Salute

Mal di pancia costante: si tratta sempre di intolleranze alimentari?

Marcella Sardo

Mal di pancia costante: si tratta sempre di intolleranze alimentari?

Sab, 22/12/2018 - 15:19

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Non posso mangiare questo ingrediente perché sono intollerante e potrei avere forti mal di pancia”. Abbiamo sentito così tante volte questa frase che, ormai, abbiamo la percezione che tutti gli individui abbiano qualche intolleranza.

Ma è veramente così frequente questo disturbo gastrointestinale? È possibile che quasi tutti i sintomi possano ricondursi a questa causa? Basta un semplice test per poter confermare o smentire la diagnosi?

Abbiamo chiesto chiarimenti al dottore Gaetano Cristian Morreale, specialista in gastroenterologia ed epatologia.

“I test d’intolleranza alimentare sono spesso usati in modo improprio nei pazienti affetti da disturbi dell’alimentazione soprattutto se utilizzati in caso di  sintomi gastrointestinali non specifici, vaghi o in assenza di danni organici documentati” ha spiegato lo specialista invitando alla cautela delle cure fai da te.

L’ipotesi comune condivisa si basa sulla convinzione che l’eliminazione mirata di alcuni alimenti, cui l’individuo è potenzialmente “intollerante”, possa produrre un miglioramento dei sintomi gastrointestinali e, quindi, favorire il ripristino di un’alimentazione regolare.
Un sillogismo che, però, non sempre è corretto. A confutare questa tesi sono proprio i casi clinici studiati negli ultimi anni. “Abbiamo seguito numerosi casi di anoressia nervosa sviluppata in individui che hanno seguito le indicazioni dietetiche di un test d’intolleranza alimentare – ha spiegato il dottore Morreale – Persone in normopeso che lamentavano sintomi gastrointestinali scatenati, molto spesso, da fattori stressanti e non dall’intolleranza ad alcuni alimenti”.

Il rischio di passare da una “sensazione di malessere” dovuta allo stress a un vero “disturbo dell’alimentazione”, però, è molto alto soprattutto tra adolescenti e giovani donne.

Lo specialista ha sottolineato che eliminare alcuni elementi dalla propria dieta potrebbe innescare nella mente una percezione di “autocontrollo” possibilmente non pienamente vissuta in altri ambiti della propria vita. Quelle “variabili”, non contenibili nell’ambito lavorativo, scolastico, sportivo o in altri contesti quotidiani, potrebbero essere sostitute con la capacità di un controllo predominante sull’alimentazione.

Seguire una dieta rigida per ridurre la sintomatologia gastrointestinale, dunque, potrebbe innescare un meccanismo involontario e latente che poggia su due presupposti:

  1. Il controllo dell’alimentazione è vissuto come un comportamento di successo in un contesto di fallimento percepito in altre aree delle vita.
  2. La riduzione dell’assunzione calorica e di alimenti, come i carboidrati che producono fermentazione, determina un apparente successo nel breve termine dovuto a una momentanea riduzione della sintomatologia gastrointestinale.

Attenzione, però, a non percepire questa fase come un successo perché “i sintomi gastrointestinali, dopo una breve fase di miglioramento, tendono ad accentuarsi – ha sottolineato il dottore Gaetano Morreale -. Una sensazione dovuta all’azione l’azione combinata di vari meccanismi”.

Tra questi si sottolinea la tendenza di porre un’eccessiva attenzione alle sensazioni addominali che normalmente non sono notate o gli effetti negativi della dieta e della perdita di peso sullo svuotamento gastrico. “Questi fattori, associati alla paura che l’introduzione degli alimenti <<intolleranti>> possa aggravare i sintomi gastrointestinali, innescano e poi mantengono nel tempo il disturbo dell’alimentazione e ostacolano il recupero del peso e il relativo trattamento”.

La soluzione, ovviamente, non è quella di “tenersi il disturbo e andare avanti” bensì di rivolgersi al proprio specialista gastroenterologo di fiducia. Sarà il medico, attraverso l’ananmesi e alcuni test, a distinguere un’intolleranza alimentare da altre patologie.

Tra i test più indicati per verificare lo stato di salute è possibile che sia prescritto il breath test al lattulosio o quello all’idrogeno.

Il test al lattuolosio è utilizzato per capire la causa del gonfiore addominale, dolore addominale e diarrea cronica.  “L’indagine, che viene effettuata direttamente nel mio studio medico, ha la durata di circa 2 ore e consente di misurare la quantità di idrogeno che viene prodotta a livello intestinale e l’origine dell’alterazione della flora intestinale”.

Il breath test all’idrogeno serve per verificare l’intolleranza al lattosio calcolando la quantità di idrogeno eliminato tramite la respirazione. Anche se molto spesso l’esperienza quotidiana è sufficiente a permettere la diagnosi di intolleranza al lattosio questo test, della durata di 4 ore e realizzato direttamente nello studio medico dello specialista, ha la possibilità di garantire una diagnosi accurata e precisa.

L’intolleranza al lattosio è una delle cause che provocano la sensazione di diarrea, gonfiore addominale, tensione addominale, senso di eccessiva pienezza , faltulenza e meteorismo.

Sintomi che si verificano quando nell’organismo manca l’enzima in grado di scindere e digerire il lattosio in glucosio e galattosio. “Il lattosio è molto comune nella nostra dieta – ha proseguito il medico – poiché è il principale zucchero presente nel latte di mucca, di capra, di asina e persino in quello materno. I sintomi compaiono di norma da 30 minuti a 2 ore dopo l’ingestione e, non essendo correttamente digerito, inizia essere fermentato dalla flora batterica intestinale”.

Una corretta alimentazione, come affermavano gli antichi saggi, consente di avere “una mente sana in un corpo sano”. Capire le cause dei malesseri, evitare le cure approssimative o diagnosticate in modo autonomo consente di poter stare meglio con sé stessi e, di conseguenza, privati di fastidiosi o imbarazzanti disturbi, anche con gli altri.

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