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Depistaggio Borsellino: presentati nuovi atti ma si teme la prescrizione

Redazione 3

Depistaggio Borsellino: presentati nuovi atti ma si teme la prescrizione

Mar, 31/10/2023 - 13:40

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“Questo è un processo che ha un rischio grossissimo di prescrizione. La famiglia Borsellino che io rappresento, e io, chiediamo che questo processo abbia un percorso il più possibile veloce perché non accetteremmo il rischio di una prescrizione. Ecco perché chiediamo alla Corte d’Appello di dare al processo una corsia preferenziale assoluta”.

E’ il monito dell’avvocato Fabio Trizzino, legale dei figli di Paolo Borsellino, nella prima udienza del processo sul depistaggio sulla strage di via D’Amelio. Trizzino è anche il marito di Lucia Borsellino, figlia maggiore del giudice.

“Gli unici danneggiato dal processo allo stato sono gli imputati, che senza la prescrizione, avrebbero avuto una assoluzione completa”, ha replicato l’avvocato Giuseppe Seminara, legale di Mario, Bo, uno dei tre poliziotti imputati. Imputati i tre poliziotti accusati di concorso in calunnia aggravata dall’avere agevolato Cosa nostra, Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei. Nella sentenza di primo grado, emessa il 12 luglio del 2022, era caduta l’aggravante mafiosa per due dei tre poliziotti imputati del processo depistaggio Borsellino sono stati prescritti i reati per Mario Bo e Fabrizio Mattei, mentre Michele Ribaudo era stato assolto. I poliziotti tre sono presenti in aula, accompagnati dai loro legali.

“Il vero convitato di pietra di questo processo è il personale dei servizi segreti”. Lo ha detto il sostituto procuratore generale di Caltanissetta Gaetano Bono, nel suo intervento alla prima udienza del processo d’appello per il depistaggio sulla strage di via D’Amelio. Imputati sono tre poliziotti, Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei. “Tutte le condotte sono state commesse con l’apporto decisivo dei Servizi segreti”, dice ancora il magistrato, che rappresenta l’accusa. “Quindi, anche gli odierni imputati, hanno agito sotto la gestione La Barbera (ex Questore di Palermo nel frattempo deceduto ndr) – prosegue Gaetano Bono -Non si può escludere il ruolo che il Sisde ha avuto negli anni”. E aggiunge: “Dopo 31 anni ci sono ancora zone d’ombra sulla strage di via D’Amelio e questo processo cercherà di dipanare alcune di queste zone d’ombra”.

Nel frattempo è stata chiesta oggi, nel corso della prima udienza del processo d’appello per il depistaggio sulla strage di via D’Amelio, la deposizione del Presidente dei gip del Tribunale di Palermo Alfredo Montalto.

Lo ha fatto il pm Maurizio Bonaccorso, applicato alla procura generale dalla Procura per seguire il processo. Montalto dovrebbe essere ascoltato in quanto l’8 settembre del 1992 aveva interrogato Salvatore Candura, dopo l’arresto. Salvatore Candura è l’ex pentito che si autoaccusò del furto della 126 utilizzata come autobomba per la strage di via d’Amelio. Candura, dopo essere stato arrestato il 5 settembre del ’92 per violenza sessuale (accusa dalla quale venne poi assolto) assieme a Roberto e a Luciano Valenti, zio e nipote, mentre era in cella con quest’ultimo, si autoaccusò del furto dell’utilitaria. Alla moglie però avrebbe detto di essere innocente, ”di non aver commesso alcuna violenza sessuale che era solo una scusa e che non sapeva niente della macchina”. In un secondo momento confidò alla donna anche di essere stato costretto ad autoaccusarsi di quel furto. Bonaccorso ha chiesto anche l’audizione dell’avvocato Giuseppe Gerbino, allora difensore di Candura e dell’ex questore Vincenzo Ricciardi. 

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