Salute

Gessolungo 1881, “La giornata della memoria riaccenda la luce della nostra dignità”

Redazione

Gessolungo 1881, “La giornata della memoria riaccenda la luce della nostra dignità”

Ven, 12/11/2021 - 01:07

Condividi su:

“Abbiamo la responsabilità di scrivere una nuova pagina di una storia inedita partendo dalle radici della nostra vicenda cittadina, per costruire insieme, con onestà, con responsabilità, a partire dal nostro quotidiano, una nuova civiltà dell’amore”.
Ha concluso così il Vescovo Mario, guardando al futuro, la sua omelia della Messa dedicata ai Carusi morti nelle zolfare, di cui ricorre il 140° anniversario della strage più grande, quella di Gessolungo il 12 novembre 1881, in cui morirono 65 minatori, 9 dei quali erano carusi rimasti per sempre senza nome.
Si usava allora da parte di tante famiglie stremate dalla miseria, cedere i propri figli, dai 6-7 anni in su, ai picconieri che li portavano in miniera a lavorare senza sosta in condizione di schiavitù, caricandosi sulle spalle ceste cariche di zolfo che pesavano dai 20 ai 50 chili, e finché con il loro lavoro non avevano restituito tutto il “prestito” versato alla famiglia non potevano vedere la luce e tornare a casa. E nessuno ci riusciva mai. Si chiamava “soccorso morto” questo meccanismo, e spesso i bambini-schiavi non venivano registrati tra i lavoratori della miniera. Se morivano in una delle tante stragi, schiacciati dai crolli o bruciati dal grisou, nessuno poteva riconoscerli nemmeno per dar loro sepoltura.


“Era in gioco la loro dignità di esseri umani – ha proseguito il Vescovo – era in gioco in quei bambini il desiderio di affacciarsi ad un’esistenza vivibile, il sogno di diventare uomini; e voi, figli di quei minatori, voi che avete le radici nel sottosuolo di quelle miniere, dovete imparare a risorgere, dovete imparare a portare in alto la nostra città, dovete imparare a debellare ogni forma di oppressione e schiavitù”.
In memoria di quelle generazioni di ragazzi a cui lo sfruttamento aveva rubato il futuro, il Presidente della Regione, raccogliendo lo spirito della iniziativa dell’Associazione Piccoli Gruppi Sacri, guidata da Michele Spena e la sollecitazione della Camera di Commercio guidata da Giovanna Candura, ha deciso di istituire il 12 novembre la Giornata della Memoria delle vittime delle miniere, per ricordare ogni anno, in tutta la Sicilia, quella storia straziante in cui l’avidità sfrenata e la sete di guadagno hanno portato a sfruttare “a rapina”, come si diceva allora, il territorio e la sua umanità più povera, imponendo condizioni di lavoro prive di ogni tutela e sicurezza, in cui la vita umana valeva pochi spiccioli e la vita dei bambini meno di niente.


Ma di quella storia tragica il popolo nisseno ha saputo rappresentare anche il risvolto della speranza. Proprio i minatori della Gessolungo, un anno dopo la strage, commissionarono ai Biangardi la Vara della Veronica, dando nuovo impulso alla processione del Giovedì Santo che da allora, una Vara dopo l’altra, è diventata lo spazio pubblico in cui il mondo del lavoro si rappresentava, condividendo le sofferenze della Passione di Cristo nelle stazioni della Via Crucis.


E proprio da quella speranza è ripartito il Vescovo Mario nella sua omelia: “Frutto di quella tragedia è stata anche la volontà di un popolo credente e devoto di realizzare questa Vara della Veronica, perché il volto di quei condannati ai lavori forzati, il volto insanguinato di quei bambini, rimanesse per sempre impresso nel lenzuolo della nostra anima e nella memoria della nostra città.
Questa Vara è un segno di speranza, perché il Regno di Dio è in mezzo a voi, fragili, deboli, smarrite creature, spesso vaganti nei meandri della vita, senza riuscire a trovare uno spiraglio di luce. Anzi, Gesù ci dice ancora di più. Ci dice che Lui, Dio, si identifica proprio con gli emarginati con gli ultimi, con i poveri, con gli stranieri, i malati: con quanti nutrono la speranza di una vita migliore ma devono scontrarsi con i limiti della loro esistenza.
Quei volti di bambini usati e abusati, quei volti di uomini e donne, oggi, vittime di violenza e oppressi dalla dura legge del più forte, quei volti sono volto di Dio in mezzo a noi.
E allora che questa Giornata della Memoria riaccenda la luce della nostra dignità, la speranza di una nuova solidarietà, la fede di un Dio che incontriamo nei tunnel e nelle miniere della nostra esistenza e della nostra anima”.
Da oggi un nuovo murales comincerà ad essere dipinto in quel museo a cielo aperto che è diventata la via Rosso di S. Secondo, dallo stesso artista Mirko Cavallotto Loste che ne ha già dipinti tre, seguendo il filo che lega gli eventi della Settimana Santa alla storia e all’identità della nostra città. In quella strada che unisce il centro storico e la città cresciuta negli ultimi 70 anni, sotto quel ponte che ne segna simbolicamente il confine che unisce e divide due città che sembrano sempre più incomunicabili tra loro, la speranza si tinge dei colori caldi della Passione e ci vuole accompagnare per tutti i giorni dell’anno.
Da domani su quei muri ci saranno anche i volti dei carusi senza nome, passati dall’inferno al paradiso mentre morivano soffocati dal grisou a Gessolungo, quel 12 novembre di 140 anni fa, con i volti sorridenti, a farci compagnia in questa nostra storia di oggi, a ricordarci da quale dolore veniamo ma anche di quale speranza dobbiamo trovare la forza di essere testimoni e protagonisti.

Pubblicità Elettorale