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Fatti, Sport e Dintorni. La forza delle donne. Andromaca e Maria Luisa

Robin Hood

Fatti, Sport e Dintorni. La forza delle donne. Andromaca e Maria Luisa

Lun, 19/06/2017 - 19:44

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CALTANISSETTA – L’altro ieri sono stato a fare il turista a Catania ed ho pensato di passare dal Pala Galermo, insieme a Magic. Il Pala mi ricorda un bellissimo campionato di B con la Virtus Catania Basket. Sorge in una delle zone meno abbienti di Catania ma il ricordo è bello: le chiacchierate con il custode, ex grande gloria del rugby nazionale, dei nostri allenamenti e degli allenamenti immediatamente dopo il nostro, della Rainbow, con le bellissime ragazze del presidente Ferlito. La mente va alla fine di uno di questi, fine Febbraio, riunione nell’Agorà ma tutti i ragazzi sono distratti, faccio subito il grido, il mio “GO”, perché hanno lavorato bene e non voglio tartassarli e noto che molti di loro si dirigono, immediatamente, verso l’angolo sinistro delle tribune, 2° gradone, dietro a Gianluca. Intravedo l’Addetto Stampa di Ferlito ed accanto a lei un “DREAM”, un sorriso stagliato su un viso bellissimo da divinità greca, capelli raccolti a coda di cavallo, come una amazzone, ed i gomiti appoggiati sulle ginocchia in modo che le mani poste come prolungamento delle braccia tenessero quel meraviglioso sorriso, quasi sollevato da tutto, come la “maretta” di Polizzi Generosa. Tutti sono là, ma Lei non muove ciglio, sorride a tutti e non si sposta di un nulla. Comincio a guardare con più attenzione, come fosse un quadro. Decido con una scusa di avvicinarmi per guardare meglio quella divinità. Da vicino il suo sorriso era veramente meraviglioso, di persona trasparente ed aperta, il suo viso sembrava abbronzato, nonostante fossimo in Febbraio, gli occhi erano grandissimi, parlavano ed avrebbero illuminato in una notte senza lampioni e senza stelle una strada deserta, immersa in un vallone. Vedendola sempre da più vicino, penso al film Troy che avevo visto il giorno prima: Lei è Andromaca e non una divinità greca!!!! in quel momento volevo essere Ettore, che la sta salutando sulla porta Scea, chiedendole se potevo offrirle un caffè ma forse ad Ilo non conoscevano questa pianta…
“Francesco, non sognare ad occhi aperti sempre!!! Lasciale stare queste ragazze che non ti considerano” e tu Totò “niente sesso e niente alcool”: mi ritrovo proiettato, come in un viaggio a ritroso, nel Febbraio 1972, nella stanza dello zio Totò Sollami, mitico custode del Galilei, vecchio impianto del basket nisseno. Di fronte a me, il prof. Michele Amari, con i suoi occhiali da vista scuri, il cappello e il maglione dolce vita sotto la giacca, che con il suo vocione imperioso, sbraitava contro noi ragazzi della Robur ma soprattutto contro di me e Totò, lui colpevole solo di essere amatissimo dalle ragazze ma per l’alcool ridemmo un po’ tutti, lui non beveva mentreio venivo da una bruttissima prestazione contro il Marsala, dove avevo ecceduto negli individualismi. Sia io che Totò ci facevamo piccoli, piccoli dietro Giancarlo e Gino che cercavano di difenderci, ma niente da fare il prof. era irremovibile: “Domenica, Totò non sarai convocato e tu Francesco, non partirai in quintetto!!”. Ma come? e le ragazze che verranno per me e Totò? Io che da piccolo ero stato sempre la punta di diamante della squadra? Meglio accettare, il prof era un duro (ma dal cuore tenero). La Domenica contro l’Orlandina venne fuori il mio carattere: feci una partita straordinaria ed ad ogni canestro e ad ogni mio assist, sentivo la voce del Prof che mi gridava:” Bravo Ciccio (mannaggia con questo Ciccio)!!!.
Il prof era arrivato a Caltanissetta a metà anni ‘60 perché innamorato della professoressa Cangemi che sposò. Arrivava da Castelvetrano ed aveva conosciuto sua moglie all’ISEF di Palermo, da cui ebbe 3 figlie, bellissime: Maria Luisa, Rosaria ed Alessandra. Mi affascinava da quando allenava la Leoncelli di don Tumminelli a Santa Flavia e facevano solo Man to Man, tutto campo, in difesa e forse è da quel momento che iniziai a fare solo uomo nella attività giovanile. Andavo al Palmintelli, per il Trofeo della Amicizia, per vederlo giocare come portiere dei professionisti, per applaudirlo nelle sue spericolate uscite o per la parate con dei tuffi pazzeschi, nonostante gli occhiali, scuri, allacciati con dello spago. Durante le “vasche” strada ranne e collegio, all’angolo del Bar Di Benedetto, facevamo tutti quanti (si, perché camminavamo in gruppo, tutti quelli della Robur), facevano cambio di direzione, con un box out e con la visione periferica ben messa in mente, riuscendo a guardare contemporaneamente il Duomo e la stanza del Sindaco, facendo ridere tutte le persone che passeggiavano per il centro, o quando mi insegnò a tirare i tiri liberi: buttando tutta l’aria mentre si distendevano le braccia e rimanendo dopo il tiro con la mano spezzata dentro il canestro, perché il tiro libero è tutto potere mentale.Aveva delle bellissime figliolette: Maria Luisa, Rosaria ed Alessandra. Quella che più mi colpiva delle sue figlie con il suo volto da angelo, un po’ monello, era Maria Luisa che faceva continuamente le marachelle. Ricordo di quella volta che andando per le festività a Castelvetrano, ai continui rimbrotti della professoressa per la velocità, a suo modo, sostenuta, il prof rallentava, rallentava, rallentava fino a quando decise di scendere e spingere la macchina con le mani, chiedendo alla sua amata, con dolcezza, “ Va bene così?”, suscitando i sorrisi divertiti delle sue bimbe attaccate con il naso al cruscotto e l’ilarità delle macchine che rallentavano per vedere la scena, scattando pure foto e suonando il clacson o quando Maria Luisa sempre più brava a basket e sempre più aggressiva nel gioco si fece male ad un occhio e alle sue lamentele, il Prof, senza fare una grinza, e alzando il suo vocione: “lascialo in panchina e torna a giocare, lo riprenderai a fine partita” o quando fece realizzare il sogno di Lula: passare tutta la notte con i pescatori di Triscina, a pescare. Maria Luisa crebbe nel mito del suo papà, finto burbero e padre benevolo, diventando sempre più brava nello studio ma soprattutto nellapallacanestro, tanto da essere notata dal prof. Tracuzzi nelle selezioni per le nazionali, che la indirizzò a Priolo, dove vinse un campionato di A2 e che fu l’inizio della scalata di questa squadra, orgoglio siciliano. Ma oltre questo carattere deciso veniva fuori la sua dolcezza, tanto da portare tutti i gattini randagi a casa sua, per la felicità di sua mamma e di sua nonna, soprattutto quando con le loro unghia si lasciavano cadere dalle tende, lasciando dei “bellissimi” squarci, o tutti i cani randagi.
Giocava bene Lula, ma era soprattutto la dolcezza che conquistava tutti i ragazzini, e fece una bella coppia con un’altra speranza del basket nisseno. Essere disponibile verso il prossimo, aiutare tutti, questo è stato sempre il suo motto, la sua Mission e nonostante comincia a diventare un abile Manager si circonda sempre della semplicità e delle gite a Madjieugore, forse perché sa che da lassù, il prof sta sempre a controllarla.
Oggi è con le ali sfilacciate e con gli occhiali scuri, attaccati con lo spago, un po’ ammaccati, perché parando un rigore a San Pietro, decisivo per il risultato, era andato sbattere contro il palo, nella partita dei santi con la barba contro gli arcangeli e gli angeli.
È con la dolce Alessandra abbracciata a lui con vicini, un peso di circa 5 kged un disco, perché ha appena vinto i campionati di atletica leggera del Paradiso. Lui controlla Luisa, se no con il suo vocione gli urlerà:” Maria Luisa lascia i pensieri negativi in panchina e pensa a lottare come ti abbiamo insegnato io e la mamma”.
Intanto sto pensando che mi sarebbe piaciuto prendere un caffè con “Andromaca”, ma forse aveva ragione il Prof….. sogno sempre troppo.

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