“Scarantino e’ stato ricattato. Non sopportando le torture del carcere di Pianosa, non sopportando piu’ le continue pressioni esercitate da La Barbera e da Bo Mario, con i colloqui investigativi, quelli autorizzati e quelli “in autonomia”, ha ceduto, finendo per sostenere il ruolo del falso collaboratore”.
E’ quanto afferma l’avvocato Rosalba Di Gregorio, parte civile al processo sul depistaggio delle indagini successive alla strage di via D’Amelio. Di Gregorio difende Giuseppe La Mattina, Gaetano Murana e Cosimo Vernengo, tre degli otto imputati che vennero accusati ingiustamente di aver ricoperto un ruolo nella strage in cui morirono il giudice Borsellino e cinque agenti della scorta. Ad accusarli fu il falso collaboratore Vincenzo Scarantino.
L’avvocato Di Gregorio ha presentato appello contro la sentenza emessa dal Tribunale di Caltanissetta che ha dichiarato prescritto il reato di calunnia aggravata contestato ai poliziotti Mario Bo e Fabrizio Mattei, e assolto Michele Ribaudo.
“Scarantino non e’, ne’ e’ mai stato, un collaboratore di giustizia. Non gli si puo’ quindi – si legge nei motivi di appello – chirurgicamente sezionare il narrato con l’applicazione rigida della disciplina relativa ai requisiti di intrinseca attendibilita’, perche’ mancano i presupposti di base: la collaborazione e l’attendibilita'”.
“Le lezioni di illegalita’ che sono state somministrate allo Scarantino hanno certamente trovato terreno fertile perche’ la patologia (reattivita’ nevrosiforme in psicolabile) da cui e’ sempre stato affetto, nota agli inquirenti tutti, la personalita’ fragile e la ormai conclamata ignoranza rispetto a tutti i fatti di strage di cui ha parlato, le attenzioni e il trattamento accudente cui e’ stato per la prima volta in vita sua sottoposto, gli hanno dato la convinzione di essere il novello Buscetta, ma al contempo non lo hanno reso un collaboratore”.
E’ quanto afferma l’avvocato Rosalba Di Gregorio, parte civile al processo sul depistaggio delle indagini successive alla strage di via D’Amelio. “Ha sostenuto il ruolo finche’ ha potuto, ma alla prima difficolta’, con la paura di perdere questo privilegio e precipitare nel baratro, ha reagito ritrattando. Ma a Scarantino, utile al depistaggio, non si e’ voluto consentire, da parte degli inquirenti che lo avevano scelto, neppure la possibilita’ di ritrattare.
E comunque – si legge nei motivi di appello – per deporre nei processi gli era stata approntata sia la preparazione, sia lo studio. Per ritrattare, invece, era solo e, come si legge pure in sentenza, non era sostenuto ne’ spinto dai parenti e neppure, come calunniosamente si arrivo’ a sostenere, da avvocati difensori di imputati del processo cosiddetto Borsellino uno. Dopo la prima ritrattazione, quella televisiva, ben analizzata in sentenza, si fecero sparire le tracce dell’avvenuto e cioe’ gli audio e le videocassette di Mediaset; vieppiu’, non si relaziono’ alcunche’ neppure al servizio centrale di protezione. Si sottrasse (e qui il dottor Bo e’ grande coprotagonista) tutto cio’ alla conoscenza delle difese e dei giudici”.

