Salute

Una bella storia di sport densa di di coraggio e passione. Marcella in panchina per Totò Faraci

Donatello Polizzi

Una bella storia di sport densa di di coraggio e passione. Marcella in panchina per Totò Faraci

Ven, 23/05/2014 - 00:27

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marcellaCALTANISSETTA – Il vuoto, la panchina senza la sua figura, il non vedere più il suo sorriso, la sensazione tangibile di una realtà troppo cruda che non riesce ancora ad accettare. Un turbinio di emozioni agita il cuore e l’animo di Marcella Mangione, 24 anni di San Cataldo, allenatrice in seconda dell’Accademia Olimpica, divenuta, suo malgrado, guida primaria della squadra dopo la scomparsa di Totò Faraci, icona della pallavolo femminile nissena. Incontriamo Marcella un pomeriggio, in palestra (suo habitat “naturale”), durante una pausa mentre si dedica alle giovanissime pallavoliste della sua società. In tuta, sorridente, fascinosa, occhiali da professoressa, comprensibilmente emozionata nel dover ripercorrere le tappe di una stagione segnata dal dolore, ma attenuata dalla forza vivificatrice dello sport e dei principi che esso trasmette.

“Totò è stato il mio primo allenatore quando avevo cinque anni, una figura importante nella mia crescita, nel mio essere pallavolista. Poi lui andò via da San Cataldo e anch’io smisi di praticare questo sport. Ripresi, intorno ai 17 anni, con la Nike San Cataldo e lì maturai le mie prime esperienze come tecnico”.

La vita, sovente un rincorrersi di corsi e ricorsi storici, riunisce le strade di “Maestro” e allieva, basta un cenno per ricompattare il percorso sportivo. “Nel 2012 ci incontrammo e lui m’invitò a collaborare con lui, io avevo già fatto il corso di allievo allenatore. Dal settembre 2013 in seno alla squadra ricopro il ruolo di giocatrice e allenatore in seconda, oltre a lavorare con le ragazzine, attività che avevo intrapreso già sul finire della scorsa stagione”.

Poi l’inizio del dramma. “A dicembre lui dovette assentarsi per motivi di salute; io ero informato del reale motivo, ma non della gravità della situazione. Ci sentivamo ogni giorno, lo andavo a trovare a casa. Lui visionava i video e mi forniva indicazioni sul lavoro dallo svolgere. In tutti modi, con la passione che era il suo marchio di fabbrica, era come se fosse presente in palestra. Dedicava ogni sua energia, ogni sua attenzione, ogni sorriso alla pallavolo grande amore della sua vita. La passione dello sport, medicina contro l’aumentare del male. Le atlete, le nostre ragazze, chiedevano sempre più insistentemente di lui. Io le tranquillizzavo, ma ero preoccupata, impaurita”.

foto(6)La strada assume i contorni di un’infernale discesa, un abisso che ingoia Totò Faraci il 5 aprile. Si spegne a 53 anni, un allenatore-formatore d’impareggiabili doti umane e tecniche che ha segnato con i suo preziosi insegnamenti la vita di centinaia di atlete. Giocatore della mitica “Giordano”, poi nel 1984 fondatore e atleta della Kanguro: convinto assertore del settore giovanile e pioniere di quel settore. I successi, le delusioni, l’aver forgiato moltissime pallavoliste nissene: Totò non si ferma mai.  Nel 2000 con Giuseppe Cannavò, altro pilastro del volley cittadino, un’amicizia fraterna protrattasi per 34 anni, e altri amici della pallavolo, fonda l’Albaverde, con presidente il fratello Lorenzo Faraci e poi con presidente lo stesso Cannavò e in seguito con i fratelli Montagnino. Nel 2008 nasce l’Accademia Olimpica, Totò, Fabio Caracausi, l’allora presidente Peppe Ferrara e l’amico di sempre Giuseppe Cannavò. Difficile condensare in poche righe l’importanza di Totò Faraci nel volley femminile.

Marcella, parla sommessamente: “Tornare in panchina, sapendo che lui non era più con noi, fra noi, è stata una prova ardua. Le nostre ragazze, che sottolineo, hanno un’età media di 18 anni, hanno reagito in maniera inappuntabile. Non hanno mai arretrato di un passo, sempre presenti agli allenamenti, ancor più motivate dal dover rendere onore a chi era stato il loro maestro. Un clima particolare che ci ha accompagnato nelle ultime gare di campionato: abbiamo formato un gruppo ancor più compatto, coeso. Sempre presente, il suo mottoLa mia squadra vince perché sa vincere……..e soprattutto perché sa perdere”. Il sorriso dolce di Marcella, pian piano si è trasformato, il viso è corrucciato, gli occhi s’inumidiscono: “Ogni giorno per me aprire la palestra è difficile. Visualizzo il suo sorriso, la sua figura seduta nel banco e lui che mi dice…ciao Sally”.

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