È stata pubblicata la nuova Relazione sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia (DIA), presentata dal Ministro dell’Interno al Parlamento. Il documento rappresenta una fotografia aggiornata e approfondita della criminalità organizzata di stampo mafioso in Italia.
Tra le novità principali, la riduzione del divario temporale tra i fatti analizzati e la diffusione del rapporto, che ora copre l’intero anno di riferimento. Un’impostazione più snella, basata sulle matrici mafiose, consente una lettura più immediata delle dinamiche criminali e delle azioni di contrasto, con una rappresentazione grafica potenziata per facilitare l’intellegibilità delle informazioni.
Particolare attenzione è riservata anche al tema delle interdittive antimafia e alle misure per il reinserimento delle aziende “contaminate” nel tessuto economico sano, in un’ottica di equilibrio tra legalità, mercato e occupazione.
Tra i territori oggetto di analisi, spiccano le province di Caltanissetta ed Enna, dove il fenomeno mafioso continua a rappresentare una minaccia concreta, seppur in continua evoluzione.
Le mafie nel cuore della Sicilia: il focus su Caltanissetta e Enna

Nel nisseno, l’attività repressiva ha colpito duramente i clan più radicati. A Gela, l’operazione “Ianus” ha smantellato una rete legata al clan Rinzivillo, portando all’arresto di 16 soggetti per mafia, droga, estorsione e riciclaggio. L’indagine ha documentato solidi rapporti con la ’ndrangheta e i clan catanesi Cappello e Laudani, nonché investimenti nel settore immobiliare e della ristorazione. È emersa anche una collaborazione con il clan Emmanuello per la coltivazione di cannabis.
È dello stesso mese la confisca di 500 mila euro a un esponente di vertice del clan Emmanuello.
Nel comprensorio, coesiste ancora la storica Stidda, operativa tra Gela e Niscemi, che mantiene rapporti di convivenza con Cosa Nostra, riorganizzandosi dopo recenti scarcerazioni di elementi di spicco.
A Campofranco, l’attività investigativa ha colpito la famiglia mafiosa locale con 10 arresti. Le accuse vanno dalla ricostituzione del clan all’estorsione, fino alla gestione di una cassa comune per detenuti e famiglie. Il sequestro di un vero arsenale – 21 fucili, 6 pistole e 2 carabine – ha confermato la pericolosità dell’organizzazione.
La tendenza mafiosa attuale mostra un progressivo abbandono delle azioni violente in favore dell’infiltrazione economica. Le cosche si insinuano nel tessuto produttivo attraverso corruzione, appalti pubblici e investimenti sospetti.
Nel corso dell’anno sono stati registrati numerosi episodi intimidatori: incendi dolosi a beni e serre, colpi d’arma da fuoco contro auto di amministratori locali, danneggiamenti a sedi associative.
Sul fronte patrimoniale, la DIA ha eseguito:
un sequestro da 600 mila euro a Caltanissetta,
una confisca da 350 mila euro su due immobili,
un sequestro da 1,2 milioni di euro a Mazzarino,
una confisca da 2,2 milioni di euro a un soggetto legato al clan gelese.
Enna: crimine organizzato e frodi nell’agroalimentare
Nel territorio ennese, l’attività mafiosa risulta profondamente influenzata dalla criminalità catanese, soprattutto nel narcotraffico. Le indagini hanno rivelato la gestione congiunta di piantagioni di cannabis tra soggetti di Barrafranca e Catania, con sequestri di armi e munizioni.
Numerosi anche qui gli episodi intimidatori: lettere minatorie, incendi dolosi, carcasse di animali lasciate a scopo intimidatorio.
Il settore agro-pastorale, per conformazione e rilevanza economica, risulta particolarmente esposto. Le truffe ai danni dell’Unione Europea tramite società fittizie o prestanome hanno portato all’emissione di 15 interdittive antimafia da parte della Prefettura di Enna.
Il quadro si completa con infiltrazioni mafiose provenienti dalla provincia di Messina, a testimonianza della complessità e interconnessione del crimine organizzato nella Sicilia interna.
Una lotta costante, risultati concreti
Il quadro delineato dalla DIA conferma come la presenza mafiosa nelle province di Caltanissetta ed Enna resti ancora radicata, ma anche come l’azione dello Stato stia producendo risultati tangibili e incisivi.
Il costante lavoro della Direzione Investigativa Antimafia, in sinergia con le altre forze dell’ordine e la magistratura, ha permesso di colpire duramente i patrimoni illeciti, smantellare strutture operative, individuare connessioni pericolose tra clan e settori economici, e dare risposte efficaci alle comunità locali.
In questo scenario, l’attività degli uomini e delle donne della DIA sul territorio si conferma fondamentale: presidio di legalità, sentinelle permanenti nel contrasto alla criminalità organizzata.
Non si può abbassare la guardia. Il fenomeno mafioso continua ad adattarsi e mutare forma, ma non per questo deve essere sottovalutato. Occorre mantenere alta l’attenzione, rafforzare la presenza dello Stato nelle aree più esposte, e proseguire nella costruzione di una cultura della legalità, unica via per estirpare definitivamente la mafia dai territori.