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Ucraina. Giovanni Guarino, nisseno volontario Graf: “È una guerra orribile, serve la collaborazione di tutti”

Marcella Sardo

Ucraina. Giovanni Guarino, nisseno volontario Graf: “È una guerra orribile, serve la collaborazione di tutti”

Ven, 18/03/2022 - 10:51

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Caltanissetta dista da Kiev 3237,3 km, un po’ meno se si passa via mare da Bari. Sembra una distanza apparentemente infinita ma, dopo le immagini e i racconti di guerra che da oltre 20 giorni invadono tutti i media, l’Ucraina non è mai stata così vicina.

Non si tratta di un legame geografico ma, soprattutto emotivo. Da quando l’invasore ha superato i confini nazionali la popolazione ha iniziato a fuggire via, a mettere in salvo le donne, i bambini, i malati. E gli uomini sono rimasti al fronte, hanno costruito trincee, hanno messo in atto una resistenza all’esercito russo.

Da Caltanissetta sono partite campagne di sensibilizzazione, raccolte di alimenti e viveri ma anche disponibilità ad accogliere famiglie di profughi.

Tra queste associazioni che sostengono e coordinano la prima accoglienza c’è anche il gruppo Graf (gruppo di accoglienza familiare) che ha messo in atto una rete di supporto composta da traduttori, psicologi e tante persone che hanno aperto le loro case pronti ad accogliere chi avrà bisogno di un rifugio sicuro. Al momento nella provincia nissena sono arrivate già una quindicina di profughi.

Abbiamo raggiunto uno dei loro volontari Graf, Giovanni Guarino, che da qualche giorno si trova in Polonia, al centro di emergenza di Przemysl, al confine con l’Ucraina. La connessione internet è instabile, riusciamo a parlare con lui soltanto attraverso messaggi vocali. Ha una voce stanca ma un timbro deciso e sicuro di essere al posto giusto e di fare il suo dovere in qualità di “essere umano”.

“È una guerra orribile, basta guardarsi attorno per vedere il disastro”. E non si riferisce soltanto all’accoglienza che è stata magistralmente messa in atto da volontari e Crisis Manager di rinomata esperienza sul campo, come ad esempio Gianni Marchegiani, presidente dell’Isfo e responsabile del raggruppamento operativo emergenze di Roma in missione come volontario. L’aggettivo è riferito a ciò che succede dall’altro lato del confine.

“Arrivano persone che hanno perso tutto, senza più casa, relazioni, affetti. Arrivano distrutte dalla fatica per aver viaggiato a lungo, magari anche a piedi, al freddo e con poche riserve di cibo. Arrivano da noi con poche aspettative che, però, per loro sono vitali”.

Cercano un’accoglienza basilare fatta di cibo, un luogo dove poter dormire anche solo una notte e la speranza di poter prendere un autobus per partire per un altro paese dell’Unione Europea, dove magari hanno delle conoscenze o dove non conoscono nessuno ma desiderano di poter ripartire da capo. In un luogo dove non suonano di notte le sirene di allarme, dove non piovono bombe dal cielo, dove non bisogna restare rifugiati nei bunker.

“Io cerco di darmi da fare come posso mettendomi completamente a disposizione della macchina operativa e dei profughi. E non potresti fare altro perché anche solo guardarti intorno ti si innesca dentro un impulso ad agire. Basta vedere come è stato allestito questo campo, con i suoi circa 12mila posti letto e le persone che arrivano a gruppi di 200-300, spesso di notte, protetti dal buio. Perché ciò che vedi è terribile e la cosa peggiore è che queste tragedie non dovrebbero nemmeno esistere, nessuno pensava di poter vivere una cosa del genere” ha proseguito Giovanni Guarino.

Il suo racconto è intervallato da qualche fotografia scattata nel campo, in uno dei quattro capannoni che sono stati allestiti. Mostra quello dove è stato collocato, l’area Italiana, mostra una brandina in mezzo al grande capannone, è il “suo” letto per i prossimi 15-20 giorni perché ha confermato la sua presenza in Polonia almeno fino alla fine del mese. “Poi si vedrà” ha commentato lasciando in sospeso la frase. La speranza rimane sempre quella che la diplomazia faccia il suo corso e riesca a interrompere la guerra, a dichiarare il cessate il fuoco e che il centro di prima accoglienza possa essere chiuso e smantellato per mettere in atto un altro tipo di soccorso. “I volontari vanno e vengono, c’è chi torna, c’è come me che resta perché ha deciso di dedicare il proprio tempo a questo disastro. Qui c’è gente che arriva, disperata. Persone di tutti i livelli culturali, gente che talvolta non ha nemmeno la competenza di sapersi organizzare, di parlare un’altra lingua oltre quella ucraina o che conosce soltanto i caratteri dell’alfabeto cirillico, quelli presenti anche nei loro documenti di riconoscimento. Qui non si tratta soltanto di una perdita di beni materiali, qui c’è gente che ha perso i propri cari o la speranza di un futuro”.

La macchina organizzativa è ben rodata. Le persone arrivano nel campo e vengono registrate. Poi vengono smistate in uno dei capannoni, l’Italia è l’unica nazione ad avere un’area riservata. Lì i profughi vengono nuovamente registrati e assegnato loro un letto dove dormire, un supporto medico se necessario, del cibo e disposto il trasferimento con un autobus. “Cerchiamo di comprendere chi sono, dove vogliono andare, come poterli aiutare a raggiungere la loro meta o, almeno, il luogo più vicino alla città di destinazione. I pullman non fanno tappe. Partono dalla Polonia e arrivano in una precisa città e poi da lì possono decidere se andare via, magari perché hanno già dei contatti, o essere presi in carico da altre associazioni che, come la nostra, coordina la seconda accoglienza.

Cerchiamo di fare il nostro meglio per loro. E il nostro supporto qui al confine con l’Ucraina è importante tanto quanto quello che stanno facendo nel resto del mondo”.

Senza scorte di viveri, indumenti o materiale sanitario, infatti, non sarebbe possibile garantire una così efficiente accoglienza. Senza trasportatori, pullman o persone pronte ad accogliere nelle loro case i profughi o contribuire al loro sostentamento queste persone sarebbero per due volte vittime: della guerra voluta dai russi e dall’indifferenza del resto del mondo.

Il Graf Caltanissetta invita chi volesse contribuire alla rete di solidarietà a contattare il referente Alessio Matraxia al numero +39 373 717 5526.

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