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Caltanissetta, Borsellino. Trizzino: “Il depistaggio dura anni e ancora oggi”

Redazione

Caltanissetta, Borsellino. Trizzino: “Il depistaggio dura anni e ancora oggi”

Mar, 23/04/2024 - 17:01

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“Il dottor La Barbera si mosse con spregiudicata autonomia perche’ era consapevole di non condividere con altra forza di polizia le acquisizioni sulla pseudo indagine che ha condotto. Sulle indagini per la morte di Borsellino si scelse la strada autonoma”. Lo ha detto l’avvocato Fabio Trizzino, legale dei figli di Paolo Borsellino, al processo d’appello sul depistaggio delle indagini di via D’Amelio, a Caltanissetta, a carico di tre ex poliziotti accusati di calunnia aggravata per aver agevolato Cosa nostra.

“Tutto il processo si gioca sull’aggravante agevolativa – ha detto Trizzino – ritenendo che a muovere l’azione depistatoria siano state ragioni privatistiche di progressioni di carriera che vi e’ stata. La Barbera diventa questore nella stessa citta’ in cui opera lo stesso nucleo investigativo. Qui sovrintende a tamponare i momenti di fibrillazione del falso collaboratore Vincenzo Scarantino, che viene elevato al Buscetta di turno. Dobbiamo chiederci le vere ragioni che spinsero questi investigatori a una capitalizzazione immediata di spunti evanescenti e controversi.

Dobbiamo considerare il depistaggio come una forma progressiva. Il depistaggio e’ come una rappresentazione teatrale in cui ognuno interviene e in cui nello spartito e’ previsto il loro ingresso. Il depistaggio dura anni, forse dura ancora oggi”.

 “I comportamenti erano perfettamente sovrapponibili all’atteggiamento di quel criminale che avete combattuto”, ha continuato l’avvocato Fabio Trizzino. “Il punto dolente e’ l’accelerazione anonima – ha detto il legale – Paolo Borsellino, lo voglio dire ai magistrati di allora, avrebbe consumato se stesso pur di raggiungere la verita’ come sapeva fare lui. Riina non era un pazzo. Siamo stanchi di formule vuote che non dicono nulla. Mettono sul ruolo della strage il dottor Bruno Contrada che avrebbe avuto interesse nell’esecuzione immediata della morte di Paolo Borsellino che stava interrogando Leonardo Messina che gli dice che la Calcestruzzi di Panzarotti e’ in mano a Salvatore Riina. Io sono stato definito depistatore pur avendo subito noi il depistaggio. C’e’ una proiezione di chi fa le cose sporche sugli altri per tirarsi fuori”.

E ha proseguito: “Mi preme evidenziare alcuni profili di attendibilita’ al confezionamento di alcune note del Sisde. In un momento di guerra come quello, che avrebbero dovuto prevenire gli atti di guerra, si sono sentiti persi. Fu un attacco al cuore dell’Italia. Che ci potesse essere il coinvolgimento del Sisde ci poteva stare, ma non nei termini in cui e’ avvenuto”. Secondo il legale, Contrada non era in via D’Amelio. “Se lascio Palermo qua a Palermo nessuno fa indagini”, ha detto Borsellino dopo la strage di Capaci del 23 maggio del ’92. “A Casa professa Borsellino dice di essere testimone privilegiato che ha visto alcune annotazioni di Falcone”, ha ricordato.

“Compassione per il momento attuale, ma nessuna pieta’ per l’atteggiamento di allora”, ha ricordato Trizzino. Dopo 32 anni “non conosciamo le annotazioni di Giovanni Falcone sotto segreto istruttorio, non sappiamo quali fascicoli e documenti avesse Borsellino dentro la sua borsa. Dai verbali del Csm trovate la fotografia fedele e diversi magistrati parlano del fascicolo Mutolo e di altri documenti che erano nella borsa. Non ci sono verbali di questi documenti. Cosa e’ avvenuto all’interno dell’ufficio di Borsellino. Sappiamo che i sigilli sono stati apposti la sera. Non sappiamo cosa sia successo dalle 18 alle 22 e cosa hanno prelevato dallo studio del giudice Borsellino. Vogliamo sapere quali fascicoli avesse sulla scrivania Borselllino. Non sappiamo se Borsellino avese dei fascicoli che riguardavano gli appalti”.

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