Salute

Covid: povertà nella Capitale aumenta drammaticamente

Redazione 2

Covid: povertà nella Capitale aumenta drammaticamente

Sab, 26/12/2020 - 12:39

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La pandemia, e il conseguente blocco a intermittenza delle attivita’ produttive, ha portato a un drammatico aumento della poverta’ in tutta Italia: i dati del Censis stimano che a oggi nel nostro Paese circa 5 milioni di persone vivono in poverta’ assoluta e che, da marzo a ottobre, siano andati persi almeno 500 mila posti di lavoro.

Anche Roma i numeri mostrano una fotografia preoccupante.

La Caritas, attraverso i suoi centri parrocchiali, nei primi nove mesi del 2020 ha registrato un incremento di 7.476 nuovi poveri e ha calcolato che il 9,4 per cento della cittadinanza, allo stato attuale, vive in condizioni di forte difficolta’ economica, cioe’ e’ incapace di affrontare spese improvvise o legate all’abitazione, come il pagamento del mutuo e delle bollette. Sulla base della popolazione residente e’ possibile stimare che questo natale nella Capitale e’ stato duro per circa 250 mila persone.

Guardando all’altra faccia della medaglia il natale e’ stato anche piu’ impegnativo nei corridoi delle associazioni di volontariato romane.

Basti pensare che solo la Caritas nel 2020 a Roma ha distribuito 80.342 quintali di generi di prima necessita’: un incremento del 345 per cento rispetto al 2019.

La Comunita’ di Sant’Egidio nella Capitale e’ passata da tre a 28 centri di accoglienza, piu’ della meta’ del totale (50) su base nazionale e da marzo a fine ottobre ha distribuito 150 mila pacchi alimentari, 2,5 volte di piu’ rispetto all’anno precedente, con una media di 19 mila pacchi al mese.

Accanto a queste due grandi realta’ ci sono poi il Banco alimentare, le Acli, la Croce rossa italiana e decine di altre associazioni che hanno visto un notevole incremento delle richieste di aiuto in dieci mesi di pandemia.

Secondo i dati forniti ad “Agenzia Nova”, il Banco alimentare del Lazio ha registrato un incremento di quasi il 40 per cento del numero di assistiti, arrivando a sostenere in alcuni momenti punte di oltre 100 mila poveri, e in dieci mesi di pandemia ha distribuito oltre 4 mila tonnellate di prodotto, rilevando un aumento del 15 per cento rispetto all’anno precedente.

Un impegno che e’ quantificabile economicamente in circa un milione e mezzo di viveri e generi di prima necessita’ che sono stati distribuiti grazie alla solidarieta’ dei singoli o delle catene di distribuzione.

Le Acli di Roma e provincia, invece, dal 6 aprile in poi hanno consegnato oltre 8.200 pacchi di prima necessita’, raggiungendo 4 mila persone tra cui piu’ di mille minorenni: tra questi sono stati distribuiti anche 120 kit scuola a supporto nella didattica a distanza.

Dal 9 marzo a oggi le Acli hanno recuperato oltre 25 tonnellate di pane e prodotti da forno, 46 tonnellate di ortaggi e frutta, piu’ di 5 tonnellate di beni a lunga conservazione, piu’ di 1.750 panini dalle catene Mc Donalds e circa 3 tonnellate di salumi da Fiorucci.

I volontari hanno percorso oltre 25 mila chilometri per le consegne. E per il natale dalla catena di ristoranti Vivi bistrot sono arrivate oltre 100 scatole delle coccole, pacchi alimentari contenenti generi non soltanto di prima necessita’, ma anche dolci giocattoli per i piu’ piccoli.

Oltre 400 persone, tramite le Acli, hanno chiesto aiuto al servizio Corner job e piu’ di 350 si sono rivolte al centralino per l’assistenza psicologica. Ai centralini della Croce rossa di Roma invece in dieci mesi sono arrivate oltre 20 mila richieste di aiuto, al momento l’associazione soddisfa almeno 3 mila domande di sostegno alimentare al mese.

E sono state attivate le cucine d’emergenza una volta a settimana per fornire pasti caldi ad altre associazioni che si occupano della distribuzione ai senza tetto.

Chi oggi chiede aiuto e’ chi prima aveva, seppur con qualche difficolta’, una condizione di vita sostenibile.

“La pandemia ha svelato quanto sia larga la fascia di popolazione con basse tutele e salari – spiega Lidia Borzi’, presidente delle Acli di Roma e provincia -. Tra chi ci chiede aiuto c’e’ il parrucchiere, il professionista, lo psicologo e l’operatore turistico che da un giorno all’altro si sono trovati senza lavoro. Il lavoro nero e’ emerso in maniera evidente.

C’e’ molta gente che si e’ dovuta fermare e non ha come mangiare: una schiera di persone che sta crescendo con la seconda ondata Covid. In una citta’ come Roma e’ una presenza significativa. Questo avviene perche’ c’e’ un problema strutturale sul lavoro, bisogna intervenire per creare lavoro dignitoso, piu’ e’ dignitoso il lavoro e meno c’e’ bisogno dell’assistenzialismo”.

E in questa situazione, in linea con le statistiche sulle differenze di tutela sul posto di lavoro, a pagare di piu’ sono le donne.

“Sono tantissime le donne sole, o con figli minorenni a carico, che si sono rivolte a noi – racconta la presidente della Croce rossa di Roma, Debora Diodati -. Si sono trovate improvvisamente senza lavoro e non sanno come arrivare a fine mese, madri di famiglia che fino a marzo avevano una situazione piu’ o meno normale e che, tra lavori saltuari o in nero che hanno perso, hanno dovuto chiedere aiuto”.

La crisi, tuttavia, “ha messo a dura prova” anche chi “ha un contratto di lavoro, ma se lo e’ visto riformulare nella migliore delle ipotesi o interrompere nel peggiore dei casi – sottolinea il presidente del Banco alimentare del Lazio, Giuliano Visconti -. Questa e’ una larga fetta della popolazione della nostra regione che va a sommarsi a chi vive di lavoro non tracciato. La sofferenza e’ generalizzata, ma a Roma e Viterbo registriamo dei picchi preoccupanti”.

A questo scenario drammatico, nei dieci mesi di pandemia, ha risposto l’enorme macchina del volontariato che ha visto, si’ un incremento delle richieste di aiuto, ma anche una crescita del numero di persone disponibili a dare una mano.

“Durante il primo lockdown le persone che erano a casa, gli universitari in particolare, si sono resi disponibili ad aiutarci per quanto riguarda le donazioni – aggiunge il presidente del Banco alimentare del Lazio, Visconti -. In linea generale le donazioni, anche economiche, sono aumentate, registriamo un incremento di generosita'”.

Stessa situazione nelle Acli di Roma e provincia. “Abbiamo registrato un incremento di volontari – spiega la presidente Borzi’ – e rilevato tre aspetti positivi: la forza della rete, abbiamo sentito tutti il bisogno di collaborare uno con l’altro; l’entusiasmo dei volontari, nonostante la paura c’e’ stata una gara a venire ad aiutarci, dai ragazzi ai professionisti in cassa integrazione agli immigrati; la solidarieta’, siamo stati inondati da donazioni, carrelli sospesi che si sono riempiti, negozi che hanno donato alimenti e altri generi”.

In Croce rossa, ad esempio, “sono arrivate migliaia di adesioni alla nostra campagna ‘Diventa volontario temporaneo’ – sottolinea la presidente Diodati -.

Hanno risposto dal pensionato al manager, dagli attori che si sono trovati senza lavoro ai giovanissimi, che avendo tempo libero si sono avvicinati al volontariato: dopo un corso online sono scesi in campo in attivita’ dove non era richiesta una specializzazione, come rispondere ai telefoni o consegnare a domicilio spesa e farmaci”.

Per il futuro, il mondo del volontariato romano, auspica che “gli interventi di politiche sociali degli enti locali ci vedano piu’ presenti – sottolinea Visconti -. Gli interventi spot hanno un ritorno immediato, ma bisogna puntare a far si’ che le persone non abbiano piu’ bisogno del pacco alimentare”.

Il welfare cittadino, secondo Borzi’, si deve basare su “politiche di sviluppo e non su politiche d’emergenza. La rete del volontariato e’ il vero tesoro della citta’. C’e’ un esercito di persone solidali che se non fossero lasciate sole potrebbero sviluppare un modello di welfare, per questo da anni chiediamo la realizzazione di un albo delle buone pratiche sociali, chiediamo che ogni municipio abbia una mappa delle esperienze del territorio a cui rivolgersi”.

“Fare rete e’ indispensabile, per non sovrapporsi e non sprecare gli aiuti. A oggi tra associazioni cerchiamo di avere un dialogo costante, ci sono tavoli di lavoro condivisi anche con le istituzioni ma tutto questo sarebbe ottimale metterlo a sistema, prevedere incontri periodici per rispondere alle esigenze dei territori”, conclude Diodati.

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