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Lettera aperta al Vescovo di Caltanissetta in merito alla manifestazione delle “sentinelle in piedi”: un male inteso senso del Vangelo

Redazione

Lettera aperta al Vescovo di Caltanissetta in merito alla manifestazione delle “sentinelle in piedi”: un male inteso senso del Vangelo

Mer, 12/11/2014 - 18:58

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penna-biro-1024x768CALTANISSETTA – Carissimo Vescovo Mario Russotto, mi rivolgo a lei in quanto responsabile della nostra diocesi di Caltanissetta e soprattutto in quanto  sorvegliante riconosciuto dalla nostra chiesa, per metterla a conoscenza (nel caso in cui ne fosse all’oscuro) di un evento che si terrà  Sabato 15 novembre alle h.19.00 in piazza Falcone – Borsellino. Si tratta di una manifestazione delle “sentinelle in piedi” che hanno già sfilato in 10.000, in settanta piazze italiane per sostenere i diritti della famiglia naturale minacciati sia dalle recenti sentenze di alcuni tribunali, registrazioni di unioni Gay in taluni comuni italiani e dalla possibilità che l’omofobia possa trasformarsi in reato se il ddl fosse approvato in senato, ma soprattutto, io credo che si sentano minacciati ancor di più dalle recenti aperture di Papa Francesco a divorziati e omosessuali. Lo credo perché li ho visti sfilare leggendo, fra gli altri, l’ultimo libro di Socci “Non è Francesco”.

Mi chiamo Barbara, ho quarantadue anni e sono nata e cresciuta a Caltanissetta da due bellissimi genitori, ma solo per poco tempo, perché sono morti uno dopo l’altro a pochissima distanza perché non riuscivano a stare lontani un giorno… Mio padre si ammalò dopo la morte di mia madre e lasciò a me e a i miei fratelli, tutti ragazzini, il suo testamento spirituale: “Dio è vostro Padre e non vi abbandonerà mai, amatelo sempre con tutto il vostro essere, amatevi sempre l’uno con l’altro e quindi amate il vostro prossimo. Solo così non vi accadrà mai nulla di male nella vostra vita e nulla mai potrete temere. Io che sto per lasciarvi ve lo prometto”. Quella promessa fino ad oggi è stata mantenuta. Mi sono sempre sentita protetta anche nei momenti più duri, non mi sono mai sentita sola e mi sono sempre sentita amata anche quando, anni fa, cercando sempre e solo la felicità, perché sono certa che il Padre Eterno vuole solo questo per i suoi figli, ho incontrato l’uomo della mia vita che sfortunatamente per alcuni, era divorziato e aveva un figlio piccolino. Tutti e tre ci siamo amati e continuiamo a farlo nonostante la Chiesa Cattolica ci consideri persone che “vivono nel peccato” perché abbiamo resa sacra questa unione certamente più di molti matrimoni farsa che conosciamo personalmente.

Essendo cresciuta nell’amore e vivendo tutt’ora nell’amore e lavorando su di me continuamente per questo fine, l’unico per cui valga la pena vivere, non posso tacere dopo avere appreso la notizia di una tale manifestazione proprio nella mia città. Ho la convinzione che si tratti di un grave equivoco o meglio di un male inteso senso dato al Vangelo.

Il messaggio cristiano è chiaro, inequivocabile e forte, molto forte! Si tratta di amare Dio con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra anima e con tutta la nostra mente e il prossimo nostro come se stessi, ma non solo, c’è dell’altro di assolutamente inedito che ha una portata dirompente nella storia dell’umanità e che è assolutamente ignorato: “Ama il tuo nemico!” Gesù non ha avuto bisogno di specificare a quale categoria dovesse appartenere il prossimo (omosessuali, etero, divorziati, ebrei, musulmani ecc). Il prossimo è il prossimo e basta ed è inevitabilmente diverso da te. Il cristiano non può sentirsi minacciato da nulla, non teme nulla, persino la morte e poi non c’è cosa più nobile dice Gesù, di dare la vita per gli altri sia in senso lato che in senso stretto. Regalare il proprio tempo, le proprie cure, dimenticandosi di se stessi e ritrovandosi più belli in un’altra persona che ha avuto bisogno di te. Morire a se stessi fa vivere autenticamente. L’equivoco grosso sta proprio qui: amare il prossimo tuo significa desiderare per chi è altro da te ciò che tu desideri, desiderare per gli altri quei diritti che tu hai già acquisito senza sforzo. Significa volere per l’altro anche ciò che non comprendi, ma che l’altro considera bene per sé senza che ciò nuoccia a qualcuno, avendo il dovere di lottare insieme a lui per la sua felicità, perché è più importante la felicità e il bene dell’altro. E poiché noi desideriamo in fondo solo essere felici, dovremmo desiderare che lo siano anche gli altri,  chiunque, addirittura il nostro nemico e dare la vita affinché ciò possa accadere. Non c’è altro. E’ tutto qui. Chiaro. Semplice. Difficile? Possibile, se un uomo duemila anni fa ne ha dato testimonianza, Gesù. Ma fece scandalo, “scandalo per gli ebrei, stoltezza per i greci”, le sue novità scandalizzarono. Il bene senza misura e l’amore senza condizioni sono scandalosi e folli, sono una minaccia per l’ordine costituito. E la storia continua con Papa Francesco, rimasto in scandalosa minoranza al sinodo, minacciato dai conservatori, criticato solo perché si apre con amore e compassione a quelle minoranze fin’ora disprezzate e tenute lontane dalla chiesa cattolica. Che novità eccezionale quella del Papa, sentirsi finalmente amati in modo autentico e incondizionato per ciò che siamo, liberi. Non è quello che in fondo ognuno di noi desidera? Ma forse l’equivoco è proprio questo: non sarà forse che alcuni esseri umani non desiderano per se stessi felicità, amore incondizionato e libertà perché ne hanno paura, non sanno gestirli, hanno bisogno di un ordine costituito e quindi veramente amano il prossimo come se stessi (poco, molto poco) e desiderano per gli altri veramente ciò che desiderano per se stessi? Così tutto mi risulta forse più chiaro, più comprensibile, altrimenti non è accettabile. Forse bisognerebbe aiutarli a capire, a sentirsi felici, non minacciati. Ed è per questo che invoco il suo aiuto, caro Vescovo di Caltanissetta perché sono convinta che anche lei voglia la felicità di tutti i suoi fedeli indistintamente e soprattutto li vuole fedeli consapevoli. Non desidero impedire ad alcuni miei concittadini di manifestare liberamente le proprie idee, ma se queste idee sono frutto di un male inteso senso del vangelo possono fare soffrire molte anime fragili, soprattutto  quelle più giovani e con meno strumenti a disposizione. Ma possono danneggiare anche essi stessi per non aver capito la portata del messaggio evangelico ancora oggi troppo avanti per molti di noi, tanto da risultare così scandaloso ed inaccettabile. E chiedo a Lei caro Vescovo di provare a chiarire la questione con i mezzi a sua disposizione. Spero che Sabato la Sua voce si possa sentire per non lasciare sole le anime fragili della nostra comunità e per non lasciare solo il nostro Papa Francesco. Non possiamo finalmente avere un Papa gigante e dei Vescovi nani. La chiamo in causa proprio perché sono convinta che Lei non sia quel tipo di Vescovo e che possa contribuire a mettere in atto un cambiamento affinché si possa scendere tutti in piazza non come sentinelle che vigilano perché si sentono minacciate, ma come semplici figli di Dio liberi di essere ciò che si è, senza timore, senza paura. Qualora questa mia lettera aperta dovesse rimanere senza risposta e null’altro accadesse Sabato 15 Novembre se non la manifestazione delle sentinelle, non importa, prometto di interrogarmi se per caso non sia proprio io ad avere male interpretato il testamento di Gesù. Io e naturalmente pure Papa Francesco e tanti, tanti altri. Ma è talmente semplice e potente che lo sento sempre risuonare come una musica universale che mi avvolge, che mi culla, che mi protegge, che mi fa sentire sicura fin da quando ero una bambina e mio padre mi salutò per sempre su questa terra sussurandomela a modo suo, affinché potesse accompagnarmi per tutta la vita. In ogni caso, proprio come Simone Weil, grande filosofa e mistica e per me santa di riferimento in ogni momento, che decise di non farsi mai battezzare (lei era ebrea convertita al cristianesimo) scommettendo sulla certezza della salvezza e dell’amore infinito di Dio al di là di ogni categoria, continuerò a pensare di non contrarre mai il sacramento del matrimonio, nonostante quello precedente del mio amato potrebbe essere annullato dalla Sacra Rota pagando le spese necessarie, perché anche io sono convinta dell’amore di Dio Padre che sa tutto di me e della mia miseria e che per fortuna non ha nulla a che vedere con quello che noi esseri umani diciamo di provare l’uno per l’altro. Sento questo amore e nulla mi spaventa, nemmeno il fatto di potere o non potere accedere all’eucarestia o ad altri sacramenti. Non sono queste le vie per la salvezza. Ciò che ci salva è rendere la nostra vita autentica, realizzata a pieno. Così mi ostinerò, proprio come Simone Weil, a rimanere nella chiesa cattolica, ma, come diceva lei, “sulla soglia”, perché solo Gesù mi ha indicato la strada. Aspetto con fiducia una Sua risposta, Barbara.

B. C.

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