Salute

Sanita’: donna incinta morta a Palermo, maxirisarcimento da 1,5 mln 

Redazione

Sanita’: donna incinta morta a Palermo, maxirisarcimento da 1,5 mln 

Gio, 13/12/2018 - 12:07

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PALERMO – Un risarcimento record, da un milione e mezzo di euro, e’ stato riconosciuto dal tribunale civile di Palermo al vedovo e al figlioletto e ad altri prossimi congiunti di una giovane donna incinta, morta all’eta’ di 24 anni, all’ospedale Ingrassia del capoluogo siciliano, il 21 febbraio 2009. Tommasa Gnoffo spiro’ assieme al feto che portava in grembo da 19 settimane, lasciando il marito e un altro bimbo che allora aveva solo due anni: ora l’Azienda sanitaria provinciale di Palermo dovra’ pagare complessivamente un milione 499 mila euro, la meta’ dei quali andranno a marito e figlio, oggi preadolescente, della vittima, e il resto ai genitori e ai fratelli di lei. I medici scambiarono una gravissima emorragia interna, manifestatasi con dolori lancinanti al basso ventre e perdita di conoscenza, per un’intossicazione alimentare. Nella causa civile, in cui sono stati assistiti dall’avvocato Giuseppe Chiarello e in cui la sentenza e’ stata pronunciata a quasi dieci anni dai fatti, i familiari hanno dimostrato che i sanitari dell’Ingrassia si erano limitati ad applicare alla giovane mamma, arrivata alle 4,33 del mattino al pronto soccorso, in stato soporoso e con la pressione minima a 50 e la massima a 70, una soluzione glucosata, dandole altri farmaci e l’efedrina. Nella sentenza, il giudice monocratico della terza sezione civile, Enrico Catanzaro, basandosi sulle perizie effettuate dagli esperti da lui nominati, sostiene che sarebbe stata sufficiente una ecografia addominale, per constatare l’emorragia, ma nessuno penso’ a questo tipo di accertamento per oltre due ore. Quando finalmente si riscontro’ l’origine del malessere e la raccolta di sangue nel peritoneo, i medici impiegarono un’altra ora per iniziare l’intervento in laparatomia, alla ricerca dell’origine della perdita di sangue. Alle 8.25 del mattino fu constatato il decesso. Ora la condanna dell’Asp.

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