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“Il vandalismo morale dei nisseni”, riflessione di un lettore

Redazione

“Il vandalismo morale dei nisseni”, riflessione di un lettore

Sab, 08/11/2014 - 09:38

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Immaginiamo che qualcuno rompa una finestra di un edificio ben tenuto e immaginiamo che nessuno provveda subito dopo a sistemare quel vetro rotto.

E’ plausibile che nel giro di poco tempo le finestre danneggiate aumenteranno, l’interno dell’edificio diventerà scenario di azioni contra legem e l’intero stabile oggetto di azioni di vandalismo.

Quella appena descritta, per sommi capi, è la teoria delle finestre rotte. Sono i due criminologi Kelling e Wilson che nel 1982, per la prima volta la espongono in un articolo pubblicato su una rivista scientifica americana. []

Da questa teoria si sviluppò, all’inizio degli anni ’90 a New York, la politica “tolleranza zero” del sindaco Giuliani. La NY di quegli anni era una città in cui la criminalità era molto presente e diffusa e Giuliani, non appena eletto sindaco nel ’94, volle Bratton come capo della Polizia per far fronte a questa emergenza.

William Bratton era stato, fino ad allora, capo della TPD (Transit Police Department), e negli anni appena precedenti aveva condotto una campagna di tolleranza zero sulla microcriminalità che si verificava all’interno della rete metropolitana newyorchese.

Aveva messo in piedi una lotta spietata contro i trasgressori sforniti di biglietti, quando gli stupri e gli omicidi all’interno della Metropolitana, rappresentavano dati seriamente preoccupanti.
Bratton fu oggetto di molte critiche ma nel giro di poco tempo i micro reati, come gli scippi, si ridussero drasticamente, ma cosa incredibile fu che subito dopo diminuirono soprattutto reati più gravi come omicidi e stupri. Diventa naturale chiedersi, a questo punto, cosa c’entri la teoria delle finestre rotte con Caltanissetta e il nostroterritorio. Quella che apparentemente sembra una teoria di politica criminologica lontana dalla nostra quotidianità, oggi è a mio modo di vedere un punto di partenza dal quale chi amministra questa città, ma anche chi è amministrato, non può prescindere.

E’ chiaro che la situazione generale di Caltanissetta non può essere paragonata alla microcriminalità della NY degli anni ’90 ma è altrettanto vero che gli anni che viviamo sono caratterizzati da un tasso di inciviltà e vandalismo elevatissimo.

Il vandalismo che si registra in questa città, si manifesta in due aspetti speculari ed entrambi preoccupanti.

Il primo è un vandalismo di tipo “materiale”, si verifica in episodi banali come il parcheggiare in doppia fila o in piazze non adibite al parcheggio, nel gettare le carte a terra e cosi via. Questo tipo di vandalismo provoca due conseguenze.

La prima è una conseguenza che ha un costo di tipo sociale,si insegnerà agli altri che buttare le carte a terra rientra nella normalità. La seconda conseguenza è di carattere economico. Quella carta finita a terra rappresenta una spesa, perché prima o poi dovrà essere raccolta da qualcuno pagato per farlo. La pulizia delle strade ha infatti un costo, che ricade sulla collettività dei cittadini che pagano le tasse.

La seconda tipologia di vandalismo, la più grave, la definirei invece di tipo morale. Viviamo in una città in cui non importa a nessuno tenerla pulita, una città che sembra essere di nessuno per come la non-sentiamo “nostra”. Caltanissetta è offesa ogni giorno dalla maggior parte dei suoi cittadini, bravi a lamentarsi quasi quanto bravi a parcheggiare davantila Chiesa Cattedrale.

Viviamo in una città che può essere virtualmente sovrapposta a quell’edificio con le finestre rotte. E’ un edificio\città che ormai è continuamente oggetto di azioni di vandalismo.

Il fulcro della teoria si basa sulla tesi che la crescente tendenza a delinquere è l’inevitabile risultato del disordine: se una finestra è rotta e non viene riparata, chi osserva concluderà che nessuno se ne cura e perciò nessuno ha la responsabilità di provvedere. Così verranno rotte molte altre finestre, e la sensazione di anarchia si diffonderà dall’edificio\città alla via su cui si affaccia, dando il segnale che tutto è possibile.

Quindi teniamo a mente questa teoria ogni qualvoltadobbiamo buttare una carta e magari per pigrizia ci lamentiamo che non ci sono cestini a disposizione perché non siamo disposti a fare 20 metri a piedi. Non dimentichiamo mai, che nulla di buono si farà in città fino a quando tutti noi non saremo disposti a metterci qualcosa di nostro. Posteggiare all’interno degli spazi o nelle aree consentite, facendo due passi a piedi per raggiungere casa, scuola, uffici, negozi; gettare le carte nei cestini e depositare i rifiuti negli appositi raccoglitori; raccogliere gli escrementi del proprio cane, sono gesti semplici e poco “dispendiosi” eppure fondamentali per rendere Caltanissetta un po’ più simile a quelle realtà cittadine che tanto ammiriamo e che ci rendono “magicamente” civili, quando le visitiamo.

Quindi, oltre a chiedere che le amministrazioni riparino “le finestre rotte” – intervento che ovviamente va preteso -impariamo ad amare Caltanissetta, che nulla ha da invidiare alle altre città del nostro Paese.

Lorenzo La Rocca, fonte Rivista Forense Nissena.

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