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Caltanissetta, “il più contiene il meno”: intricato processo in cui 67enne nissena “prevale” sull’Inps

Redazione

Caltanissetta, “il più contiene il meno”: intricato processo in cui 67enne nissena “prevale” sull’Inps

Ven, 02/02/2024 - 19:08

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Nel tribunale di Caltanissetta si è svolta un’intricata vicenda legale, a conclusione della quale una sessantasettenne di Resuttano, ha ottenuto il “più che contiene…il meno”, riuscendo a “prevalere” sull’Inps.

Riavvolgiamo il nastro e ripercorriamo il procedimento avviato dal compianto avvocato giuslavorista Salvatore D’Agostini (a destra nella foto), nel 2019.  Il legale aveva presentato contro l’INPS un ricorso per il riconoscimento della signora al diritto a percepire l’indennità di accompagnamento. Il medico nominato in giudizio, tuttavia, aveva ritenuto la donna non meritevole dell’accompagnamento ma senz’altro meritevole dell’assegno mensile. Il Giudice aveva aderito alle conclusioni del medico.

L’avvocato Ileana Di Maria (a sinistra nella foto), nel frattempo subentrato quale nuovo difensore della signora a seguito del decesso del suo mentore Salvatore D’Agostini, aveva a questo punto richiesto all’INPS, che aveva rifiutato, il pagamento di quanto spettante alla sua assistita. Difatti, nel ricorso era stata domandata solo l’indennità di accompagnamento e non anche l’assegno mensile. L’INPS giustificava inoltre il suo rifiuto affermando come la signora avesse superato l’età anagrafica massima, 67 anni, per poter beneficiare dell’assegno mensile.

L’avvocato Di Maria aveva, allora, presentato ricorso al Tribunale di Caltanissetta sez. lavoro, perché accertasse il diritto della donna a beneficiare dell’assegno mensile sulla base del principio espresso con sentenza n. 17452 del 2014 della suprema Corte di Cassazione. Il cosiddetto principio del “più contiene il meno”, un orientamento poco menzionato, per cui la domanda della prestazione maggiore contiene implicitamente al suo interno quella minore.

La richiesta di indennità di accompagnamento contenuta nel ricorso a suo tempo presentato includeva e sottintendeva quella all’assegno mensile. L’Avvocato Di Maria aveva inoltre chiarito come la donna, ormai 67enne, al momento della proposizione della domanda amministrativa non avesse affatto superato l’età massima per poter beneficiare dell’assegno ma avesse precisamente 66 anni e 11 mesi per cui l’INPS avrebbe dovuto riconoscerle l’assegno mensile, per poi al compimento dei suoi 67 anni, come previsto dalla legge, automaticamente trasformare l’assegno mensile in assegno sociale.

La conclusione del lungo iter giudiziario ha arriso alla ricorrente. Il Giudice ha affermato come non possa essere messo in discussione il diritto della 67enne alla prestazione assistenziale richiesta, e ha pertanto accolto il ricorso condannando l’INPS.

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