“C’e’ una allarmante saldatura in questo pericoloso fenomeno di revisionismo e negazionismo nella lettura della strage di Bologna e delle stragi di mafia degli anni Novanta. Un fenomeno che vuole escludere la responsabilita’ di esponenti esterni, con un protagonismo condiviso su entrambi i versanti. La vicenda che riguarda Paolo Bellini (condannato all’ergastolo per la strage di Bologna del 2 agosto 1980, ndr), e’ emblematica”.
Lo ha detto l’avvocato Fabio Repici, legale di Salvatore Borsellino, sentito in Commissione parlamentare antimafia.
Nel caso delle stragi di mafia quel revisionismo e negazionismo, ha spiegato, “vorrebbe portare alla conclusione che certi delitti, siano frutto escusivamente di uomini di Cosa nostra, con l’esclusione categorica di ogni apporto esterno a quella strage”.
Un approccio che pero’ emergerebbe anche in altri gravi fatti come la Strage di Bologna. Scenari, ha aggiunto, “gia’ all’attenzione della procura distrettuale di Firenze che procede per le stragi del ’93, oltre che Caltanissetta che procede per quelle del ’92. In questo scenario e’ importante evitare di introdurre nella ricerca della verita’ elementi che creino confusione, buio piuttosto che luce. Bisogna evitare in tutti i modi che tornino in gioco elementi depistanti”.
“I magistrati verso i quali bisognerebbe puntare il dito sono Giovanni Tinebra (ex procuratore di Caltanissetta, morto nel 2017 – ndr), che avrebbe dovuto essere chiamato a rispondere di aver avvallato un evidente depistaggio nel corso di ben due processi, e Pietro Giammanco (ex procuratore di Palermo, morto nel 2018 – ndr), che ha ostacolato in ogni modo Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, fino a concedere a quest’ultimo la delega per indagare sui fatti di mafia a Palermo soltanto quando la macchina carica di esplosivo che avrebbe dovuto ucciderlo era già pronta davanti al portone di via D’Amelio.
Questi magistrati, e mi pesa chiamarli così, avrebbero dovuto rispondere del loro operato finché erano in vita”.
Così Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, in audizione alla commissione parlamentare Antimafia. “Forse è dall’agenda rossa di Paolo Borsellino, la scatola nera della strage di via d’Amelio, che si dovrebbe ripartire per arrivare alla verità. Ripartire dal furto di quell’agenda compiuto, ne sono certo, da quelle stesse mani che hanno voluto la morte di mio fratello: non sto parlando della mafia ma di pezzi deviati dello Stato”, ha aggiunto Borsellino, secondo il quale “pochi, troppo pochi, vogliono verità e giustizia in questo Paese” su questa vicenda.