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Mafia, strage Mazzarino: ricordati gli otto carabinieri trucidati. Presente anche il generale di corpo d’armata Tullio Del Sette

Redazione

Mafia, strage Mazzarino: ricordati gli otto carabinieri trucidati. Presente anche il generale di corpo d’armata Tullio Del Sette

Ven, 29/01/2016 - 16:13

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MAZZARINO – Commemorate a Mazzarino le otto vittime dell’eccidio di Feudo Nobile compiuto 70 anni fa. Presenti, tra gli altri, il comandante generale dell’Arma dei carabinieri, generale di Corpo d’Armata Tullio Del Sette e il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini. Nella strage persero la vita otto militari dell’Arma, barbaramente trucidati nel gennaio del 1946. A partecipare anche una nutrita rappresentanza delle scolaresche. I fatti risalgono agli inizi del 1946 quando, dopo la seconda guerra mondiale, la Sicilia era afflitta da fenomeni criminali diffusi, noti con il nome di banditismo, talvolta ammantato da una matrice separatista. Un tumultuoso contesto, nel quale Salvatore Rizzo, boss alla testa dei niscemesi – una clan mafioso che gia’ dal 1943 seminava terrore ed omerta’ nella provincia di Caltanissetta – il pomeriggio del 9 gennaio 1946 si servi’ di un escamotage: una fittizia denuncia, sporta nella Stazione dell’Arma di Feudo Nobile, da un gruppo di contadini, per un pascolo abusivo verificatosi, a loro avviso, in contrada Giaquinto.  Il giorno seguente il comandante del presidio, brigadiere Vincenzo Amenduni, insieme con Vittorio Levico, Emanuele Greco, Pietro Loria e Mario Boscone, quattro degli otto carabinieri in servizio presso il medesimo distaccamento, uscirono in pattuglia appiedata per acquisire ulteriori elementi e per individuare gli autori del reato. Mentre perlustravano i paraggi delle case “Bonvissuto” i militari, scorgendo i coloni che fuggivano spaventati alla vista di un rilevante stuolo di fuorilegge a cavallo armati di tutto punto, compresero di essere caduti in un’imboscata.

Rifugiatisi all’interno di una cascina, l’estremo tentativo di resistere si rivelo’ vano perche’, a seguito di un’aspra battaglia, furono accerchiati e, una volta esaurite le munizioni, catturati e disarmati dai gregari di Rizzo, i quali, subito dopo, assalirono la caserma di Feudo Nobile, appiccarono il fuoco alla struttura ed irruppero abbattendo la porta con proiettili e bombe a mano. Fecero prigionieri altri tre carabinieri: Mario Spampinato, Fiorentino Bonfiglio e Giovanni La Brocca. Imbavagliati, legati con corde e fil di ferro e sottoposti ad ogni genere di sevizie, furono obbligati a spostarsi di masseria in masseria per almeno tre interminabili settimane. La sera del 28 gennaio, naufragate le trattative intavolate per il rilascio degli ostaggi in cambio della scarcerazione del bandito Concetto Gallo, Rizzo decise di assassinare i carabinieri: due ore prima della mezzanotte, incarico’ i suoi scagnozzi di far uscire dal reclusorio i segregati, legandoli insieme a coppie, per condurli al feudo Rigiulfo, a ridosso della contrada Bubonia, ricadente nel territorio di Mazzarino. Giunti nei pressi di una delle numerose “buche d’assaggio” caratteristiche di quel comprensorio ricco di miniere di zolfo, i prigionieri vennero liberati, denudati e falciati a raffiche di mitra e colpi di moschetto in sequenza; il brigadiere spiro’ stringendo al petto una foto dei figli, con cui venne poi ritrovato. I cadaveri furono gettati nella capiente fossa del diametro di tre metri per una profondita’ di quindici. Quattro mesi dopo, uno degli esecutori materiali dell’eccidio, il bandito Giuseppe Milazzo, sottoposto a serrati interrogatori, confesso’ tutto e guido’ gli inquirenti sul luogo della strage. In memoria degli otto carabinieri trucidati, il Comando Generale dell’Arma ha tributato loro un encomio solenne.