I siti d’incontro di provenienza sono le piazze, luoghi di socialità in grado di provocare perfino emozioni, “cantastorie” al centro del piazzale chitarra in mano, tabellone, scene.
Partiti, circoli ricreativi, movimenti, aggregavano pensieri, proposte che dopo lunghe discussioni costruivano programmi, approdavano a progetti.
Viviamo in un tempo dove “l’idea dominante” è formata, dai “social”, mezzi d’informazione diffusi, dall’intelligenza artificiale, dal tenace utilizzo del telefonino.
La socialità si allontana per lasciare spazio all’IO, ai simboli personali o stemmi di partiti col nome del leader che arrivati in Parlamento, si aggregano con grandi entità pur di esistere nei meandri del transatlantico.
Il progresso sta nell’era digitale, siamo a un passo dall’intelligenza artificiale, scuote intere Nazioni, perfino la Chiesa.
L’avanzamento della tecnologia, lascia un vuoto, dirada i sistemi, trasforma la società, emargina chi è statico o rifiuta il cambiamento.
La classe dominante impegnata a sviluppare profitti, trascura il mondo del lavoro subordinato, pubblico e privato, professionale, autonomo, partite iva, in sintesi, chi rende concreto il profitto aziendale, violando principi Costituzionali.
Lo scenario avanza, si presenta una compagine politica, destra o sinistra, in perenne delegittimazione, la “rappresentanza” si frammenta nei rapporti con l’attuale Governo.
Cominciano a scarseggiare gruppi dirigenti “illuminati” capaci di aggredire, regolamentare, gestire l’iter della trasformazione per reggere chi lavora, il diritto: “… ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.
La crisi dei sistemi organizzati, il declino della classe dirigente che gestiva “responsabilità” lascia spazio a “Teocrazie”, a gruppi “opachi”, affidano “la gestione” a “pupari” privi di responsabilità, che a sua volta, incaricano “pupi” destinati a realizzare interessi.
Siamo in un’era che può definirsi “storica”, forse, unica se consideriamo lo scenario delle guerre dove il benessere, la ricchezza, l’autorità, abbandona sul campo morti e feriti.
Nell’attuale sistema mancano le vocazioni, scarseggia l’impegno e la partecipazione, tranne chi nutre interessi, la socialità è sostituitada “like”, senza interrogarsi chi gestisce i dati anzi, ottenuti, s’inducono a rappresentare ogni iniziativa.
Conseguenza, la classe dirigente del passato è sostituita da scenari d’emarginazione, dalla delegittimazione del sistema, la povertà avanza, isola chi non raggiunge la prima, seconda, terza fila.
Nel “mondo virtuale”, manca la programmazione dell’apparato, il rapporto fra soggetti, il raggruppamento è inesistente.
“Nelle civiltà umane le leggi scritte si rivolgono dapprima essenzialmente agli individui, ai soggetti, ai sudditi di coloro: re, principi, imperatori, magistrati, capi insomma, comunque denominati, che esercitano l’autorità nella società.
Le moderne Costituzioni invece, vengono scritte per fissare limiti al potere di chi comanda, per definire condizioni e modi in cui l’autorità deve essere esercitata per fissare diritti dei soggetti nei confronti dell’autorità, che non può legalmente violarli”.
L’importanza delle leggi insiste nel “contratto” sottoscritto tra cittadino e Stato, garante del futuro: lavoro, pensioni, tasse, risparmi, servizi socio-sanitari.
Le moderne generazioni, distratte dallo scenario tecnologico, considerano ogni struttura capace di reggere le ragioni del “progresso“ superata, svalutando l’importanza degli accordi tra Cittadino – Stato – Imprese- Enti – Rappresentanza.
Nella “Costituzione Repubblicana” i Padri Costituenti, sancirono articoli rilevanti del nostro ordinamento, basta citare il 35 e 36, per passare al 39 e 40, giungere al 18 e 49 della Costituzione.
Le lotte che caratterizzarono il mondo del lavoro, dei partiti, dei movimenti studenteschi del ’68, il lavoro di giuristi e giuslavoristi, condussero alla conquista di leggi importanti dopo la Costituzione, nel caso, lo Statuto dei Lavoratori (legge 300/70).
Costituzione e Statuto, benché più volte rivisti, rimangano pietre miliari della legislazione, fonti giuridiche sul lavoro italiano.
Il nostro Paese è chiamato a competere con un’economia globale, nuovi dazi per import ed export, un mondo in “subbuglio” pone in pericolo la società che assiste al lento sgretolarsi di “diritti” che per diventare effettivi, ricercano scenari estesi, condivisi, a partire dall’Europa.
Il grande dibattito sulla capacità di tutelare interessi generali cresciuto negli anni, è nato sin dall’apparire dell’uomo. Man mano che si sviluppavano le arti e i mestieri, aumentava l’esigenza che “forme organizzate” contribuivano agli interessi di una “classe lavorativa” alla ricerca di equilibrio tra norme giuridiche e mondo del lavoro.
Il “compromesso” tra capitale e lavoro arriva quando il capitale comprende che l’attività per essere produttiva, necessità di consenso, partecipazione, armonizzare mutamenti, coinvolgere, nelle trasformazioni post – industriali, l’apparto lavorativo.
Se i grandi della storia nel 1944 firmarono il “Patto di Roma” che permise la ricostruzione di strutture organizzate e rappresentative, siamo nel tempo dove quel patto può diventare la base per realizzare un nuovo “accordo” tra Società- Istituzioni- Cittadini – Rappresentanze, non solo per riportare gli elettori alle urne, ma rivivere una nuova “stagione” dove l’interesse generale prevalga e, una classe dirigente, magari“illuminata”, sostituisca il “governo degli utili ”.

