Salute

L’ultima notte dell’antenna RAI: addio silenzioso a un simbolo di Caltanissetta

Michele Spena

L’ultima notte dell’antenna RAI: addio silenzioso a un simbolo di Caltanissetta

Mar, 22/07/2025 - 23:17

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CALTANISSETTA – È l’ultima notte. Lassù, sulla collina di Sant’Anna, la grande antenna RAI guarda ancora una volta la città. Immobile, come ha fatto per oltre cinquant’anni. Ma domani, tra le 16 e le 17, sarà abbattuta. In una manciata di minuti – venti, forse trenta – scomparirà dallo skyline di Caltanissetta, ponendo fine a una storia che ha attraversato generazioni, memorie, fotografie.

Andrà giù come un condannato a morte. È una metafora forte, certo, ma forse non troppo distante dalla realtà. Perché questa condanna ha generato una lunga querelle, combattuta da chi ha cercato fino all’ultimo di difenderla come un pezzo d’identità urbana, un frammento di memoria collettiva. Ma è stata una battaglia tra pochi, mentre la città, nella sua maggioranza, è sembrata distratta, quasi indifferente. Troppo assorbita da problemi più urgenti e concreti: il lavoro che manca, il decoro che vacilla, le esigenze quotidiane che soffocano ogni romanticismo.

Eppure, in questo momento, ci piace pensare che lei, l’antenna, da lassù ci stia osservando. Magari con un sorriso amaro. Magari con un pizzico d’ironia. Forse ci guarda e ci giudica: “Maledetti ingrati… mi buttate a terra così, senza nemmeno un saluto”. Perché in fondo, in tutto il mondo, quando un pezzo di città viene giù, si alza almeno un sussurro. Qui, forse, nemmeno quello.

E chissà cosa ha visto da lassù, in tutti questi anni. Quante storie ha spiato dall’alto. Quante notti ha illuminato. Ha visto le malefatte e le contraddizioni di una città complicata, certo, ma ha anche osservato i gesti generosi, i sacrifici silenziosi, le vite semplici e dignitose dei nisseni. Non solo quelle delle amministrazioni che si sono succedute, ma quelle di tutti noi. Come un faro muto, ha brillato su Caltanissetta. E adesso si spegne.

Nessuno canterà per lei un “De profundis”, ma forse un pensiero lo merita. Anche chi non le ha mai dato importanza, anche chi non ne ha compreso il valore simbolico, domani può concederle un sorriso, un ciao sommesso. Sì, sarà pure un ferrovecchio, ma era il nostro ferrovecchio. E ogni misseno, nel profondo, lo sa.

E tuttavia – con crudezza, con realismo – bisogna dirlo: è giusto così. Cinicamente, sì. Perché quella struttura non era più sostenibile. Un ferrovecchio, appunto, che avrebbe creato solo problemi. Un corpo malato, senza possibilità di guarigione. A volte ci si ostina a tenere in vita qualcosa che non può più stare in piedi, per affetto, per nostalgia, per ostinazione. Ma da un punto di vista burocratico non c’erano margini. Da un punto di vista tecnico neppure. E nemmeno da quello della sicurezza pubblica.

Tutto l’affetto, tutta la memoria, tutte le parole scritte e pronunciate in queste ore, non cambiano l’inevitabile: non c’erano più le condizioni per salvarla.
Domani l’antenna andrà giù. Ma stanotte, per l’ultima volta, veglia su di noi. E chissà – magari ci perdona.

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