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Intervista a Filippo Siciliano su politica ieri, politica oggi: “Panta rei” tutto scorre L’intellettuale mazzarinese che ha attraversato il Novecento    

Michele Spena

Intervista a Filippo Siciliano su politica ieri, politica oggi: “Panta rei” tutto scorre L’intellettuale mazzarinese che ha attraversato il Novecento    

Sab, 23/12/2017 - 17:01

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Breve biografia

Filippo Siciliano è nato a Mazzarino il 12 agosto 1920. Guidò, assieme a Salvatore La Marca (futuro parlamentare del Pci) ed atri, le lotte contadine a Mazzarino.

Nel 1947 si laureò in Storia e Filosofia all’Università di Catania e, nel dicembre dello stesso anno, in seguito alle agitazioni contadine, fu arrestato e rinchiuso nel carcere di Caltanissetta tra il 1948-1950. Fu poi assolto con formula piena.

Sindaco di Mazzarino tra il 1952-1954, dopo quella fase si occupò di insegnamento, prima nella locale Scuola media e poi, sino al pensionamento, all’Istituto Tecnico “S. Cannizzaro” di Catania, città dove ha vissuto.

Da sempre punto di riferimento culturale di Mazzarino e della provincia di Caltanissetta, vive tra Catania e Mazzarino.

 Assodato che la politica non è statica ed è soggetta ad un continuo mutamento, che differenze sostanziali trova, tuttavia, tra il periodo del suo impegno politico ed oggi? 

Molti secoli prima di Cristo, Eraclito di Efeso filosoficamente affermò “panta rei”, tutto cambia.  Questa ricordanza mi aiuta a dire la differenza tra il tempo del mio impegno socio-politico e quello che scorre oggi.

Subito dopo la fine della seconda guerra mondiale tutti, in unità d’intenti, restaurammo la Patria distrutta, oggi si pensa e si mira prevalentemente al potere individuale, al denaro, all’affermazione della propria parte, o a soccorrere le proprie clientele e – soprattutto – al proprio potere personale. Oggi, con Dante, possiamo gridare: “…le città d’Italia tutte piene sono di tiranni, e un Marcello diventa ogni villan che parteggiando viene”.

Il male comune, però, in quella fase, a Mazzarino prese una strada diversa, rivoluzionaria. Ecco: padre Cannarozzo, dotto e autorevole sacerdote, in occasione delle prime elezioni amministrative dopo il tirannico ventennio, mise insieme nostalgici, rappresentati dei locali latifondisti e i loro sostenitori anche mafiosi e fu eletto con altri 25 candidati consigliere comunale. Nelle trattative per l’elezione del sindaco, si accorse che il primo cittadino sarebbe stato il rappresentate dei latifondisti. Per evitare questo male, chiese e ottenne i voti della minoranza social comunista. L’elezione di Calogero Petralia, reduce dalla prigionia nazista e di idee sturziane, creò la rottura con gli alleati. Quella rottura ebbe un importante seguito.

Dopo pochi giorni, il 18 aprile 1946, si votò per il referendum (Monarchia – Repubblica e per i deputati della Costituente): una maggioranza assoluta votò a favore della Repubblica e per i deputati social comunisti. Quella maggioranza assoluta, nonostante l’ostilità feroce subita, ha retto e regge ancora a Mazzarino, paese antico quando il dolore dei contadini poveri. A Mazzarino, non impera più il latifondismo. Francesco Renda, senatore, professore universitario, storico di fama, ha scritto che a Mazzarino è stato realizzato, nella sezione del Pci, l’intellettuale collettivo teorizzato da Antonio Gramsci, nel carcere fascista.   

Che giudizio da dell’odierna politica regionale, che si fregia, forse in maniera un po’ eccessivamente autoreferenziale, di avere il più antico parlamento del mondo e dove chi vi siede ama fregiarsi del titolo di parlamentare?

 I Siciliani memori della grande Storia, a cui tu ti riferisci, e testimoni della recente politica autonomistica, si aspettavano molto dal Rosario Crocetta, a Palazzo dei Normanni. Le “cose”, però, non sono andate secondo i motivati prospetti: incompetenza, presunzione, intrighi vari ecc. Ma… per saperne di più, si rende utile se non necessaria la lettura di un libro: L’eradicazione degli artropodi – La politica dei beni culturali in Sicilia di Mariarita Sgarlata. Gli artropodi del titolo sono le zecche che dissanguano l’organismo socio politico della nostra isola. Mariarita Sgarlata divenne Assessore ai Beni Culturali della Giunta regionale guidata da Crocetta nell’aprile 2016, come tecnico; venne poi assegnata all’Assessorato Territorio e Ambiente. Dopo 507 giorni, dovette dimettersi “in seguito ad un pesante dossieraggio” di lei “e contro la Soprintendente di Siracusa, Beatrice Basile, nominata durante il suo “mandato” governativo della Regione.

Nel suo libro l’autrice precisa e documenta il suo impegno “in tema di cultura e ambiente” ed elenca “le riforme, e i decreti, le mostre, i parchi archeologici e i piani paesaggistici, i disegni di legge, le scelte fatte per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale siciliano tangibile e intangibile, i siti Unesco, il partenariato pubblico-privato, la rivoluzione e la controrivoluzione, nell’infelice stagione Crocetta”.                           

 

E di quella nazionale, che stando ai dati sulla disaffezione generale della gente, non vive certo tra i suoi momenti più alti?

I sistemi politici, attuali “nell’aiuola che ci fa tanto feroci”, si dimostrano sempre più inefficaci. Perché? Perché la ricchezza del mondo sta accumulandosi nei portafogli di una ristretta oligarchia sempre meno numerosa, perché la povertà galoppa senza freni, perché terroristi suicidi odiano l’intera umanità e si allenano all’uso di bombe più distruttive di quelle atomiche… Che fare?

Varie risposte si dimostrarono inefficaci, tranne una: quella che portò alla proposta, in Italia, della collaborazione – almeno nell’esercizio del potere temporale – dell’utopia ragionevole che si è “fenomenizzata” nel “compromesso storico” di Enrico Berlinguer e nelle “convergenze parallele” di Aldo Moro e pure “nell’amore amico” di Papa Francesco.

Il Partito Democratico è nato sulla base di questa proposta e ha promesso tante speranze. Ma… le anime del partito non riescono a ringiovanire per rinnovarsi. Sono iniziati perciò le scissioni, ultima delle quali è di questi giorni. Un’altra via, altro viaggio… l’homo sapiens deve trasumanare, che ormai, il problema dei problemi è quello di rendere il mistero dell’esistenza universale sempre meno spaventoso e sempre più  mirabile.

Se è vero che le ideologie, in testa quella marxista da cui lei proviene, è morta, secondo il suo giudizio, di fronte ad una società fatta sempre più di ingiustizie, manca in generale, e nel nostro paese, una sinistra che svolga un ruolo di critica dell’attuale stato sociale?

L’ideologia – insieme di principi che caratterizzano epoche storiche, gruppi, partiti, correnti, culturali… – nascono, crescono, e tramandano. Al funerale di una ideologia succede la nascita di una nuova ideologia.

Nella terminologia marxista, l’ideologia copre e sostiene gli interessi della classe dominante: la borghesia.

Il tramonto delle ideologie staliniane è stato rapido e traumatico: Francis Fukuyama ha pensato addirittura alla fine della Storia. La Storia, tuttavia, è continuata, continua e continuerà a svolgersi, fino a quando vivrà la specie umana, che è creatrice della sua Storia.

Vede una possibile via d’uscita da questo stato di cose, che il sociologo polacco Zygmunt Bauman, recentemente scomparso, definiva “società liquida”?

 “Tutto scorre”: Eraclito lo affermò filosoficamente – lo abbiamo già detto – lo conferma scientificamente la Meccanica quantistica. L’Universo è uno sterminato mare tremolante. Nello scorrere di tutto ci sono fasi di apparente condensazione. Ma fibrillano anche i metalli.

Zygmunt Bauman, morto da poco, con la sua metafora della liquidità, ha riproposto, per ricognizioni contemporanee, l’antica intuizione del moto perpetuo. Nella realtà eterna – sostiene – prevalgono tendenze preoccupanti e ambigue: individualismo, isolamento sociale, dubbiosità, misogenismo, antipolitica, antinomadismo… oggi, insomma, i più ricchi, potenti e poco numerosi alzano i muri, stendono fili spinati. La situazione generale si aggrava; la gran massa della palude umana si fa affascinare dagli individui forti, ricchi.

C’è una via d’uscita? E’ impossibile ora trovarla o aprirla. Ma è bene ricordare che l’antico Eraclito e i sostenitori delle Teorie quantistiche sostengono che panta rei.

Lei è stato per decenni un “uomo di scuola”, stimato docente di Lettere, cosa ne pensa del recente appello di seicento professori universitari che hanno lanciato l’allarme che i nostri giovani, anche a livello universitario, pare non sappiano più né scrivere né parlare in corretto italiano? La scuola secondo lei ha delle responsabilità o è solo colpa dell’ormai troppo invasività del web?     

Purtroppo è vero: quasi tutti i nostri giovani, anche quelli di livello universitario, scrivono male e parlano peggio. La mia personale esperienza – ho insegnato Lettere italiane e Storia nelle scuole medie e superiori –  mi suggerisce di ricordare il “corso di avviamento al comporre” che tenevo nei tre anni che precedevano l’esame di maturità. Nel primo anno, a una lezione introduttiva, seguivano gruppi di lezioni sulle tre fondamentali capacità umane: osservazione, associazione, espressione.

L’obiettivo didattico era quello di potenziare al massimo le tre attività; quello formativo mirava a far capire agli educandi che la realtà offre pure “cose” per cui vale la pena di vivere. Questo programma, più esteso e approfondito, veniva svolto nei due seguenti anni scolastici.

Nelle prove relative a tutte le materie degli esami finali, i miei alunni conseguivano risultati di buona qualità.

   

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