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PD “spento”, festa dell’Unità che non unisce

Redazione

PD “spento”, festa dell’Unità che non unisce

Mer, 28/09/2016 - 17:01

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CATANIA – Uno spettro si aggira per la Villa Bellini: il ricordo lontano di un grande partito di massa. Il nuovo Pd cambia pelle e vive una crisi d’identità talmente profonda, che nemmeno un lifting di modernità può nascondere. E’ questo il dato saliente della Festa nazionale de “l’Unità” che per venti giorni ha scandito i pomeriggi catanesi. La prima kermesse nazionale organizzata in Sicilia lascia un po’ di amaro in bocca: scarsa partecipazione, penuria di militanti, organizzazione modesta. L’assenza più grave non è certamente quella dei piatti di tortellini rimpiazzati da camion di panini, segno del tempo in cui la nomenclatura del partito lascia il posto ai paninari degli anni 80. Alla Villa Bellini c’è lo stand del bingo, nessuno spazio per le associazioni e una sola area con i libri, soprattutto romanzi e quasi nessun classico del pensiero politico. Parafrasando l’ultimo libro di Emanuele Macaluso: è “la politica che non c’è”. Il libro dello storico dirigente del Pci è stato presentato alla kermesse. L’assenza dell’autore, per motivi di salute, è stata un’occasione mancata per il popolo della sinistra e per i giovani militanti dem. “Chi prende l’acqua da un pozzo, non dovrebbe dimenticare chi l’ha scavato”, si legge nella prefazione del libro dove si riporta un proverbio cinese caro a Macaluso. A occhio e croce ci sono troppi smemorati tra le fila democrat. “Il Pd renziano non ha una base politico-culturale definita, e come tutti i partiti personali ha un cerchio magico di fedelissimi e recluta un personale politico trasversale sul terreno della gestione del potere locale”. “Nel Pd ci sono anche persone e tanti giovani con un impegno politico serio, ma appaiono un corpo separato rispetto al concreto svolgersi della vicenda politica governata da Renzi e dai suoi soci”. “Quale sarà il domani di questo partito è davvero un’incognita, come un’incognita è il destino dell’opposizione interna”. Questi passaggi salienti del testo di Macaluso fotografano benissimo lo stato di salute dei democrat, soprattutto siciliani, e sembrano una diapositiva della festa nazionale. Cerchi magici, sfide a distanza a colpi di dichiarazioni al vetriolo riempiono le giornate della kermesse. La guerra fredda tra Rosario Crocetta e Davide Faraone tiene banco a giorni alterni.   Il presidente non molla la presa: è deciso a ricandidarsi. Lo sfidante invoca le primarie e rimanda lo scontro finale. Che pure ci sarà. E nel frattempo si fa campagna acquisti, si creano legami e alleanze per tirare a campare. Il sindaco Enzo Bianco, tentato dalla corsa alla Regione, è in prima fila ai dibattiti e mette in mostra il rapporto con il ministro Graziano Delrio, ma soprattutto tesse trame per tenere a bada i neo renziani di Articolo 4, che a Catania chiedono un assessore e la presidenza di diverse partecipate per porre fine al conflitto intestino alla maggioranza (l’ascia di guerra verrà seppellita a festa terminata con ben tre partecipate “donate” a tre esponenti del vecchio centrodestra etneo). E’ tutto un fiorire di capannelli di fedelissimi attorno al ministro di turno questa festa de “L’Unità”. L’ampiezza dei cerchi magici è direttamente proporzionale all’influenza del big di turno. E così capita di scorgere l’ex segretario dem Pierluigi Bersani solitario e di contro un’esplosione di flash e selfie con la nuova guardia.  Lo stand dell’università rumena del ras ennese Vladimiro Crisafulli, che pianta la sua bandierina ridendo in faccia alla rottamazione, sembra una riserva indiana. Mirello è l’ultimo dei Mohikani: in prima fila quando parla D’Alema e in disparte con i golden boy renziani (molti dei quali, per altro, ex dalemiani o bersaniani perché non si sa mai). Il momento più politico lo regala l’anomalo outsider del partito, il lider Maximo, che non solo dice qualcosa di sinistra, ma acchiappa consensi e applausi davanti a una platea finalmente piena che si spella le mani per applaudirlo. Baffino rovina la festa del “sì” lanciando il fronte del “no” al referendum nella tana del nemico. In più lo fa con un’eloquenza che è ormai merce rara nel partito degli hashtag alla #ciaone. Certo, è fuori tempo “Massimo” ma dà una lezione a chi parla di festa de “l’Unità” come brand secondo i dettami della liturgia renziana. D’Alema, diventa così bersaglio del rottamatore fiorentino, mattatore dell’ultima giornata delle kermesse. Complice l’anomalia del doppio ruolo (premier e segretario del partito), però, il rottamatore prima di arrivare a Catania si concede una visita ad Agrigento per lanciare “il piano per la Sicilia”: un maxi finanziamento da 5 milioni e mezzo di euro per rimettere in sesto l’isola. Del resto, le regionali sono dietro l’angolo e la sfida si preannuncia all’ultima scheda. Gli Slogan e discorsi del premier colpiscono alla pancia e strizzano l’occhiolino al populismo. Ma per questo ci sono già i Cinque Stelle. Da un partito con cotanta storia invece ci si aspetterebbe bene altro: la politica. Che non c’è.

finita

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