CALTANISSETTA – I docenti del Liceo Classico e Linguistico “R. Settimo” di Caltanissetta, riunitisi in assemblea sindacale giorno 13 novembre 2012, hanno dato vita ad un lungo momento di dibattito e confronto sulle politiche che il Governo Monti attua e intende attuare riguardo alla scuola.
Il nodo centrale della situazione non è, infatti, legato semplicemente (come si fa credere all’opinione pubblica) all’innalzamento dell’orario di lavoro (questione che oramai sembra scongiurata), quanto piuttosto ad un problema di ordine generale: quale visione della scuola pubblica questo esecutivo ha e verso quale obiettivi intende condurre il Paese?
Partendo da una quadro d’insieme non si può non osservare come, a prescindere dai tagli, sia minimo il grado di attenzione nei confronti della scuola quale istituzione all’interno della quale si sperimenta una prima forma di cittadinanza, in cui si attuano percorsi per favorire la crescita dell’individuo in tutte le direzioni, grazie alla quale si impara ad imparare. La gogna mediatica a cui sono sottoposte le scuole pubbliche, popolate nell’immaginario collettivo da insegnanti incapaci e cialtroni, poco solidali in un momento così difficile per il nostro paese (cosa saranno mai sei ore di lavoro a settimana in più per chi ha tre mesi di vacanza a fronte delle trentasei di un operaio?) offre la chiara icona di un paese che non mette l’educazione al centro del proprio percorso di crescita.
Ad oggi le nostre aule sono popolate da docenti che lavorano da anni senza alcun aumento di stipendio, per i quali il lavoro si moltiplica rapidamente a causa del cambiamento antropologico che la nostra società sta subendo: in un momento in cui le altre agenzie educative, quali la parrocchia, le associazioni di volontariato, i partiti (perché no?) perdono sempre più terreno, la scuola sembra essere l’unico avamposto contro la barbarie, roccaforte contro la malavita, faro contro l’ignoranza e la mancanza di consapevolezza, luogo in cui si insegna a guardare dentro la realtà con occhio smagato e a saper scegliere tre il bene e il male, il brutto e il bello, il vero e il falso.
Il docente non presta un servizio che si può misurare con un prodotto finito quantificabile. Non è solo una macchina che riferisce contenuti appresi, ma un educatore che entra in relazione con il ragazzo, con il suo contesto familiare e con la realtà sociale che lo circonda. Il docente è un pedagogo che accompagna, come il centauro Chirone, l’alunno dentro la conoscenza, che fa capire perché non smette mai di interrogarsi sulla realtà. Come non aprirsi, allora, ai nuovi linguaggi, all’apertura europea della nostra scuola, alla flessibilità e all’innovazione?
Di conseguenza ci si chiede: vogliamo sacrificare sull’altare del mercato, della competizione economica e del business i nostri pedagoghi? Forse pensiamo che i nuovi media saranno in grado di educare alla relazione, al pensiero, alla cittadinanza? Probabilmente sì. Possiamo smontare un modello veramente europeo di conoscenza e di partecipazione, possiamo smontare un sistema di pensiero che ci ha contraddistinti per andare verso un nuovo mondo, vuoto di idee, pieno di rumore, che chiuderà la scuola pubblica, patrimonio di tutti in una stagione di povertà.
Qui, e non altrove, da tre mesi ormai, lavorano i coordinatori di classe, le funzioni strumentali, i responsabili di dipartimento, di laboratorio, di indirizzo, senza conoscere se mai avranno un compenso anche minimo. Qui, e non nei palazzi locati a sei milioni l’anno, si combatte una quotidiana battaglia per favorire la crescita di questo territorio, per renderlo consapevole, competitivo, solido.
A tal fine l’assemblea decide di attuare una forma di protesta che non pregiudichi in alcun modo il percorso formativo dei nostri studenti, attorno ai quali è costruita la nostra didattica, protesta anzi che intende coinvolgere le famiglie e i discenti stessi in un percorso di consapevolezza: fino ad approvazione della legge di stabilità all’interno della nostra scuola non si effettuerà alcuna attività se non quelle esplicitamente previste dal contratto di lavoro (le 18 ore di cattedra, i consigli di classe, i ricevimenti, le attività funzionali all’insegnamento).
Di conseguenza le funzioni strumentali all’attuazione del POF, i direttori di dipartimento, i coordinatori di classe, i responsabili delle aree e dei laboratori, i docenti membri del Consiglio d’Istituto e quanti hanno responsabilità extra-curriculari di ogni natura sospenderanno le proprie attività in attesa che si concluda il dibattito parlamentare, tutto ciò per non assistere in silenzio allo smantellamento di un’istituzione, per non abbandonarla nelle mani di chi è ben lungi dal guardarla come luogo privilegiato di pensiero.
Qualora gli esiti del dibattito parlamentare si rivelino negativi, i docenti intendono, inoltre, proseguire su questa strada intraprendendo azioni anche più incisive, sempre tuttavia nel rispetto del contratto sindacale e con la massima attenzione verso gli studenti.
Scuola: la protesta del “Ruggero Settimo” in un documento
Sab, 17/11/2012 - 00:45
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