Salute

Violenza donne, Istat: In pandemia aumento quasi 80% richieste aiuto

Redazione

Violenza donne, Istat: In pandemia aumento quasi 80% richieste aiuto

Lun, 17/05/2021 - 17:13

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La pandemia ha avuto un impatto drammatico sulle donne vittime di abusi che, costrette in casa, sono rimaste spesso intrappolate in una spirale di violenza. A dirlo è l’Istat nel report sulle richieste di aiuto arrivate al numero antiviolenza 1522, ai Centri anti violenza e alle case rifugio.Nel 2020 le chiamate al 1522 sono così aumentate del 79,5% rispetto al 2019, sia per telefono, sia via chat (+71%). Il boom di chiamate – precisa il report – si è avuto a partire da fine marzo, con picchi ad aprile (+176,9% rispetto allo stesso mese del 2019) e a maggio (+182,2 rispetto a maggio 2019), ma soprattutto in occasione del 25 novembre, la giornata in cui si ricorda la violenza contro le donne, anche per effetto della campagna mediatica.

Nel 2020, questo picco è stato decisamente importante: nella settimana tra il 23 e il 29 novembre del 2020, le chiamate sono più che raddoppiate (+114,1% rispetto al 2019) a dimostrazione di quanto sia importante una comunicazione che aiuti le vittime a sentirsi meno sole.La violenza segnalata al 1522 è soprattutto fisica (47,9% dei casi), ma quasi tutte le donne hanno subito più di una forma di violenza e tra queste emerge quella psicologica (50,5%).

Rispetto agli anni precedenti, poi, sono aumentate le richieste di aiuto delle giovanissime fino a 24 anni di età (11,8% nel 2020 contro il 9,8% nel 2019) e delle donne con più di 55 anni (23,2% nel 2020; 18,9% nel 2019).Riguardo agli autori, aumentano le violenze da parte dei familiari (18,5% nel 2020 contro il 12,6% nel 2019) mentre sono stabili le violenze dai partner attuali (57,1% nel 2020).

A fare la propria parte in questo anno così terribile per le donne sono stati anche i Centri antiviolenza (Cav) a cui si sono rivolte 20.525 donne nei primi 5 mesi del 2020: per l’8,6% la violenza ha avuto origine da situazioni legate alla pandemia, come la convivenza forzata col proprio aguzzino, la perdita del lavoro da parte dell’autore della violenza o della donna. Il lockdown ha inoltre rischiato di fermare l’attività dei Centri antiviolenza che hanno trovato nuove strategie di accoglienza nel 78,3% dei casi: solo sei CAV hanno dovuto interrompere l’erogazione dei servizi.

Nella maggioranza dei casi (95,4%) i Cav hanno supportato le donne tramite colloqui telefonici, nel 66,5% dei casi con la posta elettronica mentre nel 67,3% i colloqui sono stati in presenza e nel rispetto delle misure anti Covid.Altro tassello sono le Case rifugio che nei primi 5 mesi del 2020 hanno ospitato 649 donne, l’11,6% in meno rispetto ai primi 5 mesi del 2019. Le Case hanno, infatti, segnalato più difficoltà dei Cav a organizzare l’ospitalità delle donne e a trovare nuove strategie (55,3% dei casi).

A ciò si aggiunge il fatto che sono solo 272 le case rifugio in tutta Italia, come emerge da una analisi dell’Unione europea delle cooperative (Uecoop).Quella che dovrebbe essere il luogo più sicuro, casa propria, si conferma il luogo principale della violenza (dal 2013 al 2020 il 75% delle vittime indica le mura domestiche come il luogo dove si consuma l’atto violento). Anche il tipo di violenza per cui si chiede supporto non sembra modificarsi negli anni.

In 7.250 casi la violenza è di tipo fisico a cui si accompagna la violenza psicologica, quella economica e le minacce. A rafforzare ulteriormente la connotazione della violenza domestica è il fatto che circa la metà delle vittime (40,8%) è coniugata.Le violenze riportate al 1522 sono soprattutto opera di partner (57,1% nel 2020) ed ex partner (15,3%); tuttavia nel 2020 sono in crescita anche quelle da parte di altri familiari (genitori, figli, ecc.), che raggiungono il 18,5% (12,6% nel 2019) mentre diminuiscono tutte le altre tipologie di autori.

I dati Istat confermano “quanto il fenomeno della violenza maschile contro le donne sia ancora sommerso e davvero molto più vasto di quello che finora raccontano i dati”, dichiara Antonella Veltri, presidente di D.i.Re – donne in rete contro la violenza, che riunisce 82 organizzazioni di donne che gestiscono oltre un centinaio di centri antiviolenza in tutta Italia.

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