Durante il periodo natalizio, tra dicembre e gennaio, la Sicilia si trasforma in un teatro diffuso di fede, memoria e identità. Grotte, cave, borghi medievali e quartieri storici diventano scenografie viventi in cui la Natività non è solo rappresentata, ma agita, recitata, cantata. E spesso — come accade solo qui — parlata e scritta in lingua siciliana.L’isola ospita alcuni dei presepi viventi più suggestivi d’Italia, con ambientazioni che spaziano dalle grotte di Custonaci alle cave di Ispica, dai borghi delle Madonie ai quartieri arabi di Sutera. La dimensione linguistica, pur non sempre esplicitata nelle schede turistiche, emerge con forza nelle rappresentazioni popolari: dialoghi spontanei, canti tradizionali, scritte degli antichi mestieri, raccontati con il lessico della vita quotidiana.
Il presepe vivente siciliano non sempre mira alla ricostruzione storica della Palestina del I secolo come accade, per esempio, in quello, bellissimo, di Termini Imerese; spesso, invece, rievoca la Sicilia contadina dell’Ottocento. È un teatro popolare, comunitario, dove la lingua siciliana diventa molte volte codice espressivo naturale. I presepi viventi dell’isola sono animati da antichi mestieri, scene di vita quotidiana e canti tradizionali in siciliano.
Tra i presepi più celebri, quello di Custonaci (ancora visitabile il 3, 4, 5 e 6 gennaio), allestito nella Grotta Mangiapane, è definito da molte guide e riviste come “uno dei più suggestivi dell’isola”. Qui oltre 160 figuranti ricreano un microcosmo di botteghe, forni, stalle, laboratori artigiani. Il parlato dei figuranti — soprattutto nei ruoli popolari — è spesso in siciliano. Inoltre, cuntastori e cantanti girano per il percorso esprimendo la loro arte in lingua siciliana. La grotta, con la sua volta alta 70 metri, amplifica le voci e restituisce un’atmosfera che è insieme sacra e terrena.
Nel l’incantevole borgo madonita di Pollina, il presepe vivente ripercorre gli antichi mestieri e ogni ‘quadro’ ha un cartello con la scritta in siciliano nella varietà locale che si caratterizza per alcuni termini che hanno il singolare in i (“‘U furnari”, anziché “‘U furnaru”). Quest’anno i visitatori sono stati allietati anche dai canti e cunti in siciliano di Claudio, Rossella e Irene. Anche a Cammarata (1, 3, 4 e 6 gennaio) e a Prizzi (3, 4 e 6 gennaio) è possibile leggere i cartelli dei mestieri scritti in siciliano; e non manca il cibo tipico e il vino cotto.
Nel quartiere arabo del Rabato, a Sutera, il presepe vivente (2, 3, 4, 5 e 6 gennaio) trasforma il borgo in un labirinto di luci, voci e profumi. E’ uno dei percorsi più evocativi dell’isola, dove le strade si riempiono di figuranti e il quartiere diventa scenario naturale. La putìa di lu scarparu, chidda di lu jissaru e tante altre sono visitabili durante il percorso; non mancano le degustazioni di cìciri, lu pani cunzatu, la minestra di maccu, li sfinci. Qui il siciliano è onnipresente.
Nel ragusano, i presepi viventi di Giarratana e Monterosso Almo (1, 4 e 6 gennaio) sono citati come esempi di “borghi in festa” dove la Natività si racconta attraverso la semplicità della vita di una volta. La lingua siciliana emerge nelle insegne dei mestieri, nelle sue varianti locali (per esempio, siggiaru a Giarratana è “sigghiaru”), ma anche nei dialoghi dei figuranti e nei canti ascoltabili all’osteria.
La presenza del siciliano nei presepi viventi non è un dettaglio folkloristico: è un atto di tutela culturale. La lingua diventa strumento di trasmissione intergenerazionale, soprattutto nei centri di provincia, dove la comunità – bambini compresi – partecipa in massa alla rappresentazione, preparando le scene e i canti settimane prima. I presepi viventi sono parte di un più ampio sistema di tradizioni natalizie che comprende nuveni, cunti, ninnareddi, musiche e canti popolari. Un ecosistema culturale in cui la lingua siciliana è ancora viva, sonora, condivisa.I presepi viventi siciliani non sono solo eventi turistici: sono atti di comunità, pratiche di memoria, spazi di identità. E quando la Natività viene raccontata in siciliano — nei canti, nei dialoghi, nei gesti, nelle scritte — la rappresentazione diventa più autentica, più intima, più profondamente legata alla storia del luogo. In un tempo in cui molte tradizioni rischiano di scomparire, questi presepi, frequentatissimi dalle persone non solo del posto, continuano a parlare la lingua del territorio e a ricordare che la cultura e la lingua siciliane non sono un reperto museale, ma organismi vivi che è fondamentale trasmettere di generazione in generazione.

