MUSSOMELI – “Ricordo
si, ma anche verità e conoscenza dei fatti storici. Nei giorni passati l’ANPI
ha appreso a mezzo stampa della notizia che a Mussomeli, proiettati
elettoralmente e travolti dall’emozione del ricordo del proprio concittadino Bellanca
Giovanni, guardia di pubblica sicurezza disperso nel confine orientale nel maggio
del 1945 che dopo l’8 settembre 1943, aderì volontariamente alla RSI (Repubblica
Sociale Italiana), si stia valutando l’idea di intitolare una pubblica piazza alle
vittime delle foibe. Settimane antecedenti il 10 febbraio, Giorno del Ricordo,
il Comitato Provinciale dell’ANPI – Associazione Nazionale Partigiani d’Italia,
ha inteso fare chiarezza inviando una nota a tutte le Amministrazioni comunali
della provincia, sul prestare la massima attenzione a promuovere iniziative nei
propri territori quali intitolare spazi, piazze, edifici e pubbliche vie a
personaggi che hanno palesemente aderito al regime fascista, collaborando con
gli alleati nazisti. Azioni che dal punto di vista storico potrebbero essere in
contro corrente con la nostra Carta Costituzionale e i valori fondativi della
Repubblica. Non è in discussione il giudizio relativo al dramma delle foibe,
che riguarda l’uccisione di un ancora imprecisato numero di persone senza
processo o con un processo sommario. Ma proprio questo giudizio sollecita la
necessità di approfondire la ricerca storica su chi, perché, quanti e quando
sono stati vittime, e chi, perché, quanti e quando sono stati carnefici. L’associazione
infatti valuta che siano già stati commessi abbastanza “errori” dalle nostre
Istituzioni locali nell’attribuzione di intitolazioni di pubblici spazi. Questo
perché con superficialità si sono condotte delle ricerche storiche su queste personalità,
non tenendo conto che dietro alla crudeltà dell’infoibamento da parte dei partigiani
jugoslavi, c’è stata una chiara ed espressa volontà, quindi una scelta personale,
di aderire e sostenere l’oppressione nazifascista in quei martoriati territori
e le conseguenti politiche espansionistiche e di dominio basate sui crimini di
guerra contro la popolazione civile. Infatti dopo l’Armistizio dell’8 settembre
del 1943 a differenza di molti colleghi, più di ventimila che sul confine
orientale hanno deciso di unirsi alla Resistenza e di liberare l’Italia e
l’Europa dalla dittatura nazifascista, questi soggetti come tanti altri hanno
deciso volontariamente di aderire alla Repubblica Sociale Italiana, come: Luigi
Bruno, guardia di pubblica sicurezza, a cui è stato intitolata una via nel
capoluogo nisseno da parte dell’amministrazione Ruvolo e Giuseppe Sardo,
finanziere a cui è stata intitolata a San Cataldo un tratto di strada adiacente
il palazzo comunale dall’amministrazione Modaffari. Questo non giustifica il
modo barbaro con il quale sia stata tolta loro la vita, ma sicuramente apre una
riflessione su tutti quelli che come loro, si sono schierati contro la libertà,
l’uguaglianza e la democrazia e hanno preferito a ciò la guerra, la dittatura, l’odio
e il razzismo nei confronti di altre popolazioni ritenute “inferiori”. La causa
della loro morte è stata sicuramente la guerra, ma anche l’aver scelto volontariamente
la parte sbagliata della storia: quella di schierarsi con il fantoccio Mussolini
mantenendo l’alleanza con gli aguzzini nazisti guidati da Hitler. L’ANPI
ritiene, nel massimo rispetto delle vittime, che bisogna prestare attenzione nel
formulare e produrre riconoscimenti a soggetti, che con senso critico,
sicuramente poco hanno di “martire”, poiché schierati contro l’Italia
Repubblicana dei diritti e delle libertà, che tutti noi oggi viviamo. Bisogna
evitare che, nella rilettura contemporanea di quelle vicende, prevalga una
visione univoca e in questo contesto travolti dall’emozione siano riesumate
tentazioni nazionalistiche. In un’ottica puramente revisionista, si ci è
permessi di mettere grottescamente sullo stesso piano le foibe e l’immensa
tragedia della Shoah, ad esempio dimenticando la morte di oltre 50.000 soldati
italiani per mano dell’intesa con la Germania nazista. Questo è avvenuto perché
si è enfatizzata la verissima tragedia delle foibe e dei crimini che sono stati
commessi come genocidio o pulizia etnica, perché si è criminalizzato chiunque,
compresi gli storici. È vero che delle foibe non si è parlato o si è parlato
poco per decenni e che perciò per lungo tempo non hanno fatto parte della
consapevolezza nazionale. E’ giusto di conseguenza che entrino a far parte di
una memoria collettiva, che è anche la nostra, perché ne derivi un insegnamento
di carattere storico, morale e civile. L’ANPI, come sempre rimane a
disposizione con le istituzioni territoriali per qualsiasi collaborazione e/o
confronto anche documentale.
Mussomeli, 15 febbraio 2022.
Giuseppe Cammarata Presidente
Comitato Provinciale ANPI di Caltanissetta;
Mario Difrancesco Presidente ANPI “Bella Ciao” Mussomeli”
Ven, 17/05/2024 - 17:40