Secondo Salvatore Borsellino, fratello del magistrato Paolo ucciso nella strage di via D’Amelio, è in corso un tentativo di “isolare” quanto accaduto il 19 luglio del 1992 a Palermo dalle altre stragi di quel periodo: “Un vero e proprio depistaggio istituzionale”. Le parole di Borsellino sono arrivate nel giorno in cui il fratello del magistrato ha presentato le iniziative delle Agende rosse per il 33esimo anniversario della strage di via D’Amelio. “In questi giorni stanno venendo alla luce, con il mio avvocato Fabio Repici e la gip Luparello, Caltanissetta, altri dettagli – ancora Borsellino -. C’è un documento che dimostra che in quei giorni Paolo si stava occupando delle rivelazioni fatte dal pentito Lo Cicero. Quest’ultimo parlava della presenza dell’eversione nera a Palermo, con una partecipazione nella strage di Capaci. Su questo – aggiunge – dovrebbero indirizzarsi indagini ma la commissione Antimafia cerca di allontanarsi da questa visione addebitando le motivazioni della strage al fantomatico dossier su mafia e appalti. Paolo magari si stava occupando anche di quel dossier ma questo non avrebbe giustificato l’accelerazione improvvisa di questa strage”. Secondo Salvatore Borsellino l’eccidio di via D’Amelio “fu realizzato in fretta” perché “Paolo doveva essere fermato e infatti – ha concluso – non riuscì mai ad arrivare a Caltanissetta per raccontare cosa aveva scoperto sulla strage di Capaci”.
di Redazione 3
Dom, 14/12/2025 - 14:33

