sono i cattolici o non cattolici che riescono a intuire la tragedia verso cui si marcia.
Così lo storico Scoppola commentava gli anni ’30 del Novecento del nostro continente. Non mi pare molto distante dal nostro oggi storico e per molte vicende dalla situazione italiana di queste settimane post voto.

La realtà pare assai ingarbugliata e bene si è detto quando il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, è stato descritto come un faro, molto probabilmente l’unico, in questa nebbia più che fitta.

Nondimeno siamo chiamati a leggere e interpretare il risultato elettorale alla luce di quello che realmente è avvenuto: crollo di consensi per i grandi e certi aspetti storici partiti come il PD e il PDL; ma anche contemporanea scomparsa quasi definitiva di altre forze minori guidate da leader altrettanto storici come Fini, Casini, Di Pietro ecc. Tutto questo è avvenuto a vantaggio e per merito del vero e indiscusso terzo polo che è sorto pare in maniera definitiva: il Movimento 5 Stelle di Grillo e di Casaleggio.

È indubbio che la politica italiana mostri ormai da tempo segni di insofferenza e volontà di cambiamento. Come è altrettanto fuori discussione che sia giunto il momento di cambiare definitivamente i partiti agenti nel sistema politico italiano da realtà oligarchiche a espressioni più dirette, democratiche e condivise da parte dei cittadini. Tutto questo, che in maniera indiscussa rappresenta il cavallo rampante della comunicazione grillina, non può in maniera assoluta e categorica giustificare lo scompenso dell’equilibrio tra le forze e le rappresentanze che si consuma e si vive in una forma di Stato e comunità politica di tipo democratico. Ovvero il necessario e vitale ricambio e rinnovamento dell’esistenza democratico – politica del nostro Paese non può in alcun modo e neppure temporaneamente oscurare, seppur in maniera limitata, la stessa dimensione partecipativa e libera dell’atto politico.

È raggelante, e non romantico, pensare che il tempo odierno è solo minimamente accostabile agli anni ‘30 del Novecento. Per il semplice fatto che in quegli anni in diverse nazioni europee – su tutte Germania, Italia e Russia – covava o prendeva definitivamente piede una gestione dittatoriale della comunità politica che ha condotto a conseguenze a tutti note. Proprio in quegli anni i fautori di tali regimi si presentavano come il reale cambiamento, come coloro che erano in grado di interpretare veramente la politica del futuro ponendosi in maniera del tutto diversa e contrapposta alle altre forze democratiche e liberali. Nell’Europa dello scorso secolo sono già risuonate espressioni come: “I partiti sono morti” oppure “Noi non facciamo alleanze con nessuno” o ancora “Noi non siamo come loro. Essi sono morti”.

Pare evidente che la forza comunicativa di Grillo alimentata dal pensiero di Casaleggio non possieda e non desidera rappresentare la mistica tipica dei totalitarismi del XX secolo o lo squadrismo ad essi connesso. Ma non possiamo trascurare che mentre tali sistemi sorsero come deriva estrema delle rovine della modernità antropologico – filosofica; oggi siamo in un paradigma culturale definito con l’espressione post modernità nella quale le peculiarità strutturali sono l’indifferentismo, il relativismo, l’individualismo. Tutte dimensioni che sono riscontrabili in un apparato apartitico come quello grillino dove coesistono forze e tendenze opposte e contrastanti ma che nel profetismo anticasta trova una tetra unità. Attualmente possiamo solo sussurrare pubblicamente e in privato, o metterci la pulce nell’orecchio circa la deriva dittatoriale che potrebbe esserci per via dei metodi usati dal Movimento 5 Stelle. Ma la domanda dobbiamo farcela con la consapevolezza che il rischio dell’affacciarsi di una proposta del genere non può essere classificabile alla maniera storico – culturale della fine della modernità; bensì con le caratteristiche dell’attuale post modernità.

È pur vero che la nostra storia repubblicana ha conosciuto proprio all’indomani del secondo conflitto mondiale la presenza di un movimento “anticasta” di grande successo come quello dell’Uomo Qualunque fondato, guarda caso, da un commediografo come Guglielmo Giannini. Quell‘espressione politica in breve tempo scomparve risucchiata proprio da quei meccanismi di equilibrio democratico che sapientemente i nostri padri costituenti avevano previsto. Allora eravamo a ridosso della fine dei lavori che portarono alla nostra costituzione. Ovvero c’era la consapevolezza dei contenuti e dei messaggi fondanti la nostra Patria provenienti da una parentesi storica come la seconda guerra mondiale che portò ad una riscrittura della forma democratica con la costituente. Oggi quella lezione è ancora così presente, lucida e fissa nella mente e nel cuore dei politici e dei cittadini italiani? Se lo fosse realmente, saremmo in grado di capire che una riforma strutturale per i partiti e per la democrazia dell’Italia sia già insita nel dettato costituzionale.

Questa piena consapevolezza come atto dovuto alla storia della nostra Italia dovrebbe farci restare indenni da eventuali derive dittatoriali postmoderne.

Rocco Gumina

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